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Vi racconto le sfide dell’Ue tra cielo e spazio. Parla Salini (FI)

Nel giorno del rientro a terra di Luca Parmitano con in dote nuovi record europei, l’Italia si conferma nelle posizioni di vertice per lo Spazio dell’Unione europea, quantomeno all’interno dell’EuroParlamento. L’eurodeputato di Forza Italia Massimiliano Salini è stato infatti eletto vicepresidente dell’Intergruppo “Sky and Space” per il periodo 2020-2024. Già attivo nella precedente legislatura, l’organo opererà ora in un contesto di profondo cambiamento per il settore nel Vecchio continente, fungendo da “cassa di risonanza per diffondere le istanze del Parlamento sui temi spaziali e non solo”, ci ha spiegato lo stesso Salini.

I CIELI PULITI DELL’EUROPA

Con la presidenza del deputato rumeno Marian-Jean Marinescu, l’Intergruppo monitorerà i dossier sensibili per i prossimi quattro anni, attraverso un ruolo “non formale” ma sicuramente “molto autorevole da un punto di vista politico”. Per la parte “Sky”, ha rimarcato l’eurodeputato italiano, la partita “più interessante è quella del Clean Sky 3”, la nuova fase del progetto europeo che punta a ridurre l’inquinamento prodotto dall’aviazione civile spingendo sull’innovazione tecnologica. “L’Italia – ha notato Salini – sta già giocando un ruolo fondamentale per sviluppare nuovi aeromobili con trazione diversa da quella tradizionale”.

LA SFIDA SPAZIALE

Per la parte “Space”, l’Intergruppo si occuperà soprattutto di “approfondire il dialogo con gli interlocutori dell’industria di settore”. L’organo, trasversale a commissioni e partiti, “è l’ambito migliore per l’incontro tra il Parlamento e gli stakeholder, potendo mettere in agenda momenti di confronto e scambio tra la politica e la società civile – ha detto Salini – soprattutto per coloro che, tra industria e ricerca, contribuiscono a rafforzare le capacità europee”. Il peso politico dell’Intergruppo servirà anche per monitorare gli sviluppi, tra le istituzioni comunitarie, del Programma spaziale europeo per il prossimo quadro finanziario 2021-2027, un progetto di cui Salini è relatore a Strasburgo.

LA QUESTIONE DELLE RISORSE…

La Commissione ha proposto, nel giugno del 2018, 13 miliardi di euro per il programma. In sede di negoziati tra Paesi membri nel Consiglio dell’Ue si è però rischiato di abbassare di molto la quota. Il rischio pare ora sventato, ma era stato lo stesso Salini a spiegarci la necessità di tenere alta l’attenzione. A dimostrazione dell’importanza del ruolo dell’Intergruppo c’è il fatto che il ripristino delle risorse attese è stato possibile anche grazie alla pressione dell’EuroParlamento, con il presidente David Sassoli a promettere da subito battaglia sul punto.

…E DELLA GOVERNANCE

L’altra sfida riguarda la riforma governance spaziale del Vecchio continente prevista dallo stesso Programma spaziale europeo. Consiste soprattutto nella trasformazione dell’attuale Gsa in Agenzia dell’Unione europea per lo spazio. Delicato in particolare il rapporto con l’Esa, agenzia esterna al contesto dell’Ue. L’Italia ha già chiarito la propria posizione, ribadita alla European Space Conference di Bruxelles dal sottosegretario Riccardo Fraccaro: “La Commissione e l’Euspa dovranno assicurare l’offerta di servizi e applicazioni per le istituzioni, gli Stati membri e i cittadini europei, mentre l’Esa svolgerà l’importante ruolo di principale design e contracting autority per l’Unione europea”.

IL NODO BREXIT

In entrambi i campi (Sky and Space), occorre poi monitorare gli effetti dell’uscita del Regno Unito dall’Unione europea. L’obiettivo è preservare i rapporti in un settore delicato come quello dell’aviazione e dell’aerospazio. Sul primo punto, l’obiettivo è stato chiarito da Salini: “Un assetto commerciale privo di dazi”. Da questo, secondo l’eurodeputato, dipenderà la competitività di Regno Unito e Unione europea, preservando “intatta l’ottima relazione scientifico-industriale sul fronte Sky e Space”.

Difatti, considerando gli intensi rapporti del comparto britannico con quello dell’Europa continentale, i dazi “rallenterebbero e renderebbero più costosi i passaggi della componentistica in tutta la filiera industriale”, ha spiegato Salini. Ciò riguarda anche l’Italia, che vanta legami piuttosto stretti con oltremanica. Non a caso, le stesse preoccupazioni sono state espresse a più riprese dalla prima azienda italiana del comparto, Leonardo, che ha nel Regno Unito circa settemila persone e costanti scambi di componenti per la manifattura. Già nell’estate del 2018, l’ad Alessandro Profumo definiva “molto preoccupante” lo scenario del “no deal”.

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