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Così la Cina spia gli uiguri. Le accuse contro Alibaba

Il colosso cinese prende le distanze dalla denuncia di Ipvm, la principale fonte di informazioni sulla videosorveglianza nel mondo, sull’utilizzo della sua tecnologia per identificare i membri della minoranza etnica musulmana

Non è fatto per spiare i lavoratori uiguri in Cina. Così si difende il colosso della tecnologia, Alibaba, che ha deciso di prendere le distanze dalla notizia sull’utilizzo del software di riconoscimento facciale dell’unità di cloud computing per la sorveglianza di membri della comunità uiguri, minoranza etnica musulmana in Cina.

Con un comunicato ufficiale, la compagnia ha detto di essere “sgomenta nell’apprendere” che Alibaba Cloud ha sviluppato tale funzione. Da quanto si legge sull’agenzia Nova, la tecnologia sotto accusa è stata utilizzata solo per test di capacità, secondo Alibaba, e non è stata implementata da alcun cliente: “Non permettiamo e non permetteremo che la nostra tecnologia venga utilizzata per prendere di mira o identificare gruppi etnici specifici”.

Ma il rapporto di Ipvm, la principale fonte di informazioni sulla videosorveglianza nel mondo, il sistema software per identificare gli uiguri è proprio contenuto nel Cloud Shield di Alibaba. Si tratta di uno strumento capace di rilevare e riconoscere testo, immagini, video e voci contenenti pornografia, politica, terrorismo, pubblicità e spam e fornisce verifica, marcatura, configurazione personalizzata e altre funzionalità, secondo la descrizione della compagnia sul sito online.

Questo sistema, sostiene Ipvm, può eseguire l’attività di riconoscimento come “ispezione degli occhiali” o “rilevamento del sorriso”: “Di conseguenza, se un uiguro trasmette in diretta un video su un sito web registrato a Cloud Shield, il software può rilevare che l’utente è uiguro e contrassegnare il video per la revisione o la rimozione”.

Tuttavia, al momento dell’uscita del report, la menzione degli uiguri è scomparsa dal software e Alibaba ha spiegato che si trattava di un’opzione funzionante solo per i test di prova.

Sull’inseguimento contro gli uiguri e i campi di concentramento a Xinjiang, si è espresso anche il Parlamento europeo, condannando il sistema di lavoro forzato guidato da Pechino, per sfruttare non solo i membri di questa minoranza musulmana, ma anche l’etnia kazaka e del Kirghizistan.

In una risoluzione approvata ieri sullo stato dei diritti umani in Cina, il Parlamento europeo ha denunciato il continuo trasferimento di lavoratori forzati ad altre divisioni amministrative cinesi e che molte aziende europee si beneficino da questo lavoro forzato.

Infine, i parlamentari hanno esortato Pechino a porre fine alle detenzioni arbitrarie e ai processi senza accusa contro i membri degli uiguri, così come anche agli arresti di massa nei centri di detenzione.

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