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Lettera aperta al comandante della nave Diciotti dal generale Lenzi

Di Giuseppe Lenzi
salvini, Mancino, magatti

Illustre Comandante,

quarantecinque anni di vita militare mi titolano a qualche riflessione, non più rinviabile, in merito al Suo comportamento ed in relazione alla demenziale vicenda che, con Lei, stanno vivendo 150 immigrati “irregolari” prigionieri sulla Sua nave.

Premetto che molti colleghi Ufficiali Aviatori che amano la vita, la libertà ed onorano le leggi della nostra Repubblica, non hanno parole per esprimere lo sdegno che provoca l’irresponsabile atteggiamento del ministro Salvini. Non Le sfuggirà certo che, di questo passo, siamo tutti in disastrosa rotta di collisione verso nuove formule di “leggi razziali”.

Dunque: leggo che il noto giornalista Francesco Merlo, in un articolo su La Repubblica, propone in Suo favore una medaglia al merito per il suo agire nella vicenda che sta vivendo-. Credo che la proposta sia eccessivamente generosa, per non dire fantasiosa, e Le spiego il perché.

Anni or sono al momento di indossare i gradi di Ufficiale, Lei ha pronunciato questa formula di Giuramento:

“Giuro di essere fedele alla Repubblica italiana, di osservarne la Costituzione e le leggi e di adempiere con disciplina e onore tutti i doveri del mio stato per la difesa della Patria e la salvaguardia delle libere istituzioni”.

Laddove Disciplina significa: osservanza consapevole delle norme che regolano lo stato di militare. L’Onore si riferisce a quel complesso dei pregi personali su cui si basa la pubblica stima. Dal punto di vista comportamentale, quindi soggettivo, l’onore consiste nella necessità di essere stimato dal prossimo e nella conseguente necessità di essere intimamente convinto di meritarla.

In aggiunta a ciò la Costituzione Italiana, che, immagino conosca benissimo, all’art. Articolo 13 così recita: La libertà personale è inviolabile.

Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria nei soli casi e modi previsti dalla legge.

In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all’autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto.

Ove ciò non sufficit, Le rammento che il trattenimento a bordo della CP491 di circa 150 immigrati contro la loro volontà, costituisce un reato penalmente perseguibile. La materia è regolata dall’Art.605 del C.P. in virtù del quale il reato di sequestro di persona tutela il bene giuridico, costituzionalmente garantito, della libertà personale che è leso da qualsiasi apprezzabile limitazione della libertà intesa quale possibilità di movimento privo di costrizioni.

Dottrina e giurisprudenza identificano la libertà personale ex art. 605 c.p., non come libertà di agire, ma come libertà da misure coercitive sul corpo. Una tale interpretazione della locuzione “libertà personale” è sicuramente conforme all’art. 13 della Carta Costituzionale, a tenore del quale, come già detto, non è ammessa alcuna forma di restrizione della libertà personale se non per atto motivato dell’Autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.

E, dunque, ai fini dell’ integrazione del delitto di sequestro di persona, ex art. 605 c.p., è sufficiente una impossibilità relativa della vittima di recuperare la propria libertà, a nulla rilevando la durata dello stato di privazione, il quale può esser limitato anche ad un tempo breve. quarantacinque anni di vita militare mi titolano a qualche riflessione, non più rinviabile, in merito al Suo comportamento ed in relazione alla vicenda che, con Lei, hanno vissuto 150 immigrati “irregolari” prigionieri sulla Sua nave.

Premetto che molti colleghi Uff.li Aviatori che amano la vita, la libertà ed onorano le leggi della nostra Repubblica, non hanno parole per esprimere lo sdegno che provoca l’irresponsabile atteggiamento del ministro Salvini.

Non Le sfuggirà certo che, di questo passo, siamo tutti in disastrosa rotta di collisione verso nuove formule di “leggi razziali”.

Dunque: leggo che il noto giornalista Francesco Merlo, in un articolo su La Repubblica, propone in Suo favore una medaglia al merito per il suo agire nella vicenda che sta vivendo.

Credo che la proposta sia eccessivamente generosa, per non dire fantasiosa, e Le spiego il perché.

Anni or sono, al momento di indossare i gradi di Ufficiale, Lei ha pronunciato questa formula di Giuramento: “Giuro di essere fedele alla Repubblica  italiana, di osservarne la Costituzione e le leggi e di adempiere con disciplina e onore tutti i doveri del mio stato per la difesa della Patria e la salvaguardia delle libere istituzioni”.

Laddove Disciplina significa: osservanza consapevole delle norme che regolano lo stato di militare. L’Onore si riferisce a quel complesso dei pregi personali su cui si basa la pubblica stima. Dal punto di vista comportamentale, quindi soggettivo, l’onore consiste nella necessità di essere stimato dal prossimo e nella conseguente necessità di essere intimamente convinto di meritarla.

In aggiunta a ciò la Costituzione Italiana, che, immagino conosca benissimo, all’art. Articolo 13 così recita:

La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria nei soli casi e modi previsti dalla legge.

In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all’autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto.

Ove ciò non sufficit, Le rammento che il trattenimento a bordo della CP491 di circa 150 immigrati contro la loro volontà, costituisce un reato penalmente perseguibile. La materia è regolata dall’Art.

605 del C.P. in virtù del quale il reato di sequestro di persona tutela il bene giuridico, costituzionalmente garantito, della libertà personale che è leso da qualsiasi apprezzabile limitazione della libertà intesa quale possibilità di movimento privo di costrizioni.

Dottrina e giurisprudenza identificano la libertà personale ex art. 605 c.p., non come libertà di agire, ma come libertà da misure coercitive sul corpo. Una tale interpretazione della locuzione “libertà personale” è sicuramente conforme all’art. 13 della Carta Costituzionale, a tenore del quale, come già detto, non è ammessa alcuna forma di restrizione della libertà personale se non per atto motivato dell’Autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.

E, dunque, ai fini dell’ integrazione del delitto di sequestro di persona, ex art. 605 c.p., è sufficiente  una impossibilità relativa della vittima di recuperare la propria libertà, a nulla rilevando la durata dello stato di privazione, il quale può esser limitato anche ad un tempo breve.

Lei, soggiacendo agli “ordini” superiori che Le avrebbero impedito un sollecito attracco al porto di Catania ed il conseguente doveroso ed ineludibile sbarco degli “immigrati” sulla terraferma (per essere presi in carico -in primis- dalla Croce rossa e poi dalle altre agenzie ivi predisposte), sia venuto meno al Suo Giuramento alle leggi della Repubblica; e di conseguenza ai trattati Internazionali da essa recepiti che, per Lei anche, sono leggi !

Non oso nemmeno credere, per un sol momento, che un esperto e “navigato” Comandante di nave militare Italiana non abbia riflettuto che “l’ordine” di non sbarcare i “clandestini” era/è illegittimo; perché in contrasto con una pletora di leggi nazionali ed internazionali che qui, per mortificare la Sua professionalità non sto ad elencare.

L’ordine – semmai c’è stato- che Le vietava di far sbarcare gli immigrati -salvati dai marosi- aveva ad oggetto il compimento di un atto palesemente delittuoso in quanto in evidente contrasto con il su richiamato art. 13 della Costituzione. Lei aveva il dover di non eseguirlo, di attraccare senza indugio al porto di Catania, (o altro da Lei ritenuto idoneo) ordinare di abbassare la scaletta e rendere la libertà ai Suoi “forzosi” detenuti.

Né sto qui a descrivere quali intelligenti e legittime “strategie” (marinaresche ed umane) avrebbe potuto invocare ed attuare (avendo la fortuna di un medico a bordo) se solo lo avesse voluto restituire alla libertà i prigionieri del sig. Salvini.

Sarebbe poi intervenuta la forza pubblica nel caso che gli sbarcati – tutti giovani forti, aitanti ben nutriti e motivati- avessero avuto la forza e la voglia, a mani e piedi nudi, vestiti solo di qualche cencio,  di creare problemi di ordine pubblico.

Cosa Le ha impedito di escogitare una risoluzione umana al problema? Sa bene che il Ministro Salvini non è un Suo superiore gerarchico e che, pertanto, poteva benissimo ignorare i suoi “diktat” giunti a Lei via Facebook (come ha detto ai giornali). Ma se pure l’ordine di non sbarco Le fosse formalmente giunto dal Com.te Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto l’Ammiraglio Ispettore Giovanni Pettorino, Lei avrebbe potuto ignorarlo perché illegittimo. E se, anche, lo avesse ribadito Lei avrebbe potuto egualmente ignorarlo. Ma, come vede, se ne è ben guardato dal farlo.

Alla luce delle riflessioni qui emerse appare del tutto necessaria l’azione dei Procuratori della Repubblica di aprire un “fascicolo” in relazione ai supposti reati che dalla vicenda dovessero emergere.

E se e quando Le giungerà un “avviso di garanzia” dovrà solo decidere a chi appellarsi: Salvini? Toninelli? Ammiraglio Pettorino, Mattarella?

Con viva cordialità

Gen.le Paracad.(r) (A.M.) dott. Giuseppe Lenzi

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