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La politica della sedia vuota rischia di isolare l’Italia in Europa

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Allein! Weh, ganz allein. “Sola, ahimé tutta sola”. Queste sono le parole con cui Elettra, nell’adattamento di Hugo von Hofmannsthal del testo sofocleo, si presenta alle proprie ancelle e al pubblico. Deve presentarsi così anche l’Italia all’Eurogruppo straordinario (che verterà in gran misura sul “caso Italia”) convocato all’improvviso per il 19 novembre, alla vigilia quasi della presentazione, il 21 novembre, dei rilievi della Commissione europea sui Documenti Programmatici di Bilancio (DPB) presentati dagli Stati aderenti all’eurozona.

Prima ancora che la risposta ai duri rilievi dell’Ue sul DBP presentato dal nostro Paese, venisse concordata, redatta, firmata e spedita, The Economist del 10 novembre dedicava un editoriale all’isolamento di Roma in seno all’Unione Europea (Ue). La tattica che si pare percepire è quella di bloccare le decisioni Ue in cui è richiesta l’unanimità. In più occasioni, lo stesso ministro italiano per gli Affari Europei, Prof. Paolo Savona lo ha annunciato, a mezze parole e non solo.

C’è un precedente: la politica della “sedia vuota” con la quale, al fine di ottenere quanto richiesto in materia di politica agricola comune, la Francia guidata da Charles De Gaulle non partecipò ai lavori di quella allora chiamata Comunità Economica Europea dal 30 giugno 1965 al 29gennaio 1966. Ma si era in una Comunità/Unione a solo sei Stati membri, quasi tutte le decisioni dovevano essere prese all’unanimità e De Gaulle aveva un forte peso sia in Europa sia nel mondo intero. Nonostante la prospettiva che l’Italia avesse votato contro il quadro finanziario pluriennale europeo, il documento è stato approvato dal Parlamento europeo, a larga maggioranza, il 14 novembre, ricevendo immediatamente il plauso del comitato delle Regioni italiane. Si è data quindi l’impressione di essere un can che abbaia ma non morde.

Inoltre, i casi il cui il Consiglio deve deliberare all’unanimità sono relativamente pochi:

– politica estera e di sicurezza comune (esclusi alcuni casi ben definiti che richiedono la maggioranza qualificata, quali ad es. la nomina di un rappresentante speciale);
– cittadinanza (concessione di nuovi diritti ai cittadini Ue);
– adesione all’Ue;
– armonizzazione della legislazione nazionale in materia di imposte indirette;
– finanze Ue (risorse proprie, quadro finanziario pluriennale);
– alcune disposizioni in materia di giustizia e affari interni (Procura europea, diritto di famiglia, cooperazione di polizia a livello operativo, ecc.);
– armonizzazione della legislazione nazionale in materia di sicurezza sociale e protezione sociale.

Inoltre, il Consiglio è tenuto a votare all’unanimità per discostarsi dalla proposta della Commissione quando quest’ultima non è in grado di accettare le modifiche apportate alla sua proposta. Tale norma non si applica agli atti che il Consiglio deve adottare su raccomandazione della Commissione, ad esempio nel settore del coordinamento delle politiche economiche. In caso di voto all’unanimità, un’astensione non impedisce l’adozione di una decisione.

L’arma è spuntata non soltanto sotto il profilo giuridico ma soprattutto sotto quello politico. Al di là della tattica, Roma punta da mesi su una strategia tra Stati “sovranisti” per riformare l’Ue. Tuttavia, Austria e Olanda (il primo decisamente sovranista ed il secondo con inclinazioni sovraniste) hanno chiesto una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia già il 14 novembre, ossia poche ore dopo l’arrivo a Bruxelles dell’arrivo della risposta del ministro dell’Economia e delle Finanze Giovanni Tria ai rilievi della Commissione sul DPB italiano.

Quindi, al nostro Paese non si prospetta uno “splendido isolamento” come quello che ha caratterizzato la Gran Bretagna in vari periodi della sua storia, separata, tramite il Canale della Manica, dalla litigiosa Europa continentale e, tramite l’Atlantico, dagli Stati Uniti. Si delinea piuttosto una solitudine come quella di Elettra, a cui nelle versione di Eugene O’Neill “si addice il lutto”.

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