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I limiti di un certo sindacato

Indietro tutta! Si era fatto un gran parlare nelle settimane precedenti di “patto per il lavoro”, una possibile piattaforma unitaria tra sindacati e Confindustria per cercare di compiere un balzo in avanti alle relazioni industriali del nostro paese. Ebbene, neanche il tempo di testare l’intesa nelle piazze ed ai tavoli delle trattative, che l’unitarietà sindacale si trova già messa in discussione.

Protagonista del balzo indietro è Fiom che, dopo aver rotto la settimana scorsa le trattative con Fc per il rinnovo del gruppo, vicine invece alla ratifica da parte di Fim e Uilm, ha fatto scoppiare l’ennesimo “caso Pomigliano”. La disposizione ad opera dell’azienda del passaggio a 18 turni, con lavoro sia il sabato che la domenica, ha scaturito la risposta del sindacato che fa capo alla CGIL che ha indetto tre giorni di sciopero nel reparto stampaggio dello stabilimento campano.

Si va così ipotizzando una divisione del fronte sindacale all’interno di Fca, con da una parte Fiom che ha dichiarato di scioperare per coprire una decisione autonoma dei lavoratori, dall’altra Fim e Uilm che accusano il sindacato guidato da Francesca Re David di “populismo sindacale irresponsabile” per un “atteggiamento preistorico”.

Ecco: l’esempio Fca è quello che temo e che credo sia il vero limite del nostro paese.
Non può esistere una divisione tra i lavoratori o, meglio, tra i loro rappresentanti. Credo – e questo è ancor più preoccupante – che la divisione non sia affatto tra i “lavoratori” bensì tra i rappresentanti che in questo modo non perseguono di certo i diritti, gli interessi dei rappresentati.

Quando la lotta sindacale – che poi a mio avviso è pseudopolitica – è fine a se stessa o persegue finalità diverse da quelle per le quali ottiene consenso e sostegno dai rappresentati, non è lotta sociale, non è lotta sindacale. Siamo di fronte ad un momento cruciale della storia delle relazioni industriali e della capacità del sindacato dei lavoratori di essere protagonista per le tutele degli interessi dei lavoratori; non basta più “scioperare”.

Occorre avere una visione più ampia che comprenda i cambiamenti in atto, che comprenda non solo il bisogno di affermazione dogmatica ma si sforzi di avere un atteggiamento pragmatico e si faccia carico anche del passaggio e fatto generazionale. Non è con gli slogan che si crea un posto di lavoro, non è con uno slogan che si crea un miglior posto di lavoro! Con gli slogan si ottengono solo “voti”, ma quella è politica non attività e lotta sindacale.

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