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Destinazione Mercurio. È partito il lungo viaggio di BepiColombo

Mercurio sembra già più vicino. È partita nella notte BepiColombo, la missione delle agenzie spaziali europea (Esa) e giapponese (Jaxa) diretta verso il pianeta più vicino al Sole, caldo, misterioso e difficile da raggiungere. Il veicolo spaziale, con a bordo due sonde scientifiche e tanta tecnologia italiana, giungerà a destinazione tra sette anni, non prima di aver compiuto ben nove flyby tra Terra, Venere e Mercurio stesso. Si tratta di manovre di avvicinamento ai corpi celesti, necessarie per modulare la velocità ed evitare di essere risucchiati dalla potente gravità solare. Così, dopo Mariner 10 e Messenger (entrambe della Nasa), saranno l’Europa e il Giappone a fare il grande passo verso il cosiddetto “pianeta degli estremi”.

IL LANCIO

La missione è partita dalla base europea di Kourou, in Guyana francese, a bordo del grande lanciatore Ariane 5. Fornendo i motori a produzione solida e la turbopompa ad ossigeno liquido Vulcain, vi contribuisce anche Avio, l’azienda di Colleferro guidata da Giulio Ranzo che realizza il più piccolo Vega, gioiello made in Italy, e che è già a lavoro sulla futura famiglia di vettori europei: Vega C e Ariane 6. Per il lancio di BepiColombo, il veicolo spaziale (dotato anche di tre fotocamere per dei “selfie spaziali”) si è separato dal lanciatore a 27 minuti dalla partenza. Dopo poco più di altri dieci minuti è stato acquisito il primo segnali, mentre ci è voluta poi una mezz’ora per dispiegare i lunghi pannelli solari.

IL VIAGGIO

È così iniziato il viaggio del Mercury transfer module (Mtm) dell’Esa, chiamato ad affrontare sette anni di complicate manovre per cui “sfrutterà la gravità dei pianeti più vicini, in combinazione con la spinta fornita dalla propulsione elettrica, al fine di rallentare”, ha spiegato Andrea Accomazzo, flight director di BepiColombo. Si tratta di nove flyby, di cui uno sulla Terra, due su Venere e sei su Mercurio, che dovrebbe essere intercettato per la prima volta nell’ottobre del 2021. In tutto, il veicolo spaziale percorrerà nove miliardi di chilometri, tutti monitorati e gestiti dal centro europeo per le operazioni spaziali (Esoc) di Darmstadt, in Germania, che da mesi è impegnato in simulazioni preparatorie. A ottobre del 2025, il modulo di trasferimento rilascerà le due sonde scientifiche. Toccherà a loro posizionarsi sulla giusta orbita, così da iniziare i rispettivi lavori a marzo del 2026.

LA MISSIONE

Le due sonde sono l’europeo Mercury planetary orbiter (Mpo) e il nipponico Mercury magnetospheric orbiter (Mmo). La prima si occuperà di studiare superficie e composizione interna, la seconda si focalizzerà invece sulla magnetosfera, operando in modo autonomo l’una dall’altra. Passeranno circa due anni a raccogliere dati sulla composizione, la densità, il campo magnetico e l’esosfera del misterioso pianeta. Il tutto, in condizioni temperature esterne superiori a 300 gradi, e interne comprese tra 0 e 40 gradi, con radiazioni solari dieci volte più intense rispetto a un satellite geostazionario. “Si tratta di una grande sfida tecnologica – ha spiegato il presidente dall’Agenzia spaziale italiana Roberto Battiston – una base per poter realizzare veicoli spaziali che in futuro potranno spingersi oltre i confini del sistema solare”.

IL CONTRIBUTO ITALIANO INDUSTRIALE…

Una sfida a cui l’Italia dà un contributo “rilevantissimo”, con Leonardo in prima fila, insieme alle due joint venture della Space Alliance italo-francese: Thales Alenia Space e Telespazio. La prima, parte del core team di Bepi Colombo, ha coordinato un consorzio industriale di 35 aziende europee per le attività di realizzazione di sistemi di telecomunicazione, controllo termico e distribuzione della potenza elettrica, per integrazione e prove del satellite completo e supporto alla campagna di lancio. Ha inoltre sviluppato elementi per diversi esperimenti a bordo. La seconda, Telespazio, attraverso la controllata Telespazio VEGA Deutschland, ha invece contribuito al segmento di terra della missione (tra cui il sistema di pianificazione, il simulatore operativo e l’infrastruttura di informazione e comunicazione) ed è coinvolta nelle operazioni di missione per la stazione di terra, i veicoli spaziali e per le dinamiche di volo. Leonardo ha invece fornito i sensori d’assetto che guideranno la sonda dell’Esa durante il suo viaggio e, in qualità di prime contractor industriale, ha realizzato il pacchetto combinato (la cosiddetta “suite”) di strumenti scientifici Simbio-Sys, l’esperimento fornito dall’Agenzia spaziale italiana per la missione, chiamato a osservare ad alta risoluzione e a caratterizzare la superficie del Pianeta.

…E SCIENTIFICO

Ma Simbio-Sys è solo uno dei quattro esperimenti italiani tra gli undici presenti sulla sonda europea. Ci sono infatti anche l’accelerometro ad alta sensibilità Isa; il trasmettitore a microonde More; e l’esperimento Serena. In particolare, ha spiegato il presidente dell’Asi Battiston, “quest’ultimo studierà l’ambiente particellare e ci permetterà di conoscere meglio il campo magnetico di Mercurio, le sue caratteristiche fisiche e il suo ambiente influenzato fortemente dalla vicinanza con il Sole”. Non a caso, il principal investigator di Isa è Valerio Iafolla dell’Istituto di astrofisica e planetologia spaziali (Iaps) dell’Inaf. Per More, si tratta di Luciano Iess, dell’Università la Sapienza di Roma, mentre per Serena è Stefano Orsini, anche lui dell’Iaps dell’Inaf. Infine, per Simbio-Sys è Gabriele Cremonese dell’Osservatorio astronomico di Padova, sempre dell’Inaf.

LE PAROLE DI BATTISTON E D’AMICO

“Grazie al supporto dell’Asi, l’Inaf e la comunità scientifica nazionale hanno realizzato questi straordinari strumenti, potendo contare su una filiera di eccellenza che comprende l’industria a cui si deve l’implementazione e l’integrazione non solo della parte strumentale ma della sonda nel suo complesso”, ha spiegato Battiston. “È l’inizio di una nuova grande avventura per l’Inaf”, ha aggiunto il suo presidente, Nichi D’Amico. “Il coinvolgimento di numerosi ricercatori del nostro istituto – ha rimarcato – dimostra che l’Italia è al centro dell’astrofisica mondiale, anche nelle missioni spaziali. Scienziati e ingegneri dell’Inaf saranno in prima linea anche nei prossimi anni, quando arriveranno i primi dati riguardanti questo pianeta ancora così misterioso”.

PERCHÉ STUDIARE MERCURIO

In definitiva, è partita “una delle più ambiziose missioni programmate dall’Esa”, ha notato ancora Battiston. “Mercurio è il pianeta più vicino al Sole ed insieme a Venere, Terra e Marte costituisce la famiglia dei Pianeti terrestri, ossia quelli più vicini alla nostra stella, più piccoli, più caldi e composti prevalentemente di roccia e metalli. Lo studio di Mercurio – ha aggiunto – è quindi importante per definire e validare i modelli di formazione ed evoluzione dell’intero Sistema solare, nonché per comprendere le condizioni limite favorevoli alla nascita della vita sul nostro e su altri pianeti”.

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