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Non è un Paese per donne. Che fine hanno fatto Peng e Zhang in Cina

Da 10 giorni non si hanno notizie della tennista che ha denunciato un alto funzionario cinese per abusi sessuali. Mentre la giornalista condannata per aver dato notizie sulla pandemia (e sulla sua cattiva gestione iniziale) si trova in fin di vita in carcere

Una notizia che ha sconvolto il mondo sportivo, e non solo, è la denuncia della tennista cinese Peng Shuai. La giovane ha dichiarato di essere stata vittima di abusi sessuali da parte di un alto funzionario del governo di Pechino, l’ex vicepremier Zhang Gaoli.

La Women’s Tennis Association (Wta), associazione che riunisce le tenniste professioniste di tutto il mondo, ha dichiarato che la denuncia è “molto preoccupante”, e ha chiesto l’apertura di un’indagine “completa, giusta, trasparente e senza censura”.

Il pronunciamento ufficiale avviene in un momento di apprensione, giacché da 10 giorni non si hanno notizie di Peng. I suoi account social sono stati cancellati ed è scomparsa ogni sua traccia da Weibo, la piattaforma da dove ha accusato Zhang.

Con l’hashtag #WhereIsPengShuai, chi segue la tennista, campionessa del doppio a Wimbledon nel 2013, ha espresso preoccupazione per la sua incolumità. La giocatrice Chris Evert ha scritto su Twitter: “Sì, queste accuse sono molto inquietanti. Conosco Peng da quando aveva 14 anni; tutti dobbiamo essere preoccupati, questo è molto serio. Dove sta? Sta bene? Qualsiasi informazione è benvenuta”.

Il tennista britannico Liam Broady ha scritto: “Non possiamo credere che questo stia accadendo nel XXI secolo”. Il 4 novembre, i messaggi di Peng sono stati cancellati. La giovane sportiva aveva scritto che l’ex viceministro Zhang Gaoli, uno dei politici più potenti del regime di Xi Jinping, l’aveva violentata tra il 2013 e il 2018. La censura cinese ha bloccato qualsiasi menzione all’argomento sui motori di ricerca e i social network e non si hanno notizie di Peng.

Molto preoccupante anche la situazione della blogger Zhang Zhan, condannata a quattro anni di carcere a Shanghai per avere denunciato la cattiva gestione sanitaria a Wuhan, all’inizio della pandemia. La giornalista si trova in questo momento in fin di vita, dopo un lungo sciopero della fame.

L’accusa contro Zhang, che è anche avvocato e attivista per i diritti umani, è di avere “provocato litigi e problemi”, un reato molto vago applicato frequentemente per motivi politici in Cina.

Per tre mesi, Zhang ha diffuso sui social quanto accadeva a Wuhan e la copertura mediatica non è piaciuta al regime cinese. Famigliari e amici della giovane hanno chiesto che sia assistita da medici e liberata immediatamente.

Zhang Zhan “rischia di morire se non viene curata urgentemente”, ha chiesto in una nota Amnesty International. Cedric Alvian, capo dell’Ufficio di Asia Orientale di Reporter senza frontiere (Rsf) ha dichiarato che “la comunità internazione deve essercitare pressione sul regime cinese per assicurare la liberazione immediata di Zhang Zhan prima che sia troppo tardi”.

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