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Afghanistan, la ribellione delle donne. E gli Usa nominano una inviata speciale

Nuovi divieti per le donne afgane. Che però manifestano e chiariscono: “Non siamo le donne di 20 anni fa . Abbiamo istruzione e non resteremo in silenzio sotto il regime talebano”. E l’Occidente? Dagli Usa la nomina di Rina Amiri, inviata speciale per la difesa dei diritti delle donne in Afghanistan

Continua la repressione in Afghanistan. I talebani hanno vietato i viaggi a lunga percorrenza (72 chilometri) per le donne che non sono accompagnate da un maschio della famiglia.

La misura è stata emessa dal ministero Talebano per la Promozione della Virtù e la Prevenzione del Vizio ed è entrata in vigore domenica 26 dicembre. Questa nuova limitazione si aggiunge ad una lunga lista di divieti al femminile, tra cui la chiusura delle scuole medie per le bambine e la proibizione di lavorare per le donne, nonché il divieto di apparizioni in serie televisive e l’uso del velo alle giornaliste e presentatrici tv.

L’organizzazione internazionale per i diritti umani Human Rights Watch (HRW) ha denunciato che queste nuove restrizioni sono un altro passo verso la reclusione totale delle donne afgane.

Heather Barr, direttrice per i diritti delle donne di Hrw, ha dichiarato che con questo decreto si spengono le opportunità delle donne per muoversi liberamente e di fuggire in caso di violenza domestica.

In seguito a questo divieto, decine di donne hanno protestato nelle strade afgane, insieme ai propri figli. “Non siamo le donne di 20 anni fa – ha detto una delle manifestanti interpellata da Abc -. Abbiamo istruzione e non resteremo in silenzio sotto il regime talebano”.

Nico Piro, inviato del Tg3 e autore di “Corrispondenze Afghane e Afghanistan Missione Incompiuta”, ha scritto in un thread su Twitter che sono “poche ma resistenti. I talebani stanno sbagliando i loro conti nel mettersi contro le donne. Il ’96 è passato da un pezzo”.

“#29dicembre #Afghanistan oggi a Kabul manifestazione di donne – presumibilmente vicine al regime – che reclamano lo sblocco dei fondi del governo afghano – si legge su Twitter -. È una chiara risposta ‘patriottica’ alle manifestazioni delle donne di ieri al grido di pane, lavoro, libertà merita però una riflessione e non solo sul fatto che oggi i talebani non hanno disperso la manifestazione sparando in aria come ieri. Da mesi denuncio che l’Occidente sta guardando milioni di afghani avviarsi verso la fame ma senza una strategia diplomatica si corre il rischio di fare danni”.

Il giornalista spiega che “spesso talebani stanno distribuendo aiuti internazionali (sacchi di riso per esempio) di fatto prendendosene il merito. L’Occidente – lo ripeto – deve uscire dalla sindrome dello sconfitto e dei ‘talebani cattivi’, aprire il dialogo, usare gli aiuti come leva per garantire il consolidamento dei pur fragili progressi di questi anni, a cominciare da tutele per i giornalisti, scuole aperte per le ragazze, le donne di nuovo al lavoro. Altrimenti si rischia di far troppo poco e di favorire lo status quo. Un doppio danno. Anche perché se ISKP torna forte cosa farà l’Occidente se non rivolgersi ai talebani per tenerlo a bada?”.

Intanto, gli Stati Uniti hanno nominato un’inviata speciale per la difesa dei diritti delle donne afgane, Rina Amiri. Con una nota ufficiale, il Dipartimento di Stato americano ha dichiarato che l’inviata “lavorerà su temi importanti per l’amministrazione e la sicurezza nazionale: i diritti umani e le libertà fondamentali delle donne. Vogliamo un Afghanistan pacifico, stabile e sicuro, dove tutti gli afgani possano vivere e prosperare nell’inclusività politica, economica e sociale”.

“L’importante lavoro dell’inviato speciale Amiri – ha aggiunto – sarà integrato dai contributi di Stephenie Foster, il nuovo consulente senior per le questioni relative alle donne e alle ragazze all’interno della squadra del coordinatore del dipartimento per gli sforzi di ricollocamento in Afghanistan (Care)”.

Entrambe hanno già ricoperto incarichi di alto livello. Amiri, americana di origini afghane, è stata rappresentante speciale per l’Afghanistan e Pakistan nell’amministrazione del presidente Barack Obama e membro del team per l’Afghanistan del segretario generale delle Nazioni Unite. Foster invece ha lavorato nel Dipartimento di Stato e in organizzazioni private.

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