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Perché all’orizzonte non ci sono buone notizie per i bond sovrani

Di Emanuele Canegrati
veneto banca, Pier Carlo Padoan, bond

I rendimenti sui titoli di Stato stanno aumentando in tutto il mondo. Negli Stati Uniti come in Germania, in Francia come in Italia. La bonanza finanziaria per anni garantita dalle banche centrali è finita. Con il ritorno dell’inflazione in Europa e negli Stati Uniti, dovuta in parte all’aumento dei prezzi del petrolio, ed un ritorno graduale alla crescita nelle economie occidentali, le politiche monetarie torneranno verso una posizione più tradizionale, caratterizzata da tassi d’interesse più alti di quelli attuali e dalla riduzione dei programmi di acquisto dei titoli di Stato da parte di Fed, Bce, Boj e Boe. La Fed ha già provveduto ad aumentare i tassi d’interesse e li alzerà di nuovo quest’anno. La Bce è più restia a restringere la propria politica, ma l’impennata dell’inflazione potrebbe già da marzo costringere il governatore Mario Draghi a rivedere le proprie convinzioni e a cedere al pressing della Bundesbank.

Inutile dire che le conseguenze di questo scenario saranno una discesa dei prezzi dei bond sovrani ed un aumento dei loro rendimenti. Con una diminuzione della domanda dei titoli sovrani, dovuta alla riduzione degli acquisti da parte delle banche centrali, i Paesi emittenti dovranno offrire rendimenti più elevati. Il che vorrà dire anche un aumento del costo di emissione del debito. Per le finanze pubbliche italiane, ovviamente, non è una buona notizia.
Per questo un atteggiamento di scontro con la Commissione Europea sui conti pubblici da parte dell’Italia potrebbe avere, nel caso Bruxelles decidesse di aprire una procedura di infrazione per debito eccessivo, ricadute negative sul costo di emissione dei BTP, con conseguenze detrimenti e immediate anche sul deficit pubblico.

Emanuele Canegrati, Ph.D.
Analista BlackPearlFX

Fellow, Liechtenstein Academy Foundation
Liechtenstein Academy

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