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Mark Esper rassicura la Nato. Gli Usa restano a difesa dell’Europa

Obiettivo rassicurazione. Dopo le turbolenze causate dall’annunciata riduzione della presenza americana in Germania, il capo del Pentagono Mark Esper è giunto questa mattina a Bruxelles. Destinazione: quartier generale della Nato. Da circa tre mesi gli incontri dell’Alleanza si tengono in rigorosa video-conferenza a causa dal Covid-19. Oggi, dopo la visita di alla base britannica di Mildenhall, Esper è arrivato di persona per un faccia a faccia con il segretario generale Jens Stoltenberg. In agenda “molte questioni da discutere”, dal contrasto alla pandemia ai missili russi, fino all’Afghanistan e all’ascesa cinese, con tutti gli occhi però puntati sull’annunciata riduzione della presenza Usa dalla Germania: da 34.500 unità a 25mila, a partire da settembre.

UN INCONTRO A TU PER TU

Il dossier sta facendo discutere da almeno due settimane l’Alleanza. Tra le prime indiscrezioni sul piano di ritiro e le comunicazioni ufficiali da parte di Washington sono passati numerosi giorni, abbastanza da indispettire le cancellerie europee. A cercare di tranquillizzare è intervenuto Jens Stoltenberg, che la scorsa settimana ha raccontato di essere stato avvertito da Donald Trump prima che il piano emergesse dalla stampa. “Nessuna decisione finale è stata presa su come e quando avverrà il ritiro”, diceva il segretario generale a margine dell’incontro con i ministri della Difesa, aggiungendo che “il segretario Esper ci ha detto molto chiaramente che gli Usa sono impegnati alla sicurezza europea”.

IL DESTINO DELLE TRUPPE

In occasione di quell’incontro virtuale, gli alleati hanno ottenuto da Esper la promessa a essere consultati sul prosieguo del progetto di riduzione. Risultati ribaditi martedì scorso da Stoltenberg di fronte all’autorevole platea del Brussels Forum, offuscati solo dall’incontro alla Casa Bianca (il giorno dopo) tra Donald Trump e il presidente polacco Andrzej Duda. “Stiamo per ridurre le nostre forze in Germania; alcune torneranno a casa, e altre andranno in altri posti; la Polonia sarà uno di questi”, spiegava Trump rilanciando il forte rapporto con Varsavia. “La Germania sta pagando miliardi di dollari alla Russia per forniture d’energia”, aggiungeva con riferimento al Nord Stream 2. “Tu spendi miliardi di dollari a favore della Russia, e noi ti difendiamo dalla Russia? credo che non funzioni così”. Oggi Esper ha detto di continuare “a sollecitare tutti gli alleati a raggiungere il target del 2% del Pil” visto che “dobbiamo fare molto di più per garantire la nostra sicurezza collettiva”.

TRA RASSICURAZIONE E DISTANZE

Il concetto era stato già espresso dal segretario di Stato Mike Pompeo, ospite mercoledì del Brussels Forum, anche lui ha insistere sui rapporti tra Mosca e Berlino: “La Russia resta un serio pericolo; spendere l’1% del Pil per la Difesa come fa la Germania significa non vederlo come tale”. Pure Pompeo confermava comunque la linea della ridistribuzione in altri Paesi europei per i 9.500 soldati in ritiro dalla Germania, impostazione inevitabile per non far arrivare il messaggio di un ripiegamento dal Vecchio continente. Anche Stoltenberg sembra essersi adeguato alla linea, ribadendo a ogni occasione utile come l’impegno Usa sia aumentato nell’ultimo anni tra Polonia e Repubbliche baltiche. “L’impegno degli Stati Uniti nei confronti della sicurezza europea rimane forte”, ha ribadito oggi nel corso dell’incontro con Esper. Impegno “incrollabile” nelle parole del segretario alla Difesa.

TRA RUSSIA E CINA

Certo, per la Nato restano problematiche le frizioni tra Washington e Berlino, soprattutto se sommate a quelle ormai imponenti tra Parigi e Ankara (qui un focus). Di dossier su cui serve compattezza ce ne sono in abbondanza, e forse per questo Esper ha fatto visita al quartier generale di Bruxelles. Al di fuori dei confini della Nato, l’attenzione è tutta per Mosca e Pechino. “Stiamo lavorando insieme per una risposta equilibrata ai nuovi missili della Russia, che sono pericolosi e destabilizzanti – ha detto Stoltenberg – e accogliamo con favore i colloqui tra Stati Uniti e Russia sul controllo degli armamenti”, iniziati questa settimana a Vienna in vista della scadenza, a febbraio, del New Start. Inoltre, ha aggiunto, “concordiamo sul fatto che, in quanto potenza globale in crescita, sia giunto il momento per la Cina di prendere parte al controllo globale degli armamenti”, punto molto caro a Washington. Affinché sia condiviso con gli alleati, Esper ha scelto la linea della rassicurazione sull’impegno Usa in Europa.

TRA CASA BIANCA E PENTAGONO

Rassicurazione che va inserita anche nelle dinamiche tra Pentagono e Casa Bianca. I precedenti proclami del presidente su vari ritiri militari (tra Siria e Afghanistan) sono sempre stati fattualmente ridimensionati dal dipartimento della Difesa, inseriti in piani progressivi e comunicati con alleati e partner. A ciò si aggiungono le distanze maturate tra Esper e Trump. Solo un paio di settimane fa, il Wall Street Journal raccontava di un presidente “furioso” con il suo segretario alla Difesa, reo di aver preso le distanze dal ricorso ai militari per sedare le proteste innescate dall’uccisione di George Floyd. Le dimissioni di Esper sarebbero state a un passo, evitate solo dall’intermediazione tra i due da parte di Mike Pompeo e altri fidati consiglieri di Trump.

IL CASO LIGADO

A dividere Casa Bianca e Pentagono resta inoltre il “caso Ligado”. A metà aprile, a dieci anni dalla richiesta, l’azienda Ligado Networks ha ottenuto dalla Federal communication commission (Fcc) l’autorizzazione a operare con i propri satelliti nella banda L dello spettro radio. Peccato che in tutti questi anni il Pentagono (insieme a tante altre agenzie federali) abbia avvertito sul rischio di interferenze per il sistema Gps. Il fatto che l’autorizzazione dell’Fcc sarebbe arrivata su richiesta diretta della Casa Bianca (interessata ai lavori dell’azienda per un 5G made in Usa), ha solo acuito le proteste di militari e utilizzatori del sistema di navigazione satellitare. Dal Congresso si sono levate voci autorevoli contro il via libera a Ligado, mentre gli utenti del Gps si sono riuniti in gruppo (la “Keep Gps Working Coalition”) per chiedere la revoca della licenza. Il portabandiera di tali rimostranze è proprio Mark Esper, autore dell’iniziativa “Protecting America’s Global Positioning System” con cui il Pentagono si è opposto ufficialmente alla decisione dell’Fcc.

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