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Green pass, semestre bianco e consenso. Come si muovono i partiti

Di Fb Bubbles

FB Bubbles, divisione di FB&Associati specializzata in analisi del dibattito pubblico e campagne di advocacy, ha preso in esame le dinamiche del dibattito social e politico-istituzionale sul Green Pass, per interpretare gli impatti di questo dibattito in termini di consenso politico

Introduzione

Da oltre un anno la pandemia ha totalizzato il dibattito pubblico, politico, istituzionale, oltre che mediatico. Scavalcando i recinti dei tecnicismi di medici, scienziati e virologi, modi, metodi e strategie per il contrasto della pandemia sono diventati di pubblico dominio, sottoponendosi anche alla gogna dell’opinione pubblica.

A partire da luglio, un posto d’onore ha riguardato l’introduzione del certificato verde – ultimamente esteso dal Governo anche per l’accesso a scuole, Università nonché luoghi di lavoro pubblici e privati – che, oltre a fare dell’Italia, assieme alla Francia, uno dei Paesi apripista nell’adozione di simili strumenti, ha anche attirato attorno a sé un aspro nugolo di polemiche, infiammando la discussione politica e mediatica.

Il dibattito sviluppatosi intorno al green pass ha visto momenti di forte disallineamento, anche all’interno di singole forze politiche. La Lega, sempre più in competizione con Fratelli d’Italia, ha approvato la misura in sede di Consiglio dei ministri, per poi sollevare una forte opposizione, anche attraverso il voto contrario alla sua introduzione in Parlamento, agitando e determinando reazioni all’interno della maggioranza che oggi sostiene il Governo Draghi. FB Bubbles, divisione di FB&Associati specializzata in analisi del dibattito pubblico e campagne di advocacy, ha preso in esame le dinamiche del dibattito social e politico-istituzionale sul certificato verde, per analizzare e interpretare gli impatti di questo dibattito in termini di consenso politico.

Il dibattito parlamentare

Analizzando il dibattito parlamentare si riscontra dunque una certa diversità nell’approccio al tema. Da un lato, Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle sembrerebbero, alla luce degli atti parlamentari presentati, convergere non solo sull’utilità del green pass, ma anche sulla necessità di ampliarne l’utilizzo. Basti pensare che, al netto della quantità di atti presentati – il 10% ed il 24% sul totale, rispettivamente, per PD e 5S – ciò che colpisce è il contenuto degli stessi: da entrambi gli schieramenti, infatti, si chiede al Governo di estendere l’uso del green pass ad ambiti ulteriori, rispetto a quelli già previsti – ad esempio, per far ripartire il turismo. Anche nel corso della discussione sul decreto green pass i partiti di Letta e Conte hanno remato nella stessa direzione, approvando un emendamento che estende la validità del certificato da sei a dodici mesi. Si assisterebbe, pertanto, al consolidamento del rapporto tra i dem ed i 5S, che, convergendo ancora una volta, potrebbero aver compiuto un altro passo avanti nella costruzione di un nuovo centro-sinistra.

Spostando il focus sull’altro lato dell’emiciclo, l’atteggiamento di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia sembrerebbe divergere. Il primo, infatti, parrebbe più allineato alle scelte del Governo, né contestandole né proponendo sostanziali modifiche ai provvedimenti adottati. Sull’annoso tema dell’estensione del green pass, almeno in alcuni passaggi, sembrerebbe registrarsi invece una comunanza d’intenti tra Lega e Fratelli d’Italia. Quest’ultimo, da unico partito d’opposizione, si è infatti battuto per restringere l’ambito di applicazione del certificato verde, proponendone, ad esempio, l’esclusione per i ristoranti al chiuso.  Proprio quest’ultima proposta è stata sostenuta anche dal partito di Matteo Salvini, che l’ha votata in Commissione, suscitando non poche polemiche all’interno della maggioranza. Tuttavia, pur avendo presentato, in quella sede, 900 emendamenti, su 1300 totali, al decreto che ha introdotto il green pass, la Lega – coerentemente con la scelta fatta in Consiglio dei ministri – non ha fatto mancare il proprio appoggio al Governo, accettando di ritirare tutte le proposte di modifica presentate in Aula. Un simile atteggiamento potrebbe essere spiegato, oltre che dalla già richiamata competizione intestina tra Lega e FdI, anche dalla volontà del Carroccio di non rinunciare, all’occorrenza, a battere i pugni sul tavolo e, contemporaneamente, accreditarsi come credibile forza di Governo.

Il dibattito social

Da un’analisi delle conversazioni online degli ultimi 90 giorni appare evidente che siano stati tre i principali accadimenti che hanno incrementato la salienza della issue alimentando il dibattito pubblico e politico sul tema green pass. In primo luogo, la conferenza stampa di Mario Draghi del 22 luglio con la quale è stata resa nota la decisione del Consiglio dei Ministri di introdurre, a partire dal 6 agosto, l’obbligo della certificazione verde in alcuni settori al fine di garantire l’esercizio in sicurezza di attività sociali ed economiche. Con oltre 255 mila citazioni e un volume di engagement pari a 3.4 milioni di interazioni la notizia ha monopolizzato l’attenzione mediatica, soprattutto a seguito delle agitazioni durante le manifestazioni contro il green pass organizzate nelle principali città italiane. Anche sul fronte politico la notizia ha acceso il dibattito: 258 stakeholder istituzionali si sono esposti attraverso i propri social per sostenere o condannare l’inasprimento delle misure anti-Covid così pensate. Come rilevato a livello parlamentare, anche online la questione green pass è stata divisiva tra centro-sinistra e centro-destra. Infatti, se da un lato M5S e PD confermano di essere in linea con le decisioni del Governo e mostrano la comune strategia di rilanciare il messaggio che “il green pass è lo strumento per continuare ad aprire in sicurezza attività, spazi e servizi” (Stefano Bonaccini); dall’altro Fratelli d’Italia e Lega si fanno portavoce del dissenso di chi in questa manovra vede un “lasciapassare che lede la libertà dei cittadini e devasta ulteriormente l’economia” (Giorgia Meloni). Unica eccezione nella compagine di centro-destra è rappresentata da Forza Italia, per cui la certificazione “equivale all’obbligo dello Stato di proteggere (…) non solo la salute dei suoi cittadini ma anche l’economia” (Renato Brunetta).

Focus: green pass e scuole

Nonostante l’approssimarsi dell’avvio del nuovo anno scolastico, e contrariamente a quanto ci si sarebbe aspettato, l’uso o meno del green pass nelle scuole, almeno per il momento, non avrebbe acceso il dibattito parlamentare. Gli atti presentati sul tema, infatti, sarebbero quantitativamente poco rilevanti (meno di dieci) e, sotto il profilo qualitativo, incentrati – per buona parte – verso l’obiettivo di scongiurare il ritorno alla didattica a distanza. È bene sottolineare, tuttavia, che l’attenzione al tema potrebbe crescere significativamente alla luce dell’approvazione – e della presentazione al Parlamento – del decreto approvato nel Cdm del 9 settembre, che ha introdotto l’obbligo di green pass in scuole ed Università. L’analisi delle conversazioni online degli ultimi tre mesi conferma quanto anticipato. A fronte di un massiccio coinvolgimento in rete degli stakeholder istituzionali sulla issue green pass sono oltre 600 gli attori politici che attraverso i propri canali social hanno alimentato il dibattito tematico – solo 178 hanno dedicato attenzione al back to school. Rispetto a quanto detto fino ad ora è interessate notare un fattore distonico: Movimento 5 Stelle e Lega (i due gruppi più attivi nel merito con rispettivamente 53 e 49 uscite social), che nel dibattito generale si assestano su posizioni diametralmente opposte, su questo micro-tema vedono in buona parte convergere le proprie istanze. Pentastellati e leghisti si trovano infatti concordi nell’inquadrare come discriminatorio l’obbligo del green pass in scuole e università.

Tuttavia, nonostante il limitato dibattito politico, è proprio sul tema scuola e università che si registrano gli altri due importanti picchi di salienza nel dibattito online sul green pass: il primo attorno al 7 agosto, con l’approvazione del nuovo decreto che estende l’obbligo del passaporto verde anche a scuola, università e trasporti a lunga percorrenza; il secondo con la eco generata la prima settimana di settembre dall’appello firmato da centinaia di docenti universitari contro l’obbligatorietà del green pass. Le oltre 4 milioni di interazioni rivelano con chiarezza che per l’opinione pubblica l’istruzione, in tutte le sue declinazioni, è un elemento fondamentale e imprescindibile nel dibattito sulla certificazione verde. Ad alimentare, di recente, le conversazioni tematiche in rete è stata la sottoscrizione dell’appello da parte di Alessandro Barbero, storico torinese e noto divulgatore televisivo, che già ad inizio settembre si era espresso così in merito al provvedimento del Governo: “non c’è nessun obbligo, per carità…semplicemente non puoi più vivere, non puoi più prendere treni, non puoi più andare all’università” (Alessandro Barbero).

Conclusioni

Nonostante l’evoluzione magmatica delle posizioni dei partiti – complice un’esperienza di Governo che coinvolge quasi tutto l’arco parlamentare – dall’analisi dei dati due sono gli elementi che balzano all’occhio: da un lato, l’atteggiamento della Lega che, sostenendo il green pass e, al contempo, opponendovisi, sembrerebbe cercare di tenere assieme l’anima governista e quella di opposizione. Dal punto di vista elettorale, una spiegazione di questa strategia potrebbe individuarsi nella volontà di accreditarsi come forza responsabile ma, contemporaneamente, non perdere – almeno in potenza – il voto d’opinione legato alla variegata galassia dei “vaccino-scettici”.  D’altro canto, Fratelli d’Italia rimane saldamente ancorata al suo ruolo di unico partito all’opposizione e ribadisce, sia sul fronte social che parlamentare, la contrarietà allo strumento. Altro dato non trascurabile è la sostanziale convergenza di PD e M5S. I due principali azionisti del Governo Conte II, infatti, remano ancora una volta nella stessa direzione, nell’ottica, oramai dichiarata, di consolidare sempre di più il proprio rapporto per arrivare alle elezioni del 2023 a proporre all’elettorato una coalizione – pur nelle esistenti divergenze – credibilmente coesa.

È necessario, a questo punto, capire il perché forze politiche appartenenti alla stessa maggioranza non solo la pensino tanto diversamente, ma non manchino, in numerose occasioni, di evidenziare tale diversità. Due parole potrebbero spiegare questa situazione: semestre bianco. In questo periodo – ossia gli ultimi sei mesi di mandato del Presidente della Repubblica – il Capo dello Stato, secondo il dettato costituzionale, non può sciogliere le Camere, a meno che il semestre non coincida, in tutto o in parte, con gli ultimi sei mesi della legislatura. Questo potere, ora limitato, consentirebbe al Presidente di mettere fine alla legislatura prima del tempo qualora, nelle condizioni attuali, non si riuscisse a trovare una quadra nella maggioranza parlamentare. In altre parole, se non fossimo entrati nel semestre bianco Mattarella – considerato quello di Draghi come un Governo di unità nazionale – avrebbe potuto chetare gli animi delle forze politiche, inducendole ad abbassare il livello dello scontro, brandendo come strumento di moral suasion proprio lo scioglimento delle Camere che, a sua volta e nell’impossibilità di trovare i numeri in Parlamento per formare un nuovo Esecutivo, avrebbe portato ad elezioni anticipate. In poche parole, un (quasi) liberi tutti.

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