Skip to main content

Mercati e rating. Le mosse del governo e il peso di Mattarella

Questa che inizia è una settimana decisiva per il futuro economico dell’Italia (risparmi dei cittadini comuni compresi). Da una parte è atteso lo scambio epistolare tra la Commissione europea e il governo a proposito della manovra. Dall’altra parte è previsto l’esito dell’agenzia internazionale di rating Standard & Poor’s entro venerdì 26 ottobre.

Secondo la banca britannica Barclays, lo sviluppo della situazione dipende in gran parte dal tono che userà il governo nel rivolgersi alla Commissione europea nella lettera di risposta al primo richiamo. Barclays prevede che il governo italiano “respinga qualsiasi cambiamento materiale consigliato dalla Commissione europea al bilancio […] mentre le pressioni del mercato finanziario continueranno ad essere gestibili, il governo resterà nella sua strategia di mantenere le tensioni con le istituzioni dell’Unione europea, perché questo atteggiamento sta funzionando in termini di popolarità”.

Gli analisti della svizzera Julius Baer sono pessimisti: “Crediamo che alla fine non ci sarà un’altra opzione che respingere il bilancio […] il governo di coalizione italiano si mantiene firme nei suoi piani di spesa perché una marcia indietro avrebbe un alto costo politico”. Dinamiche proprie dei tempi di campagna elettorale.

Oltre alla retorica politica, ci sono le agenzie di rating. Così come è accaduto con il report di Moody’s, i mercati danno per scontato il declassamento dell’Italia da parte di S&P. Per Phanteon Macroeconomics, con la manovra il governo italiano sta fornendo alle agenzie di rating gli argomenti per il downgrading: “Crediamo che tireranno il grilletto entro la fine del 2018”.

Più ottimisti i tedeschi di Berenberg. Credono che “l’aumento dello spread, il declassamento delle agenzie di rating, la pressione dell’Unione europea e delle istituzioni italiane, tra cui il presidente Sergio Mattarella e il Tribunale Costituzionale, spingeranno Roma ad ammorbidire le politiche economiche nei prossimi mesi per evitare una crisi del debito”. Il dubbio è se i conti e il valore dei titoli di Stato reggeranno fino al voto europeo.

×

Iscriviti alla newsletter