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Ecco perché non è fattibile un governo di transizione in Venezuela (c’entra il Covid-19)

L’impegno del governo degli Stati Uniti contro il regime di Nicolás Maduro non decade, nemmeno in tempi di coronavirus, anzi. Il presidente Donald Trump ha pubblicato un nuovo documento che riguarda il Paese sudamericano intitolato “Struttura di Transizione Democratica”, nel quale propone un governo di emergenza senza la guida di Maduro, ovviamente, ma nemmeno del presidente del Parlamento, Juan Guaidó, riconosciuto da una cinquantina di Paese come presidente ad interim del Venezuela.

Il piano, annunciato dall’inviato speciale degli Usa per il Venezuela, Elliot Abrams, sulle pagine del Wall Street Journal, include la cancellazione delle sanzioni imposte dagli Stati Uniti e dall’Unione europea, a condizione che siano liberati i prigionieri politici, si formi un Consiglio di Stato di transizione e si svolgano elezioni libere entro un anno.

La proposta è stata subito respinta dal regime di Maduro. Il ministro degli Esteri venezuelano, Jorge Arreaza, ha risposto con un secco “no” alla proposta presentata dal segretario di Stato americano, Mike Pompeo: “Le decisione del Venezuela si prendono a Caracas, perché non siamo sotto tutela né di Washington, né di nessun altra capitale”.

Non ci sono dubbi che la strategia americana sul Venezuela è cambiata. Una settimana fa sono state annunciate nuove sanzioni contro il regime di Maduro e i primi frutti sono stati raccolti: il generale Clíver Alcalá, accusato di avere legami con la rete di narcoterrorismo del Cartel de los Soles, si è consegnato. Tuttavia, lo sviluppo del piano non sarà facile.

Ronal F. Rodríguez, ricercatore dell’Osservatorio del Venezuela dell’Università del Rosario, ha spiegato al quotidiano El Espectador che non si può escludere dall’equazione la situazione elettorale degli Stati Uniti e gli effetti dell’epidemia Covid-19, specialmente nello stato di Florida, dove è presente una grande quantità di venezuelani e cubani: “Fino ad ora le proiezioni non danno un buon risultato della gestione di Trump della crisi e questo avrà conseguenze dirette nella dinamica elettorale […] Il piano è un messaggio che tranquillizza un po’ l’opinione pubblica in questo stato, anche se non è molto realistico e non si riuscirà a materializzare”.

Rodríguez fa il paragone con il piano di pace per l’Afghanistan, che “è nato morto, è stato un processo che non ha portato da nessuna parte. È stato solo un inganno per entrambi le parti. Nel caso del Venezuela si può ripetere nella stessa proporzione”.

Secondo l’esperto, il piano di Trump per il Venezuela non è realizzabile: “Bisogna essere realisti: ha bisogno di cooperazione internazionale per farlo, ed è impossibile in questo momento per il Covid-19 […] Le transizioni nel mondo non sono pacifiche, sono complesse. Il futuro non è armonico e tristemente alcuni settori dell’opposizione venezuelana sono così disperati che sono disponibili ad incendiarlo tutto”.

In un articolo pubblicato sul sito La Patilla, l’analista e ricercatore della Boston University, Carlos Blanco, ha sollevato il dubbio sul rappresentante di Maduro che farà parte del Governo di Emergenza Nazionale (Gen). Si è detto che non farebbero parte accusati di narcotraffico, terrorismo, corruzione o violazioni di diritti umani. Ma allora, chi?

“Diciamo che sono quelli della linea media – sostiene Blanco -, il presidente di qualche istituto autonomo, un governatore, il direttore di un’organizzazione, un generale capo di logistica […] un giornalista che si era sentito impegnato con la rivoluzione. Questi sono chavisti e può darsi che nessuno contesti la loro partecipazione al Gen. Ma c’è un problema: sono chavisti che non rappresentano il chavismo. Sono cittadini che hanno le loro opinioni […] e i cittadini – chavisti o non – non vogliono andare al Gen o al Consiglio paritario. Vogliono lavoro, pace, salute e libertà”.

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