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Italia, Nato e Stati Uniti. Cosa si muove per l’Afghanistan

Colloquio telefonico tra il Segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, e il ministro Lorenzo Guerini. Al centro della telefonata la situazione in Afghanistan, dove il ministro italiano si è recato nei giorni scorsi. Il tema è stato discusso anche tra Biden e Stoltenberg, in attesa della ministeriale di febbraio con Lloyd Austin

A vent’anni dall’inizio dell’impegno Nato, l’Afghanistan è tornato in cima all’agenda dell’Alleanza. Ieri, nel colloquio telefonico con il segretario generale Jens Stoltenberg, ne ha parlato il nuovo presidente americano Joe Biden. Oggi il dossier è stato al centro della telefonata tra Stoltenberg e il ministro Lorenzo Guerini, reduce da una visita nel Paese che ha confermato l’impegno italiano. Nei prossimi giorni il titolare di palazzo Baracchini ne parlerà con Lloyd Austin, capo del Pentagono, in attesa della ministeriale Nato prevista per il prossimo mese.

L’AFGHANISTAN

“L’Italia continuerà a fare la sua parte per l’Afghanistan”, ha spiegato oggi Guerini a Stoltenberg. “Insieme agli alleati – ha aggiunto – valuteremo attentamente tutte le ipotesi relative alla presenza della Nato senza decisioni unilaterali, ma secondo il principio da te indicato in together, out together, adjust together”. È la linea stessa dell’Alleanza, ribadita in tutti i vertici e gli appuntamenti recenti, ma messa comunque a dura prova dall’amministrazione targata Donald Trump, con l’ultima decisione di portare a 2.500 unità il contingente americano. L’attesa è dunque tutta per la posizione di Biden e Austin, con il primo test previsto nella ministeriale di Bruxelles.

“SPALLA A SPALLA”

La situazione sul campo resta complessa, tra gli attentati a firma talebana e lo stallo nei negoziati di pace intra-afghani. Il loro positivo esito è attuale precondizione per il piano di progressiva riduzione della missione Nato Resolute Support, a cui l’Italia contribuisce con circa 800 unità. Significa che, fino a quando non ci saranno le condizioni di sicurezza, il nostro Paese resterà in Afghanistan, “shona ba shona” con le istituzioni afghane, cioè “spalla a spalla”, come detto ieri da Guerini nel corso dell’incontro a Kabul con il presidente Mohammad Ashraf Ghani. “Nel corso delle visita – ha spiegato oggi Guerini a Stoltenberg – ho ribadito che l’Italia continuerà a fare la sua parte per il loro Paese e che, insieme agli alleati, con cui ci riuniremo a Bruxelles in febbraio, valuteremo attentamente tutte le ipotesi allo studio”.

RIPENSARE LA MISSIONE

È alla ministeriale che la Nato deciderà dunque come rimodulare la missione Resolute Support, che dal 2015 ha sostituito la precedente Isaf, scattata dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, unico caso nella storia dell’Alleanza Atlantica di attivazione dell’art. 5 del Trattato, la clausola di difesa collettiva. A Stoltenberg il ministro italiano ha detto che “qualsiasi decisione sull’evoluzione della missione nel Paese asiatico dovrà essere presa in maniera coordinata con tutti gli alleati”, una sottolineatura rilevante che punta a impedire allunghi scomodi da parte dei singoli Stati partecipanti.

LA LOTTA AL TERRORISMO

Il dossier è stato trattato ieri da Stoltenberg e Biden, nell’ambito del tema del “contrasto al terrorismo internazionale”. Tra le righe ci potrebbe essere l’indicazione sulla rimodulazione della missione, dirottata maggiormente sull’anti-terrorismo, come lasciava presagire lo stesso Lloyd Austin nell’audizione al Senato per la sua conferma al vertice del Pentagono. Nonostante il cambio di presidenza, infatti, la priorità per Washington è evitare che il Paese torni a essere un “safe haven” per al Qaida e lo Stato islamico. Non è un caso che gli Stati Uniti, nel corso dei negoziati di Doha, abbiano posto come condizione al proseguo del dialogo la rottura di tutti i collegamenti tra talebani e gruppi terroristici.

IL COLLOQUIO TRA BIDEN E STOLTENBERG

L’obiettivo per la Nato è non perdere quanto raggiunto finora, e dunque garantire condizioni di stabilità e sicurezza. Su questo serve l’appoggio determinato degli Stati Uniti, presenti ora con 2.500 unità, ma comunque detentori di diverse strutture abilitanti fondamentali per la missione. Si attende dunque la ministeriale Nato di febbraio per capire la postura sul tema da parte della nuova amministrazione. Di certo ci saranno toni più concilianti e tradizionali, come emerso dalla nota della Casa Bianca sul colloquio tra Biden e Stoltenberg. Il presidente “ha ribadito l’impegno degli Stati Uniti per la difesa collettiva ai sensi dell’articolo 5 del Trattato del Nord Atlantico e ha sottolineato il suo impegno a rafforzare la sicurezza transatlantica”. Ha inoltre “sottolineato l’importanza di valori condivisi e del dialogo”.

LE PAROLE DI AUSTIN

Parole concilianti come quelle pronunciate sul tema da Lloyd Austin. Poco dopo l’insediamento al Pentagono, la prima chiamata ufficiale del segretario alla Difesa è stato per Jens Stoltenberg. Gli ha confermato l’impegno “risoluto” degli Stati Uniti per l’Alleanza Atlantica e “l’apprezzamento per il lavoro di gruppo”. Nei prossimi giorni Austin raggiungerà Guerini. In agenda gli stessi temi, con un occhio all’Afghanistan, tornato all’apice dell’agenda Nato.

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