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Il governo del cambiamento impone una risposta liberale (non popcorn o gufi)

Essendo un governo atipico, nato da un patto di potere fra forze diverse, la domanda sul se o quando durerà il governo Conte tiene impegnati commentatori e analisti, che spesso si avventureranno anche in previsioni che la realtà inevitabilmente contribuirà a smentire. Dipendendo poi anche tutto dal contesto geopolitico e geoeconomico dei prossimi mesi, la faccenda si complica ancora di più. Meglio lasciar stare e tacere. Più opportuno a me sembra invece porsi un’altra domanda sul futuro, altrettanto e forse più interessante, e che, dipendendo da meno variabili o variabili più strutturali, può avere una risposta più appropriata. Quando il governo giungerà al capolinea, fra un mese o fra cinque anni al termine della legislatura, tutto tornerà come prima?

Accadrà cioè che le attuali forze di opposizione, casomai a fronte dei fallimenti e dell’inconcludenza degli attuali reggitori, prenderanno il loro posto e proporranno di nuovo le loro politiche “moderate” come soluzione ai problemi italiani? Beh, tutto lascia immaginare che non andrà proprio così: quello a cui abbiamo assistito il 4 marzo in Italia non è stato il momento di una normale alternanza fra forze politiche, secondo la dialettica vigente fino a poco tempo fa nelle “normali” democrazie occidentali.

É stato, più radicalmente, un “cambio di regime”, la pretesa di uomini e generazioni nuove, con idee nuove e spesso confuse, di sostituire il vecchio blocco di potere e di prenderne posto. Che quella presa di possesso avvenga non solo in modo confuso, ma anche con necessari compromessi con il vecchio potere, che quelle idee siano spesso strampalate, è normale in questa fase in cui l’assestamento e i nuovi equilibri non si sono ancora creati. In cui chi si candida ad essere nuova élite vuole differenziarsi in modo radicale dal passato. Ma che ci troviamo di fronte a degli icsos, a dei “marziani” piombati nel nostro mondo che hanno preso il potere imbambolando momentaneamente le masse, mi sembra irrealistico affermarlo.

Significa non conoscere la realtà. Se questa lettura è giusta, mi sembra evidente che mettersi in salotto a mangiare popcorn in attesa del fallimento del governo, o augurarsi masochisticamente seppur inconsciamente un default del Paese e l’arrivo salvifico di un “comissario” o di un “governo di tecnici”, sia una prospettiva non solo improduttiva ma anche fondata su una totale incomprensione di quello che è divenuto il nostro mondo negli ultimi anni. Non ci si può ostinare a leggerlo con le categorie del passato! Ovviamente, il cambiamento è sempre inquietante, perché fa perdere le sicurezze, anche intellettuali, in cui ci eravamo adagiati. E, altrettanto ovviamente, esso porta sempre con sé delle incognite. Il compito di un liberale resta però quello di governare, non di negare, la realtà; di aprire spazi di libertà nelle situazioni date e sempre differenti; di ridefinire la propria dottrina, che non è una ideologia, alla luce delle nuove condizioni di fatto.

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