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Bavagli e manette. Così Xi silenzia (di nuovo) Hong Kong

Confermato l’arresto della giovane attivista Agnes Chow. Ma alle nuove sanzioni americane si somma la dichiarazione del consigliere Jake Sullivan: “Siamo uniti ai nostri alleati e partner contro l’assalto della Cina alle libertà di Hong Kong e per aiutare i perseguitati a trovare un rifugio sicuro”

Non demorde la stretta del governo di Pechino contro i giovani leader che si battono a favore della democrazia a Hong Kong. L’ultima azione riguarda l’attivista Agnes Chow, che si è vista negare nuovamente la libertà su cauzione e dovrà restare in carcere.

La ragazza di 24 anni è accusata di avere partecipato nel 2019 ad un’assemblea non autorizzata nei dintorni della stazione generale della polizia. È stata condannata a 10 mesi di carcere insieme ai compagni del movimento Demosisto, Joshua Wong e Ivan Lam. Per loro invece la sentenza è di 13,5 e 7 mesi di reclusione, rispettivamente. I tre giovani sono stati incarcerati quando si sono presentati all’udienza in tribunale a fine novembre.

Per il giudice dell’Alta Corte Judianna Barnes sarebbe inutile presentare un appello per il caso di Chow. Secondo la difesa, la pena per Chow è troppo severa, perché non ha istigato alcuna violenza. Si tratta della prima volta che la ragazza è stata arrestata.

LA MANO DURA DI PECHINO

Nelle ultime settimane sono finiti dietro le sbarre molti attivisti e giornalisti che si oppongono al governo di Pechino. Questo martedì la polizia di Hong Kong ha arrestato 8 persone – tra cui molti ex legislatori – per avere fatto parte delle manifestazioni pro-democrazia l’estate del 2019 e contro la legge sulla sicurezza nazionale imposta dalla Cina.

Da quanto si legge sui loro post su Facebook, gli ex parlamentari Wu Chi-wai, Eddie Chu e Leung Kwok Hung sono stati arrestati nelle loro case.

Joshua Wong, anche lui in carcere, ha scritto in un post su Twitter: “Tutto questo dolore e sofferenza rafforzeranno il nostro coraggio e la nostra convinzione per la democrazia e la giustizia. Le gabbie non possono rinchiudere le anime”.

LA POSIZIONE AMERICANA  

L’escalation a Hong Kong preoccupa gli Stati Uniti, che hanno annunciato nuove sanzioni finanziarie e il divieto di ingresso nel territorio americano per i 14 vicepresidenti del Congresso nazionale del popolo, l’assemblea legislativa di Pechino. La motivazione riguarda il loro ruolo nell’approvazione della legge sulla sicurezza nazionale per fermare gli attivisti pro-democrazia a Hong Kong, nonché la squalifica dei deputati dell’opposizione eletti nell’ultimo processo elettorale.

La Cina ha reagito con rabbia alla mossa di Washington, accusando il governo americano di interferire in affari interni. In seguito, il vice ministro Zheng Zeguang ha convocato l’incaricato d’affari della rappresentanza diplomatica. In una nota pubblicata sul sito web, l’ambasciata americana ha riferito che l’incaricato d’affari aveva detto a Zheng che Pechino ha usato ripetutamente la legge per sopprimere la libertà di espressione a Hong Kong.

LA LINEA DI BIDEN

“Sono profondamente preoccupato per i continui arresti e incarcerazioni di attivisti pro-democrazia a Hong Kong. Siamo uniti ai nostri alleati e partner contro l’assalto della Cina alle libertà di Hong Kong e per aiutare i perseguitati a trovare un rifugio sicuro”. Con questo tweet Jake Sullivan, nuovo consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, ha lasciato intendere quale sarà la linea critica dell’amministrazione del presidente Joe Biden sulla Cina e i diritti umani e alla democrazia.

Per gli Usa, il governo cinese ha violato l’accordo che ha governato il ritorno di Hong Kong dalla Gran Bretagna alla Cina nel 1997, che prevedeva che sarebbe stato gestito per 50 anni secondo il modello “un paese, due sistemi”.

Il quotidiano Financial Times sostiene che alcuni repubblicani hanno espresso preoccupazione per il fatto che l’amministrazione Biden adotterà un approccio più morbido nei confronti della Cina rispetto a Trump: “Ma la sua squadra ha segnalato che Biden, che quest’anno ha definito il presidente cinese Xi Jinping un ‘delinquente’, seguirà una linea dura”.

E a garantire il mantenimento di questa linea sarebbe Sullivan, che “ha preso di mira la Cina in due dei soli sei commenti che ha pubblicato su Twitter da quando è stato nominato consigliere per la sicurezza nazionale – si legge sul Financial Times. L’altro tweet non ha menzionato direttamente la Cina per nome, ma è arrivato in mezzo a un battibecco diplomatico tra Canberra e Pechino. In questo, Sullivan ha detto che gli Stati Uniti ‘starebbero fianco a fianco con il nostro alleato Australia e raduneranno le altre democrazie per promuovere la nostra sicurezza, prosperità e valori condivisi’”.

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