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Ecco perché Tria e Conte dovrebbero anticipare l’aggiornamento del Def

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Dalla Cina dove è in missione per cercare, tra l’altro, di convincere la autorità di Pechino ad acquistare titoli di Stato italiani, il ministro dell’Economia e delle Finanze Giovanni Tria invia messaggi rassicuranti. Svolge correttamente il suo compito di contribuire a fare ridurre le tensioni sui mercati internazionali, nei confronti dell’Italia, tensioni che sembrano aumentare a ragione dei dissidi all’interno del governo e soprattutto della mancanza di una chiara linea di politica economica.

Occorre riconoscere che qualche settimana fa lo stesso Tria ha delineato una strategia di finanza pubblica, ma in una sede non istituzionale (una lunga intervista a Il Sole-24 Ore) per essere, subito dopo, in gran misura smentito dai due vice presidenti del Consiglio che rappresentano gli azionisti di maggioranza del governo.

Sull’Italia incombe la minaccia di una “tempesta finanziaria perfetta”: il Quantitative Easing è in fase di chiusura, i tassi d’interesse internazionali sono in aumento (come definito al consueto seminario dei banchieri centrali a Jackson Hole), si avverte un disinteresse degli operatori stranieri (che detengono un terzo del nostro debito pubblico) per i titoli di Stato italiani (come documentato dalla vendita di oltre settanta miliardi negli ultimi due mesi). In queste circostanze, le rassicurazioni, da Pechino, del ministro dell’Economia e delle Finanze contano poco. Ci vuole, con urgenza, un chiarimento sulla linea di politica economica e finanziaria che il governo intende perseguire nei prossimi anni.

La fin troppo facile risposta è che tale chiarimento si avrà a fine settembre con l’approvazione “dell’aggiornamento” del Documento di economia e finanza (Drf). Tuttavia, non siamo in tempi normali, sia a ragione della minaccia di una tempesta finanziaria sia in quanto il Def predisposto dal governo Gentiloni la primavera scorsa documentava quanto fatto del recente passato, ma non tracciava prospettive per l’avvenire (proprio in quanto il testimone sarebbe passato a un altro esecutivo).

Occorre, poi, sottolineare che nel recente passato venivano fatte “filtrare” a fine agosto alcune indiscrezioni su dati di base dell’aggiornamento del Def quali le ipotesi sull’andamento dell’economia reale (quadro di riferimento internazionale, crescita del Pil, occupazione e disoccupazione) e sugli obiettivi di politica economica e finanziaria (disavanzo, debito) e sugli strumenti per realizzarli. Quest’anno siamo a “notte e nebbia”. Si teme che sia molto lontani dal tarare le costose promesse del “contratto di governo” ai vincoli effettivi di finanza pubblica. Ciò non può non aumentare tensioni e preoccupazioni su dove sta andando l’Italia.

In queste circostanze, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il ministro dell’Economia e delle Finanze Giovanni Tria dovrebbero insistere con gli altri membri dell’esecutivo per anticipare l’aggiornamento del Def o quanto meno dei suoi punti essenziali in modo di fornire quel chiarimento che tutti si attendono.

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