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Torna la violenza in Nicaragua. E il Cremlino difende Ortega

Il Nicaragua non è più nelle prime pagine dei media, ma gli episodi di violenza e repressione sono tutt’altro che finiti. Ieri sera la polizia ha arrestato 38 persone che volevano protestare contro il presidente Daniel Ortega a Managua. Secondo l’agenzia stampa Efe, decine di agenti di sicurezza hanno soppresso l’inizio di una manifestazione organizzata dalla coalizione di opposizione Unidad Nacional Azul y Blanco.

Le autorità hanno spiegato che sono in corso indagini “per determinare i livelli di responsabilità penale degli arrestati e cominciare con il processo”. Loro sostengono che si è garantito “l’ordine e la sicurezza nella capitale di fronte ai tentativi di gruppi di terroristi e criminali che negli ultimi mesi vogliono colpire la pace e la tranquillità del Paese”. Tra i detenuti ci sono Ana Lucía Álvarez, direttrice dell’ong Techo Internacional in Nicaragua e José Dolores Blandino, padre di Xiómara Blandino, fidanzata attuale del figlio di Ortega.

Il segretario generale dell’Organizzazione di Stati Americani, Luis Almagro, ha chiesto al presidente Ortega di porre fine alla repressione e liberare i manifestanti arrestati, per rispetto al diritto di protestare pacificamente. Il cardinale del Nicaragua, Leopoldo Brenes, ha lamentato lo scontro tra la polizia e i manifestanti, sostenendo che questi atteggiamenti non contribuiscono alla pace e la risoluzione della crisi politica del Paese centroamericano.

Ieri nove persone arrestate durante le manifestazioni degli ultimi mesi sono state condannate con fino a 24 anni di carcere per il reato di terrorismo e istigazione all’odio. Da quanto si legge sul quotidiano El Nuevo Diario, si tratta di Wilmer Martínez (condannato a 24 anni di carcere), Ervin Zamora (20 anni di carcere), Daniel Sánchez e Junior Sánchez (20 anni di carcere), Juan Carlos Bermúdez, José García, Wilfredo Orozco, Mauricio Paniagua e Yudielka Flores (15 anni di carcere).

L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha responsabilizzato il governo di Ortega per i 300 morti nelle manifestazioni da aprile ad oggi, così come per i processi irregolari, torture, arresti arbitrari, sequestri e abusi sessuali, tra altre violazioni dei diritti umani. Ortega ha respinto le accuse sostenendo che si tratta di un tentativo di colpo di Stato.

A sopportare il governo di Ortega c’è la Russia. Il ministero degli Affari esteri russo ha denunciato, attraverso la portavoce Maria Zajarova, l’ingerenza esterna negli ultimi sei mesi contro la sovranità del popolo nicaraguense. “Non c’è bisogno di essere indovino per capire il perché, ad aprile, in meno di 24 ore, i manifestanti pacifici con presunte esigenze economiche, si sono trasformati in violenti manifestanti politici con armi […] Quanto è accaduto negli ultimi mesi – ha dichiarato Zajarova – in un Paese che era stabile e sicuro, con un’economia in crescita, è il chiaro esempio di ingerenza politica, questa volta in America latina.

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