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I tre consigli sul Mezzogiorno che il governo dovrebbe ascoltare

Di Matteo Caroli
infocamere, mezzogiorno, industria, sud

Nel 2017, l’economia delle regioni meridionali è cresciuta praticamente come quella del nord, intorno all’1,5%, per di più con una accelerazione rispetto all’anno precedente maggiore. È questo il dato cruciale che emerge dall’ultimo rapporto Svimez, per la prima volta dedicato non solo all’economia ma anche alla società del Mezzogiorno. A livello nazionale, il grosso dell’aumento del Pil è stato trainato dal forte dinamismo delle esportazioni; esiste dunque un consistente nucleo di aziende del sud che ha raggiunto la capacità di competere a livello internazionale. Allo stesso tempo, i numeri Svimez evidenziano una significativa crescita degli investimenti privati, anche qui in linea con quanto osservato nelle regioni tradizionalmente forti dell’economia italiana; si sottolinea in particolare, il buon impatto del programma “industria 4.0.

È anche molto importante il recupero di valore aggiunto innanzi tutto nel manifatturiero, segnale di miglioramento del posizionamento competitivo delle imprese e in una certa misura della loro produttività; anche nel turismo, si osservano risultati nella direzione di uno sviluppo finalmente strutturale dell’offerta. A tutto questo si aggiunge una consistente ripresa dell’occupazione, anche in questo caso soprattutto nell’industria. È un insieme di segnali incoraggianti, che confermano la vitalità di quella parte di economia meridionale che è riuscita a resistere alla profonda crisi degli anni passati o che è nata proprio in quel periodo; non va dimenticato infatti che nell’ultimo decennio, in diverse aree del Mezzogiorno, la natalità netta delle imprese è stata molto positiva e ha riguardato anche le società di capitali.

Lo stesso Rapporto, tuttavia, previene facili ottimismi, evidenziando innanzi tutto come, nonostante il recupero registrato su vari fronti si sia ancora largamente lontano dai livelli ante prima grande crisi (del 2007). Molte delle luci che si sono accese nel 2017, inoltre, hanno intorno ancora ampie zone d’ombra. Nel caso dell’occupazione innanzi tutto; grazie ad un’analisi attenta dei dati, si osserva un peggioramento della sua qualità: il prevalere ancora forte delle forme di lavoro precario, sintetizzate quello che viene indicato il “part time involontario”, e l’acuirsi di una “frattura generazionale” a svantaggio dei giovani. Inoltre, continua ad essere molto bassa la spesa pubblica per investimenti, oltre ad essere pochissimi i casi di miglioramento dell’efficienza delle amministrazioni locali.

La sintesi di tutto questo è perfettamente rappresentata nel titolo dato alla prima parte dello studio “Il Mezzogiorno nell’età dell’incertezza”. È indubbio l’emergere di un sistema produttivo capace di generare valore economico, anche in campo internazionale, ma è tutto da vedere se esso riuscirà a consolidarsi e divenire trainante di uno sviluppo sostenibile di tutta la società meridionale. Per ora, i miglioramenti pur importanti rimangono largamente insufficienti, considerate le evidenze che lo stesso Rapporto Svimez descrive con grande abbondanza di dati circa gli squilibri sociali e le forti differenze con le regioni settentrionali

Per superare positivamente questa incertezza, Svimez ha elaborato alcune proposte strategiche. La prima riguarda l’interdipendenza tra Nord e Sud, considerata essenziale per lo sviluppo equilibrato di entrambe le aree, oltre che per un’evoluzione organica dell’intero Paese. L’ulteriore rafforzamento del manifatturiero è considerata una priorità strategica; è, quindi essenziale attuare le politiche che migliorano la competitività delle imprese in tale comparto, a partire dalla prosecuzione del percorso di trasformazione digitale e del potenziamento delle infrastrutture logistiche di livello internazionale. In questa prospettiva, una particolare attenzione è data alle Zone Economiche Speciali, la cui attuazione potrebbe offrire ottime opportunità di riportare al Sud consistenti attività produttive e quindi competenze e occupazione; si torna a porre l’attenzione sulle strategie di attrazione di investimenti “greenfield”.

Il Rapporto Svimez ha almeno tre meriti: presenta un quadro organico, ben supportato da dati quantitativi consistenti e approfonditi delle condizioni dell’economia meridionale; fornisce delle proposte di policy conseguenti e piuttosto precise. Infine, mantiene alta una attenzione qualificata e non strumentale ad interessi di breve termine, sulla fondamentale necessità di favorire un definitivo sviluppo del Mezzogiorno. L’auspicio è che i decisori a livello nazionale e regionale ne facciano buon uso.

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