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Maduro nel pallone. Il Paese nel caos pensa a Maradona per la Nazionale

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Non erano passate 24 ore dalla storica vittoria del Venezuela contro l’Argentina di Leo Messi (3-1) quando la gloria della “vinotinto”, la squadra nazionale di calcio venezuelana, è stata oscurata dalle tensioni politiche.

Ingenuo pensare che lo sport possa uscirne indenne in un Paese con due presidenti, due Parlamenti e una profonda crisi sociale e umanitaria. Rafael Dudamel, l’allenatore che avrebbe sicuramente portato la squadra del Venezuela per la prima volta nella storia ai Mondiali di calcio Qatar 2022, non ce l’ha più fatta. A causa della politicizzazione di un polemico incontro alla fine della partita amichevole con l’Argentina, nello stadio Wanda Metropolitano a Madrid, si è dimesso.

Il presidente ad interim, Juan Guaidó, aveva inviato il suo ambasciatore in Spagna, Antonio Ecarri, alla partita. Il diplomatico ha filmato i festeggiamenti nello spogliatoio (insieme al rappresentante dell’opposizione) e il video è stato condiviso da Guaidó sui social network. Da lì la situazione è precipitata…

“Conoscete le difficoltà che abbiamo come Federazione e come Paese. Sempre devo riconoscere ai dirigenti il sostegno che danno al nostro lavoro […]– ha dichiarato Dudamel -. Tra i calciatori deve esserci tranquillità, non mi piace lavorare nell’incertezza […] Ho parlato con il vice presidente della Federazione e ho dato le dimissioni. L’esperienza è stata spiacevole, visto che hanno politicizzato la visita di quel signore. Oggi rappresentiamo la squadra di un Paese, perché è di tutto il Paese”.

Ma non finisce qui. Nei due giorni della nazionale venezuelana in Spagna è successo di più. Con una chiara scelta politica, il Venezuela è stata l’unica squadra a livello mondiale che ha accettato di giocare una partita amichevole con la Catalogna. Per inviare probabilmente un messaggio netto all’Europa.

In passato, Nicolas Maduro si era pronunciato a favore degli indipendentisti catalani e contro Madrid, ripescando il vecchio discorso “anti-colonialista”. A gennaio, quando l’Unione europea lanciò un ultimatum per la convocazione di nuove elezioni in Venezuela, il leader socialista venezuelano aveva risposto riferendosi al movimento separatista spagnolo.

Sebbene l’allenatore della Catalogna, Gerard López, ha dichiarato che l’amichevole con il Venezuela giocato ieri a Montilivi, a Girona, era “solo un’altra partita”, per il consigliere della Generalitat della Catalogna, Elsa Artadi (molto probabilmente sostituta dell’ex presidente catalano Carles Puigdemont), non era così.

“È una partita molto importante – ha spiegato Artadi – se guardiamo lo sviluppo della squadra catalana, il Venezuela è uno dei migliori rivali che abbiamo avuto. Sfortunatamente giochiamo solo amichevoli e non possiamo competere a livello internazionale. Ma questa partita andrà oltre la competizione e lo sport, perché è un punto di rivendicazione, di essere presenti nel mondo, come siamo”.

E che ne sarà in tutto ciò della “vinotinto”? Da ieri ci sono voci in Venezuela che parlano di Diego Armando Maradona come nuovo allenatore, vista l’antica vicinanza al regime venezuelano. Durante la campagna elettorale del 2018 ha detto di essere un “soldato al servizio di Maduro”. E dopo l’esperienza con i Dorados di Sinaloa, Messico, – non proprio felice – l’ex giocatore argentino potrebbe diventare la guida dei calciatori venezuelani.

Lui però la partita con l’Argentina non l’ha vista: “No, non guardo i film dell’orrore. Quale stupido poteva pensare che l’Argentina potesse battere il Venezuela? Il Venezuela è una squadra già formata […] Di questo passo, io ve lo dico, l’Argentina non vincerà nemmeno una partita. Io mi sento molto argentino, ma sento di appartenere a un’altra generazione di tecnici e di giocatori. Questa squadra non merita la maglia della nazionale. Noi la avevamo tatuata addosso”. Come lui ha anche tatuati i volti del Che Guevara e l’ex presidente Hugo Chavez.

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