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Chavismo senza Chàvez per Maduro

Di Mario Giro

L’articolo di Mario Giro tratto dall’ultimo numero della rivista Formiche

Ho visitato il Venezuela ben quattro volte dal 2013, quando ho assunto le funzioni di sottosegretario agli Esteri e poi di vice ministro. Ho avuto il privilegio di conoscere in loco una collettività italiana laboriosa, ben integrata, che conta oggi su oltre 100mila residenti, la maggior parte dei quali italo-venezuelani, fieri delle proprie origini italiane. Ho potuto altresì capire quello che viene definito “chavismo sin Chávez”. Il Venezuela è stato senz’altro, durante il governo Chávez, uno degli epicentri della politica latinoamericana, in anni in cui il subcontinente emergeva sempre di più nello scenario internazionale. È di Chávez, ad esempio, l’idea di costituire un’organizzazione panamericana latina: è nata così a Caracas la Comunità dei Paesi latinoamericani e caraibici (Celac).

La sua è stata un’esperienza di governo la cui caratteristica più importante era l’inclusione sociale. Anche i critici più duri del chavismo hanno spesso ammesso che la forte riduzione della disuguaglianza, misurata dall’indice di Gini, ha costituito il lascito più importante dell’era Chávez e del suo speciale socialismo del xxi secolo. I sorprendenti risultati in termini di eliminazione della fame e dell’analfabetismo sono stati certificati dalle più importanti istituzioni internazionali. All’arrivo a Caracas, il visitatore rimaneva colpito dall’enormità dei ranchos, la versione venezuelana delle favelas, in cui nessun pediatra o dentista aveva mai messo piede. Il riscatto della dignità dei più poveri, figli di un modello economico basato esclusivamente sull’esportazione del petrolio, è l’eredità di Chávez.

Tuttavia, a fronte di rilevanti progressi in campo sociale, il Venezuela non ha saputo cogliere il momento storico degli alti prezzi del greggio (arrivato a 140 dollari al barile nel 2008) per riformare il proprio modello economico, il quale da sempre ha generato una forte disuguaglianza. Questa, forse, può essere la critica più incisiva al chavismo. Senza badare al fatto che la dinamica dell’economia è ciclica, Chávez prima e Maduro ora – anche se in misura ridotta – hanno abusato della “polìtica de la chequera” (del libretto degli assegni), cioè hanno aumentato il debito senza prudenza. Mediante Petrocaribe, il petrolio venezuelano è stato venduto a Paesi amici a prezzi scontatissimi. Era un modo di acquisire il consenso dei vicini ed esportarvi il proprio modello. Va detto che molti Paesi di Petrocaribe hanno ritenuto (e ritengono tutt’ora) che tali facilità fossero vantaggiose, anche quelli non vicini ideologicamente al Venezuela.

Inoltre, va sottolineata una scarsa propensione del governo al dialogo con l’opposizione. In vari momenti la tensione politica è sfociata in violenza, con ambo i lati che si accusavano di fomentare la guerra civile. Sicuro di vincere per sempre, il governo Chávez ha approvato una nuova legge elettorale fortemente maggioritaria. È bastato che l’opposizione, finalmente più compatta, avesse più voti alle elezioni parlamentari dello scorso anno, per mettere in minoranza il governo. Oggi Maduro si trova a fare i conti con un Parlamento a lui fortemente ostile.

Dopo la scomparsa di Chávez, era naturale che il Paese avesse difficoltà a trovare un leader altrettanto carismatico. Maduro è cresciuto nel chavismo ed è stato scelto proprio da lui come suo successore. Non proviene dall’ala militare, ma dal mondo sindacale. È stato ministro degli Esteri per molti anni. Durante il suo governo le cose sono peggiorate anche a causa del calo del prezzo del petrolio. Ma gli errori economici si sono accumulati. Ora il presidente definisce guerra economica quella che in realtà è una crisi di sistema. Dal canto suo l’opposizione raccoglie firme per indire un referendum volto a destituire il presidente per incapacità a gestirla. L’inflazione ha raggiunto cifre stratosferiche. Molte importanti conquiste sociali rischiano di lasciare il posto a una profonda recessione. Lo smisurato aumento del deficit pubblico fa anche la sua parte. Così il governo non riesce più a pagare le imprese che lavorano in Venezuela e le attività si interrompono, come accade da tempo anche a importanti società italiane. A peggiorare le cose c’è il fenomeno El Niño: oggi il Venezuela vive una delle peggiori siccità della sua storia, costringendo a misure drastiche di risparmio energetico. La pazienza della popolazione comincia a dare segni di cedimento con casi di saccheggi a stabilimenti commerciali.

Nel contesto latinoamericano, il Venezuela sta perdendo la centralità politica che era riuscito faticosamente a ottenere. L’alleato di sempre, Cuba, si apre al mondo e riceve Obama. Il Brasile, immerso in una profonda crisi istituzionale, non può più occuparsi del vicino. A Buenos Aires non c’è più Cristina Kirchner, forte alleata dai tempi di Néstor, e Macri dialoga apertamente con l’opposizione venezuelana. Oltreoceano, Pechino dà segni di insofferenza nei rapporti con Caracas e l’Iran intraprende un nuovo corso di apertura al mondo. Tutti brutti segnali per l’attuale governo del Venezuela.

L’Italia, forte della sua consistente collettività, ha sempre cercato – nel rispetto della sovranità del Paese – di facilitare il dialogo tra governo e opposizione nei momenti più complessi, in cui le parti si sono scontrate aspramente. Come altri membri dell’Unione europea, il nostro Paese non può esimersi ora dall’invitare il governo a fare tutti gli sforzi per creare le condizioni di una riconciliazione nazionale e di una riforma economica: la crisi è troppo profonda per poter essere affrontata da un Paese diviso. Vera giustizia sociale si fa anche mediante un ampio dialogo che coinvolga tutti i settori della società. Maduro si trova davanti a un bivio, quello del “chavismo sin Chávez”: o accetta la realtà emersa dalle urne lo scorso anno e dà avvio celermente a un ampio dibattito nazionale che coinvolga tutti; oppure rischierà di portare il suo popolo sull’orlo dell’abisso.

Mario Giro (Sottosegretario al ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale)

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