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Sequestro di Stato. Ecco perché l’Ue non si pronuncia sulla nave Diciotti

Di Costanza Hermanin
salvini

A chi si stupisce del fatto che il vertice tecnico di Bruxelles non abbia prodotto soluzioni per la Diciotti sfugge l’analogia tra ciò che sta facendo il vice-premier Salvini, con l’appoggio esplicito del Presidente del Consiglio, e un qualsiasi sequestro. Perché “l’Europa”, anzi, i governi europei visto che la Commissione non ha ricevuto dagli Stessi alcun potere sulla distribuzione dei migranti, dovrebbero trattare sul sequestro di 150 persone perpetrato dal governo Italiano?

Il motivo per cui gli Stati non trattano con i sequestratori, a maggior ragione su casi che hanno evidenti connotazioni politiche – si pensi al sequestro Moro – è semplice. Cedendo a ricatti di questo tipo non si farebbe che aprire il vaso di Pandora ad altre simili imposizioni. E si violerebbero le regole di base dello Stato di Diritto: ossia il rispetto della legge e dell’eguaglianza di fronte alla legge stessa tra le persone sequestrate a scopo di estorsione e quelle detenute arbitrariamente per altri fini.

Persino Viktor Orbán lo ha capito, infatti non ha mai chiesto agli altri Stati di prendersi i migranti che entrano in Ungheria, salvo costruire muri e condizioni inumane di detenzione che agiscano da deterrente per gli ingressi. E bloccare, costruendo un’efficace alleanza diplomatica con gli altri Stati di Visegrad, qualsiasi accordo tra Stati europei che preveda la distribuzione dei migranti.

Nel caso ungherese, la risposta dell’ “Europa” – in questo caso proprio della Commissione europea, che ha una chiara competenza sul far rispettare le condizioni di accoglienza e, seppur in minor misura, sulla tutela delle regole dello Stato di Diritto, ha aperto procedure d’infrazione. Non abbastanza efficaci? Forse, ma legali e collettivamente stabilite, secondo processi decisionali regolari, dagli Stati Membri dell’Unione europea.

Se gli stessi Stati Membri avessero rispettato il principio di solidarietà dettato dei trattati, non ci troveremmo in questa situazione. Ma, lo ripeto, alla Commissione non è stato dato nessuna competenza per attuare questo principio. Piuttosto le è stato dato, per l’ultima volta durante il Ministero Maroni che ha approvato la terza modifica del regolamento di Dublino, il potere di far rispettare la regola del paese di primo ingresso.

È come se la Costituzione avesse stabilito – ma non definito – un principio di solidarietà e il legislatore avesse deciso di adottare regole che non attuano quel principio. Che può farci la Commissione europea? Rispetta la legge, propone al legislatore di cambiarla e gli Stati di Visegrad, alleati di Salvini, bloccano.

È pertinente la definizione di sequestro? Determinante sarà l’esito dell’inchiesta aperta dalla Procura di Agrigento. Da ricordare, però, che quando il Ministro Maroni, nel 2011, trattenne dei migranti tunisini per due giorni su navi militari ormeggiate difronte al porto di Palermo e la suprema giurisdizione del Consiglio d’Europa stabilì (caso Khlaifia contro Italia) che tale detenzione era illegittima in virtù della Convenzione europea dei diritti umani, il Governo Berlusconi interruppe quella prassi, così come aveva interrotto, a seguito della sentenza della Corte “Hirsi e altri contro Italia”, quella dei respingimenti collettivi verso la Libia. Al Governo giallo-verde, invece, il rispetto delle regole internazionali non interessa, neanche di quelle sui diritti umani. Su questo tema, la situazione è oggettivamene degenerata.

Tanto che la Commissione stessa è arrivata a proporre al legislatore europeo (Parlamento e Stati membri) di condizionare l’erogazione di fondi europei proprio al rispetto delle regole dello Stato di diritto. Un’ulteriore soluzione pensata per i casi dell’Europa dell’est dove si stanno affermando democrazie illiberali – Ungheria e Polonia – ma che potrebbe applicarsi anche all’Italia se si riuscisse a costruire un’alleanza diplomatica abbastanza forte per approvare la proposta.

L’approccio italiano? Un ulteriore, inefficace, ricatto: sospendere unilateralmente il contributo italiano al bilancio dell’Unione.

Farebbero bene a capire, i nostri governanti, che le regole si cambiano con la diplomazia e scegliendosi gli alleati giusti, non con i ricatti. Ma questo varrebbe se lo scopo del sequestro di Stato messo in atto da Salvini fosse davvero quello di farsi sentire in Europa, e non di raccattare consensi diffondendo ostilità e falsità a scopi elettorali.

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