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Dal Venezuela al Cile, così il coronavirus cambia la politica in Sudamerica

Di Rodolfo Marchi

Venerdì 22 maggio, in seguito ad una rapida crescita nel numero di casi di Covid-19 nella regione, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha designato il Sudamerica come un “nuovo epicentro” della pandemia. Il coronavirus ha colpito il continente durante un periodo di profondi cambiamenti politici, tra i quali possiamo citare le proteste in Venezuela, Bolivia e Cile.

L’evento che probabilmente ha generato maggior interesse in occidente è stata la crisi politica in Venezuela, culmine di diversi anni di manifestazioni contro il regime totalitario di Nicolás Maduro, asceso alla presidenza dopo la morte di Hugo Chávez nel 2013. Nonostante il supporto dato al presidente dell’Assemblea Nazionale Juan Guaidó da parte delle democrazie occidentali, il paese è in una situazione di stallo a causa del rifiuto da parte delle Forze Armate, le quali sono spesso l’ago della bilancia in questo tipo di situazioni nel continente, di supportare l’opposizione. La vita di tutti i giorni in Venezuela rimane dura a causa dell’iperinflazione e della mancanza di beni di prima necessità, il che ha costretto milioni di venezuelani ad emigrare all’estero. L’attuale situazione di instabilità ha avuto serie conseguenze sul sistema sanitario venezuelano, che a causa della mancanza di medicinali, attrezzatura ed in certi casi di energia elettrica non è in grado di rispondere alle esigenze della popolazione.

Già nel 2017, TV Brasil riportava che molte donne venezuelane si rivolgevano agli ospedali Brasiliani per partorire. Un’analisi di Human Rights Watch risalente ad aprile 2019 evidenziava un drastico calo della qualità del sistema sanitario venezuelano negli ultimi anni. Secondo lo stesso rapporto, i casi di malaria registrati in Venezuela nel 2017 erano 414.000, mentre nel 2009 erano 36.000, nel 2016 vi fu anche un incremento del 65% della mortalità materna e del 30% di quella infantile.

Sebbene il governo di Maduro abbia imposto una quarantena nazionale dopo la registrazione dei primi casi di Covid-19 in Venezuela, il terribile stato in cui versa il sistema sanitario, unito alla crisi politica ed economica che il paese sta vivendo aumenta il rischio che la pandemia di coronavirus abbia conseguenze disastrose. Un altro pericolo da considerare è che il governo di Maduro utilizzi la pandemia come scusa per aumentare ulteriormente il proprio controllo sul paese e sui cittadini.

Un altro paese che ha vissuto profondi cambiamenti è la Bolivia, a causa degli eventi accaduti dopo la vittoria del presidente uscente Evo Morales alle elezioni del 20 ottobre. Questa consultazione elettorale era già incredibilmente controversa a causa dei trucchi legali utilizzati da Morales, in carica dal 2006, per ricandidarsi una quarta volta, ignorando i risultati di un referendum costituzionale che bloccò l’eliminazione dei limiti di mandato dalla costituzione. Il 21 ottobre, in seguito alla proclamazione della vittoria di Morales, l’opposizione organizzò diverse manifestazioni in tutto il paese. Il 10 novembre, l’Organizzazione degli Stati Americani (Osa) pubblicò un rapporto preliminare che denunciava diverse irregolarità nel processo elettorale. Il giorno stesso, in seguito alla perdita di supporto da parte delle forze armate, le quali chiesero al presidente di fare un passo indietro per riportare la pace nel paese, Morales rassegnò le dimissioni e chiese asilo in Messico.

Sebbene la fuga di Morales pose fine alle manifestazioni da parte dell’opposizione, i suoi sostenitori considerarono l’evento come un golpe e continuarono a protestare fino al 21 novembre. A causa di una catena di dimissioni da parte dei politici nella linea di successione presidenziale, l’incarico di presidente ad interim ricadde su Jeanine Añez, vicepresidente del senato appartenente alle forze d’opposizione, con l’obiettivo di traghettare il paese verso nuove elezioni. Il 24 novembre la maggioranza pro-Morales e l’opposizione raggiunsero un accordo, e le due camere del congresso della Bolivia approvarono all’unanimità una legge bipartisan per annullare il risultato della votazione del 20 ottobre ed organizzare una nuova tornata elettorale, riportando stabilità al paese. Questa consultazione elettorale, inizialmente programmata per il 3 maggio, è stata rinviata a data da destinarsi a causa dell’arrivo del coronavirus nel paese. Il rinvio delle elezioni, unito alla minaccia posta dalla pandemia, rischia di compromettere il precario equilibrio che si era raggiunto in Bolivia, ed impedire una risoluzione pacifica dell’attuale situazione.

Anche il Cile, largamente considerato come lo stato più stabile, ricco e democratico della regione, sta attraversando un periodo turbolento. Durante il mese di ottobre, in seguito all’aumento del prezzo del biglietto della metro di Santiago del Cile, centinaia di migliaia di persone scesero in strada a manifestare. Seguendo un pattern molto comune nella regione le proteste iniziarono a causa di un singolo problema, ma successivamente si espansero per includere altre questioni sociali, come la diseguaglianza economica. Diverse regioni del Cile dichiararono lo stato di emergenza ed il coprifuoco. In seguito alle manifestazioni, il parlamento cileno convocò un referendum costituzionale per aprile 2020, successivamente posticipato ad ottobre a causa della pandemia. Nonostante le misure di quarantena imposte dal governo per fronteggiare il coronavirus, il paese permane in una situazione instabile. Il 21 aprile 2020 la Bbc segnalò che, delle proteste ebbero luogo a Santiago in violazione delle norme di distanziamento sociale; i manifestanti furono dispersi dalla polizia, che effettuò anche 14 arresti. In conclusione, la pandemia di Covid-19, combinata con l’attuale situazione di instabilità in Sudamerica, rischia di far cadere il continente in una lunga e profonda crisi politica, che potrebbe avere conseguenze disastrose sia a livello umanitario, che economico.

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