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Il lancio del satellite iraniano che preoccupa Stati Uniti e Israele

iraniano, Khomeini

Un innocuo satellite “non militare” per Teheran. “Il primo stadio di un missile intercontinentale” per Tel Aviv. “Una minaccia alla comunità internazionale” per Washington. Sono le tre diverse letture del fallito lancio spaziale iraniano, che ieri ha riacceso il dibattito relativo al programma missilistico di Teheran, tra l’altro proprio in un momento in cui la tensione con Israele è tornata ad alzarsi sul complesso dossier siriano.

COSA È SUCCESSO

A comunicare il fallito lancio è stata la tv di Stato iraniana, che ha riportato le parole del ministro della Telecomunicazioni Mohammad Javad Azari Jahromi. Partito dalla base spaziale Imam Khomeini, situata nella provincia settentrionale di Semnan, il vettore Simorgh (che in farsi significa “fenice”) non è riuscito a “raggiungere la velocità necessaria” al suo terzo stadio, anche se avrebbe condotto con successo le prime due fasi di volo. A bordo c’era il satellite per telerilevamento Payam (“messaggio”), destinato secondo Teheran a scopi “non militari” e prevalentemente per applicazioni in campo agricolo. Eppure, il suo destino è stato diverso, con un brusco e imprevisto rientro nell’oceano indiano. Tra l’altro, Payam è stato progettato insieme a Doosti (“amicizia”), sulla cui partenza potrebbe influire ora il fallito lancio. Solitamente, l’Iran concentra le sue attività spaziali tra gennaio e febbraio, in modo da inserirle nei festeggiamenti per l’anniversario della Rivoluzione del 1979.

IL PROGRAMMA SPAZIALE IRANIANO

Così è stato per quasi tutti i lanci oltre l’atmosfera, eseguiti in passato soprattutto con il programma Safir (“ambasciatore”), al debutto spaziale nel 2009. Particolari furono i due lanci nel 2013, con cui Teheran sparò in orbita due scimmie, mentre già nel 2010 l’allora presidente Mahmud Ahmadinejad annunciava che il primo astronauta iraniano avrebbe raggiunto lo spazio su un veicolo spaziale iraniano entro il 2019 (cosa ad ora molto improbabile). Come per ogni altro Paese con ambizioni di potenza regionale, anche l’Iran ha conservato obiettivi spaziali carichi di significato simbolico più che scientifico. Prima di apprendere il fallimento, la tv di Stato aveva celebrato la partenza del Simorgh come “un messaggio di orgoglio, autostima e forza di volontà della gioventù iraniana nel mondo”.

IL PUNTO DI MIKE POMPEO

Ad ogni modo, il fallito lancio ha riattivato tutte le polemiche e le preoccupazioni relative al programma missilistico iraniano. Una ferma condanna è arrivata dal dipartimento di Stato Usa, che ha definito l’azione “una sfida alla comunità internazionale e la risoluzione 2231 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite”. In un comunicato stampa, Mike Pompeo ha definito la tecnologia di lancio “virtualmente identica e intercambiabile con quella usata nei missili balistici, inclusi i missili balistici intercontinentali”. Perciò, ha aggiunto, gli Stati Uniti stanno lavorando con i suoi partner “per contrastare le numerose minacce della Repubblica islamica, incluso il suo programma missilistico, che minaccia l’Europa e il Medio Oriente”. Simili accuse erano arrivate anche in occasione di altri lanci iraniani, sempre concernenti il fatto che il programma di vettori spaziali nascondesse in realtà l’obiettivo di perfezionare razzi in grado di trasportare testate nucleari.

LA RISPOSTA DI TEHERAN

In passato, era stato lo stesso presidente Hassan Rouhani a non nascondere una simile ambizione: “I missili oggi sono il nostro unico modo per difenderci e siamo orgogliosi del nostro programma”. D’altra parte, anche quando il Joint comprehensive plan of action (Jcpoa) era nella delicata fase di negoziazione, Teheran ha portato avanti con decisione il programma missilistico. Nonostante le parole di Pompeo, sono in molti a dubitare che l’Iran violi le norme internazionale. Il Jcopa, da cui gli Usa sono usciti a maggio, riguarda il programma nucleare e le percentuali di arricchimento dell’uranio (e il loro rispetto è confermato periodicamente dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica dal 2015), non i missili. Ad essi è dedicata per l’appunto la risoluzione 2231 del 2015 del Consiglio di sicurezza dell’Onu, la quale però “invita” (e non “obbliga” come la precedente 1929 del 2010) l’Iran a sospendere ogni attività sui missili balistici. Ciò lascia ampi spazi alle ambizioni balistiche di Teheran, soprattutto a quelle che il governo definisce “non concepite per trasportare armi nucleari”, proprio come il programma spaziale.

LE PROTESTE DI NETANYAHU

Non ha però dubbi il presidente israeliano Benjamin Netanyahu: l’Iran vuole costruire missili nucleari. Il satellite lanciato da Teheran non sarebbe altro che “il primo stadio di un vettore intercontinentale”, ha spiegato. La bugia sul lancio, tra l’altro, sarebbe solo una delle “tante menzogne del governo iraniano”, tra cui andrebbe annoverato soprattutto “il tentativo di sviluppare armi nucleari”. Nei giorni scorsi, la tensione era aumentata sul dossier siriano. “Andate via velocemente, perché non smetteremo di colpire”, aveva detto Netanyahu partecipando alla cerimonia di insediamento del nuovo capo di Stato maggiore della Difesa, in risposta a quanto dichiarato dal portavoce della diplomazia iraniana Bahram Qasemi, secondo cui l’Iran “non ha basi militari e non ha truppe presenti nel Paese”.

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