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La Difesa europea non aspetta l’Italia. Il ministro Trenta a Helsinki

Mentre l’Italia trattiene il fiato per il secondo giro di consultazioni, riprendono i vertici ministeriali dell’Unione europea, in vista dell’insediamento, a novembre, della nuova Commissione targata Ursula von der Leyen. A Helsinki si ritrovano i ministri della Difesa, tra cui anche Elisabetta Trenta che in patria viene considerata tra i papabili per la riconferma nel consueto toto ministri. I lavori finlandesi saranno comunque importanti, soprattutto per i nuovi segnali che potrebbero arrivare sul Fondo europeo per la difesa. Il tema non è in agenda, ma resta la novità più importante per il settore per i prossimi anni.

IL MINISTRO TRENTA E HELSINKI

Il ministro Trenta è atterrata a Helsinki poche ore fa, in linea con la gestione degli affari correnti che portò Giuseppe Conte, la scorsa settimana, al G7 francese. In programma per la titolare della Difesa c’è il vertice informale con gli altri colleghi dell’Ue, organizzato dalla presidenza finlandese. “Saranno due giornate intense durante le quali, insieme ai colleghi europei, parleremo di temi fondamentali per il futuro e la sicurezza dell’Europa”, ha detto appena atterrata la Trenta. Poi, subito il primo bilaterale, con l’omologo di Cipro Savvas Angelides. Domani la giornata più densa. L’agenda prevede una cena di lavoro su intelligenza artificiale e nuove tecnologie, sessioni sul rapporto tra clima e difesa, e sulla Coordinated maritime presences, iniziativa che punta a coordinare le varie posture marittime. A chiudere, un pranzo con i colleghi degli Esteri, anche loro a Helsinki per l’apposito vertice informale.

LA RILEVANZA DELL’APPUNTAMENTO

L’appuntamento non è marginale, anche perché dovrà dare nuove indicazioni sulla nascente Difesa europea a un paio di mesi dall’insediamento della nuova Commissione presieduta dalla tedesca Ursula von der Leyen. Il piano è già definito, frutto del lavoro di diversi anni promosso soprattutto dall’Alto rappresentante Federica Mogherini, alle sue ultime apparizioni nell’incarico comunitario prima di passare il testimone allo spagnolo Josep Borrell.

VERSO LA DIFESA COMUNE

L’attesa è tutta per il Fondo europeo di difesa (Edf), per cui la Commissione uscente ha previsto un impegno da 13 miliardi di euro per il prossimo quadro finanziario 2021-2027. La conferma definitiva arriverà solo con la nuova legislatura europea, chiamata a ufficializzare il tutto all’interno dell’accordo complessivo sul budget Ue proposto da Bruxelles a maggio dello scorso anno. Sui singoli programmi dovrebbe però cambiare ben poco. Il progetto tracciato è il risultato dei complessi negoziati tra Parlamento e Consiglio dell’Unione, in cui tutti gli Stati membri hanno fatto valere le proprie posizioni (Italia compresa). In più, le elezioni europee dello scorso maggio hanno poco cambiato gli schieramenti interni al Parlamento, rendendo difficili passi indietro. Anche la nuova presidenza della Commissione assicura una certa continuità. Da ministro della Difesa tedesco, Ursula von der Leyen è stata tra i promotori dell’iniziativa continentale.

I FONDI IN ARRIVO

Tra l’altro, l’Edf è già stato anticipato dai due programmi-pilota per il triennio 2017-2019, tradotti in uno stanziamento di 90 milioni per attività di ricerca all’interno dell’Azione preparatoria (Padr), e in 500 milioni per il Programma di sviluppo del settore industriale (Edidp). Una distinzione che troverà unitarietà proprio nel nuovo Fondo, dotato di 4,1 miliardi per i progetti di ricerca e 8,9 per cofinanziare le attività di sviluppo delle capacità. Per i primi, si prevede la possibilità di un finanziamento fino al 100% da parte dell’Ue, mentre per le seconde le risorse comuni copriranno solo fino al 20% (con alcune possibilità di incremento).

LA SFIDA PER IL PROSSIMO MINISTRO DELLA DIFESA

La parola-chiave è co-finanziamento. Significa che potranno accedere ai finanziamenti solo quei Paesi che partecipano all’investimento. La partita è importante, ma servono programmazione e risorse per potervi partecipare. Francia e Germania hanno palesato da tempo l’intenzione di guidarla. Per ora, l’Italia ha fatto valere i propri interessi, ottenendo insieme ad altri l’ammissibilità ai finanziamenti del Fondo solo per i progetti collaborativi che coinvolgano almeno tre soggetti idonei provenienti da almeno tre Stati membri o Paesi associati, evitando l’asse franco-tedesco. Proseguire tali sforzi sarà una delle sfide del prossimo inquilino di palazzo Baracchini. La Difesa europea va avanti spedita, e di certo non aspetta l’Italia.

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