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Buchi neri ed energia oscura. Il prof. D’Amico spiega il quinto stato della materia

Né liquido né solido. Né gassoso né plasma. È il quinto stadio della materia il condensato di Bose-Einstein (Bec), già teorizzato un secolo fa dallo scienziato tedesco insieme al matematico indiano Satyendra Nath Bose, e ora osservato nello Spazio grazie a un esperimento del California Institute of Technology, i cui risultati sono stati pubblicati oggi sulla rivista Nature. Cosa comporta? “L’ipotesi – ha spiegato a Formiche.net il professor Nichi D’Amico, presidente dell’Istituto nazionale di astrofisica, Inaf –  è che mentre l’Universo andava raffreddandosi ed espandendosi, si sono create aree di questo quinto stato che potrebbero corrispondere a quelle di materia che non riusciamo a vedere, come i buchi neri ”. Si apre (forse) una nuova fase di conoscenza della Spazio.

IL QUINTO STATO DELLA MATERIA

Il condensato di Bose-Einstein (Bec) si ottiene quando i bosoni (atomi con un eguale numero di protoni ed elettroni) sono portati a temperature vicine a quelle dello spazio profondo, prossime allo zero assoluto (0 Kelvin, -273,15 gradi centigradi). A quel punto, gli atomi si muovono all’unisono, comportandosi come onde (e non come particelle) e assumendo dunque le proprietà descritte dalla meccanica quantistica, disciplina che ha rivoluzionato la meccanica classica introducendo il concetto di dualismo onda-particella. Tecnicamente, ha spiegato il professor D’Amico, “si tratta di particelle soggette alla statistica di Bose, differenti da quelle soggette alla statistica di Fermi (i fermioni); queste ultime non possono restare nello stesso stato superando un certo limite di densità, a differenza dei bosoni che possono farlo a basse temperature”.

L’ESPERIMENTO

Tra gravità e temperatura, la Terra offre vincoli stringenti per ottenere i Bec, richiedendo uno sforzo notevole in termini di apparecchiature. A 400 chilometri dalla superficie terrestre, invece, la microgravità sulla Stazione spaziale internazionale (Iss) ha consentito di osservare i Bec per oltre un secondo. Ciò è accaduto nel 2018 grazie all’esperimento targato Nasa e California Institute of Technology (Caltech), il primo sui Bec nello Spazio dopo numerosi tentativi a Terra. È stato possibile grazie al Cold Atom Laboratory, una scatola iper-tecnologica attivata dagli astronauti sull’Iss, che ha raffreddato i bosoni di rubidio (metallo leggero) bloccandoli con dei laser per poi introdurre un campo magnetico al fine di far sovrapporre le onde dei singoli atomi. Poi, il campo magnetico è stato rilasciato. Il risultato? Il quinto stato della materia, simile al gas, ma con gli atomi a muoversi all’unisono, in un condensato, per oltre un secondo, per poi tornare rapidamente a respingersi.

LE PROSPETTIVE PER IL FUTURO

I risultati e i dettagli dello studio sono stati svelati oggi nell’ultimo numero della rivista Nature. Grazie alla microgravità, “siamo stati in grado di osservare gli atomi galleggiare completamente senza confini, e quindi non disturbati da forze esterne”, ha spiegato ad AFP Robert Thompson, alla testa del team di ricerca del Caltech di Pasadena. A cosa servirà tutto questo lo ha spiegato alla stessa agenzia di stampa lo scienziato David Aveline: “Le applicazioni spaziano dai test su relatività generale, ricerca di materia oscura e onde gravitazionali, fino alla navigazione dei veicoli spaziali e alla ricerca di minerali sotterranei sulla luna e su altri corpi planetari”.

L’IPOTESI SECONDO IL PROF. D’AMICO

“L’ipotesi dello studio è che mentre l’Universo andava raffreddandosi ed espandendosi, si sono create aree di questo quinto stato che potrebbero corrispondere a quelle di materia che non riusciamo a vedere, non osservabili direttamente nella banda elettromagnetica, come succede per i buchi neri e in generale per la materia oscura”. È un’ipotesi per difetto, ha aggiunto il professore: “Considerando che si è accertata l’esistenza di questo quinto stato della materia, e siccome in esso non c’è emissione di radiazioni elettromagnetiche, si ipotizza che possa essere lo stato in cui si trova la materia oscura, così come già sappiamo dei buchi neri, oggetti di cui non sappiamo nulla per via diretta poiché non scappa via luce per nessun motivo”.

LE PROVE INDIRETTE

Su questi misteriosi buchi neri, ha notato D’Amico, “abbiamo per il momento solo prove indirette; sappiamo ad esempio di Sagittarius A, un massiccio buco nero al centro della nostra Galassia, grazie allo studio sugli effetti gravitazionali che genera su ciò che gli orbita intorno”. Ora, capire quanto di questo quinto stato sia in giro dell’universo sotto forma quindi di materia oscura “è tutto un altro paio di maniche”, perché “servirebbe disporre di misure indirette di concentrazioni di materia in questa forma”. Solo da pochi anni, “abbiamo iniziato ad avere qualche evidenza di materia oscura sotto forma di buchi neri, come le recenti scoperte delle onde gravitazionali”, ha notato D’Amico. “Le conseguenze di tutto questo restano al momento abbastanza evanescenti”. È proprio qui, dunque, che “bisogna cominciare ad esplorare”.

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