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Chi (e perché) vuole portare l’ecocidio alla Corte penale internazionale

Un movimento cerca di fare approvare una legislazione internazionale sui reati ambientali, che sarebbero paragonati a genocidi, crimini contro l’umanità e crimini di guerra. Ma la complessità per determinare la precisa volontà di chi ha commesso, e la responsabilità non solo di individui ma anche di aziende multinazionali, rende il processo molto difficile

È partita la campagna internazionale “Stop Ecocidio” con il sostegno di un gruppo di leader mondiali e parlamentari che cercano di categorizzare la distruzione di ecosistemi e l’estinzione di specie come “ecocrimini”, da punire alla Corte penale internazionale. Se passasse questa proposta, questi reati ambientali sarebbero paragonati ai genocidi, crimini contro l’umanità e crimini di guerra.

A sostenere l’iniziativa ci sono leader di alto livello, come Papa Francesco e il presidente francese Emmanuel Macron. Per il Santo padre, come si legge sul sito dell’Nbc, l’ecocidio è la “massiccia contaminazione di aria, terra e acqua” o “qualsiasi azione in grado di produrre un disastro ecologico” e per questo propone di renderlo anche un peccato per i cattolici romani.

Secondo uno studio di Environmental Research, citato dall’Nbc, il cambiamento climatico ha sfollato più di 10 milioni di persone negli ultimi sei mesi, mentre l’inquinamento da combustibili fossili uccide nove milioni di persone ogni anno. Sui rischi di estinzione, è minacciato un mammifero su quattro, e quattro anfibi su dieci.

Una dozzina di esperti legali sono impegnati nella redazione della bozza della nuova normativa, che cerca di creare la fattispecie di reato e di introdurre la parola “ecocidio”. Il lavoro è cominciato a gennaio e l’obiettivo è presentare pubblicamente un testo definitivo entro giugno di quest’anno agli Stati firmatari dello Statuto di Roma.

Il termine è stato usato per la prima volta negli anni ‘70 dal politico svedese Olof Palme. All’epoca si riferiva specificamente all’uso di erbicidi da parte dell’esercito americano nelle foreste del Vietnam dove si nascondevano i comunisti.

Ma è stata l’avvocatessa scozzese Polly Higgins a formare un gruppo di esperti riconosciuti dalle Nazioni Unite per riconoscere il reato di ecocidio a livello internazionale. Tra loro Dior Fall Sow, Kate Mackintosh, Richard J. Rogers, Tuiloma Neroni Slade, Syeda Rizwana Hasan, Valérie Cabanes e Rodrigo Lledó.

Il movimento Stop Ecocidio è impegnato nell’approvazione della normativa internazionale, ma anche in nuove leggi nazionali. Saskia Bricmont, eurodeputata belga, ha spiegato a DW che l’ecocidio “è imprescindibile per rafforzare la capacità della Corte penale internazionale di perseguire le grandi imprese per danni ambientali e perché si assumano la responsabilità penale e l’obbligo di risarcimento delle vittime”. Ad aprile, il Parlamento europeo voterà un report chiedendo al governo per introdurre l’ecocidio nella legislazione nazionale.

Per alcuni analisti il percorso internazionale è molto complesso perché riguarderà non solo individui ma soprattutto aziende multinazionali. Ci sarà il problema di determinare il dolo nel compiere il reato e gli interessi economici coinvolti.

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