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Fieri delle nostre fiere. L’appello di Fiorini (Lega) per rilanciare il settore

Di Benedetta Fiorini

Oltre il 50% dell’export italiano e ovviamente delle imprese e di quasi tutte le filiere è generato dalla partecipazione alle fiere. Senza di loro è impensabile ragionare su una strategia di ricostruzione per il rilancio, eppure rimangono chiuse. L’appello di Benedetta Fiorini, deputata della Lega

Nel 2020, secondo l’ultimo studio di Sace, il nostro Paese vedrà ridursi l’export di 50 miliardi di euro per effetto della Pandemia. 50 miliardi! Una cifra enorme frutto delle ripercussioni delle misure adottate per contrastare l’emergenza sanitaria e che avrà effetti devastanti su diversi settori economici, sul lavoro e sull’occupazione.

Una diminuzione causata principalmente dalla chiusura prolungata delle fiere e delle esposizioni italiane e internazionali e dalla mancanza di una strategia per sostenere il Made in Italy. I nostri quartieri fieristici sono allo stremo con perdite arrivate ad oltre l’80%, senza contare i danni – irreparabili – per l’indotto. Con sforzi enormi e grandi investimenti, nonostante le ingenti perdite, il comparto ha provato a ripartire il 1° settembre con grandi investimenti, realizzando 43 manifestazioni internazionali e 69 nazionali, ma con l’entrata in vigore del Dpcm del 24 ottobre sono state annullate di punto in bianco 13 manifestazioni internazionali e 46 nazionali che dovevano svolgersi tra la fine ottobre e la fine novembre: si pensi ad esempio che a Modena con il solo evento Skipass dal 29 ottobre al 1° novembre erano stati coinvolti 250 espositori.

Parma invece aveva organizzato dal 29 al 31 ottobre Mecspe, la fiera di riferimento per l’industria manifatturiera, con mille aziende partecipanti e gli stand già pronti, mentre Rimini aveva già programmato la manifestazione Ecomondo con 600-700 imprese presenti; inestimabili i danni per le fiere internazionali come il Mido, il più grande evento al mondo dedicato al settore mondiale dell’eyewear, l’occhialeria, che porta in Italia oltre 1200 espositori, o ancora il Vinitaly, il principale driver del nostro mercato vitivinicolo; e poi il Salone del Mobile di Milano, anche in questo caso la più importante fiera mondiale del settore con un evento correlato, il “Fuori salone”, che è diventato negli anni uno dei più importanti happening sulle tendenze dell’abitare e stili di vita; il Cersaie di Bologna, l’appuntamento più importante per l’industria delle piastrelle e materiali per l’architettura; il Cosmoprof, punto di riferimento per i prodotti di bellezza e la cura del corpo, un mercato in cui l’Italia eccelle, che organizza anche eventi in altri Paesi; il Salone nautico di Genova.

Una vera e propria catastrofe che può essere mitigata solo dichiarando lo stato di calamità per tutto il comparto (ai sensi dell’articolo 107, comma 2, lettera b), del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea), come ha proposto al Governo il presidente Aefi (Associazione Esposizioni e Fiere italiane) Maurizio Danese.

Per far fronte alle necessità immediate sono necessari aiuti a fondo perduto e lo svincolo dalle regole del ‘de minimis’ per l’utilizzo delle risorse già stanziate, altrimenti questo esecutivo porterà sulla coscienza la pesantissima responsabilità di aver condannato a  morte un settore nevralgico per l’economia del Paese e il Made in Italy.

Per sostenere il comparto in questo difficilissimo momento ho presentato una risoluzione al Parlamento che impegna il Governo ad intervenire subito con misure concrete su cui mi auguro di raccogliere il sostegno di tutti i colleghi al di là dell’appartenenza politica.

Ad oggi, il settore fieristico risulta tra quelli più danneggiati dal lockdown e dalle misure per contrastare l’emergenza sanitaria e la diffusione del contagio: secondo alcune stime la perdita registrata dagli operatori del settore è stata di circa il 40% nel primo trimestre, del 100% nel secondo trimestre ed è prevista del 60-80% per il terzo trimestre, per un ammontare di circa 125 miliardi con ripercussioni pesanti su tutti i settori dell’economia. Se non si interviene subito, tra qualche mese il bilancio sarà devastante sia in termini di produzione industriale sia di occupazione.

Per sostenere il comparto, già durante il primo lockdown ho proposto l’istituzione di un fondo di 600 milioni di euro e con l’emendamento AC 2500 all’art. 24 del Decreto rilancio, che mi ha visto prima firmataria, ulteriori “Misure fiscali in favore del rafforzamento della struttura patrimoniale del sistema produttivo italiano” per il settore delle fiere e altagamma.

Inoltre con un altro emendamento, ma al Decreto liquidità, ho chiesto e ottenuto un fondo di ulteriori 30 milioni di euro da erogare attraverso il credito d’imposta del 30% per le spese sostenute dalle imprese per la partecipazione a fiere e eventi internazionali cancellati o annullati per l’emergenza sanitaria. È impensabile ragionare su una strategia di ricostruzione per il rilancio dell’economia senza partire dalle fiere!

Oltre il 50% dell’export italiano e ovviamente delle imprese e di quasi tutte le filiere, infatti, è generato dalla partecipazione alle fiere e, come ribadito di recente il presidente dell’Aefi, l’associazione che rappresenta i principali operatori fieristici italiani, in audizione alla Commissione per le Attività produttive della Camera dei Deputati, per il 75,3% delle piccole e medie imprese italiane rappresentano il principale strumento di sviluppo. Eppure le fiere sono di nuovo chiuse.

I comparti legati alle fiere di maggiore rilievo, come il vino e i distillati con il Vinitaly o l’arredamento con il Salone internazionale del mobile di Milano, o ancora il settore agroalimentare con il Cibus di Parma e Tuttofood, o la nautica da diporto con il Salone nautico di Genova sono in grave difficoltà e con essi le nostre eccellenze, l’export e il Made in Italy.

Le fiere contribuiscono in maniera determinante, molto più di quanto immaginiamo, all’economia italiana e soprattutto al nostro export. È una vera e propria “industry” che coinvolge circa 200.000 espositori e attira oltre 20 milioni di visitatori all’anno di media. Con 2,3 milioni di metri quadri coperti su 4,2 milioni di mq complessivi, l’Italia è il quarto paese al mondo per superficie espositiva disponibile, dopo Cina, Stati Uniti e Germania. Le tre regioni italiane che esportano di più, Lombardia (27%), Emilia-Romagna (14,1%) e Veneto (13,7%), sono anche quelle con la più importante presenza di Fiere a richiamo internazionale.

Durante le fiere ogni anno si concludono affari per 60 – 80 miliardi di Euro e come tali non possono essere considerate la cenerentola del nostro sistema economico-produttivo. Nel mondo globalizzato la partecipazione ad una fiera è ancora strategica per il 90% delle imprese tant’è che nelle principali manifestazioni espositive non mancano mai, da qualche anno, anche i più grandi operatori del commercio elettronico e i loro buyers.

Prima del lockdown nessuno aveva mai pensato alle fiere come asset strategico, adesso ne stiamo riscoprendo il valore. Asset che va tutelato e promosso dalle mire di investitori internazionali al pari di altri settori per cui è previsto il Golden power, recentemente allargato e potenziato, anche se non come serviva. Il sistema fieristico italiano non si era mai fermato così a lungo. Se non corriamo ai ripari subito tra qualche mese il bilancio sarà molto pesante e non sarà semplice ricominciare!

Le fiere rappresentano da sempre il principale driver per il nostro sistema economico e del Made in Italy eppure il Governo le ha completamente dimenticate. Il Governo preveda subito una deroga alle disposizioni sugli aiuti di Stato: bisogna fare di tutto per salvare il comparto evitando il tracollo e una clamorosa svendita degli enti fieristici all’estero, favorendo con ciò i mercati concorrenti. Nel Decreto Ristori Bis venga attivato un fondo presso il Mise a compensazione dei danni subiti come conseguenza dell’evento eccezionale oltre che per le fiere internazionali anche per quelle nazionali, al fine di consentire la prosecuzione dell’attività e la promozione del sistema Paese.

Appena qualche giorno fa il presidente di Confcommercio Rimini ha ricordato che una fiera ha un fattore moltiplicatore di 10, cioè ogni euro speso ne porta altri 10, in termini di produzioni industriale ma anche per l’indotto. Chi partecipa ad una fiera alloggia in un albergo, pranza e cena in un ristorante locale, partecipa ad esperienze turistiche, diventa un testimonial del Made in Italy nel mondo.

Ma l’elenco potrebbe essere ancora più lungo. I danni di questo stop prolungato avranno effetti per almeno un decennio se non si predispone in tempi brevissimi un piano strategico per la ripresa. Penso, ad esempio, a incentivi alla partecipazione per le imprese; ad agevolazioni fiscali, anche nella forma del credito d’imposta, per le attività di comunicazione e promozione; a campagne di incoming internazionale.

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