Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

La guerra spiegata a mia figlia. Un tentativo…

Anche la guerra ha una radice psicologica. E Chiara Buoncristiani, giornalista e psicoterapeuta, prova a spiegarla alla figlia, nove anni

Mamma, perché fanno la guerra? La domanda di mia figlia, nove anni, arriva il giorno dell’annuncio dell’attacco russo in Ucraina. Tanto precisa lei, quanto spiazzata io. “Hai presente, le rispondo, quando non riesci a metterti d’accordo con tua sorella e alla fine vi tirate i capelli e vi date i calci”?
In fondo anche la guerra ha una radice psicologica.
Penso a quello che osservava Freud cento anni fa di fronte alla coazione, propria di noi animali razionali, a risolvere nel sangue i conflitti che non possiamo elaborare. Poi penso alle parole di un bellissimo film di qualche anno fa: “C’è una sottile linea rossa che separa il sano dal pazzo. C’è una sottile linea rossa che separa il paradiso dall’inferno, la vita dalla morte. C’è una sottile linea rossa che separa il bene dal male, la pace dalla guerra. O meglio, c’era una sottile linea rossa ed ora non c’è più”.

Insiste mia figlia, la guerra c’è perché ci sono persone cattive? Nasciamo con istinti che sono in contrapposizione, di amore e aggressività, sia verso noi stessi sia verso gli altri. Se non siamo consapevoli della nostra tendenza a vivere anche pulsioni distruttive, potremmo pensare che alcuni esseri umani sono buoni e bravi, mentre altri no. Questa è un’idea affascinante e seduttiva, che in un certo senso usiamo per “proteggerci”. Così possiamo mantenere viva l’illusione che il male non esista, così possiamo dirci che una guerra in Europa non potrà mai scoppiare. Così possiamo volgere lo sguardo altrove.
Ma questo inevitabilmente ci porta a negare alcuni aspetti del mondo che purtroppo sono molto reali: l’esistenza della violenza, della sopraffazione, di razzismo e guerra. Al contrario, gli istinti aggressivi muovono tutti noi e per trasformarli in energia sana, energia di vita anziché distruttiva, non basta una buona riserva di “amore”. Serve che la speranza e la fiducia prevalgano sulla disperazione.

Mamma, Putin è pazzo? Qui mi vengono in mente le parole di Madina Tlostanova, la critica letteraria russa che ha descritto condizioni esistenziali della Russia contemporanea: “Non c’è più nessun futuro nelle condizioni di privazione e umiliazione odierne. Le persone post-sovietiche apparentemente mandate in fondo alla fila, in realtà, erano semplicemente escluse dalla storia. Ci siamo trovati nel vuoto, in un luogo problematico abitato da persone problematiche. Ed è stata questa situazione di non avere nulla da perdere che ha plasmato il pericoloso risentimento post-imperiale di oggi”.

Mamma perché ha attaccato proprio adesso? Non so rispondere a questo. Se sapessi di finanza forse azzarderei che ci sono ragioni economiche, interessi intrecciati, collusioni che in questo momento sono arrivate a un punto di non ritorno. Se sapessi di geopolitica forse direi che la Russia aveva paura di essere accerchiata dalla Nato dopo che con l’Europa non aveva potuto, o voluto, condividere un nuovo ordine, dopo la confusione generata dalla fine della guerra fredda. Se fossi l’analista di Putin potrei temere che l’isolamento e la paranoia da lockdown abbiano fatto decollare una psicosi narcisistica.

Invece provo a fare un’ipotesi sul perché proprio adesso sia diventato così difficile trasformare gli impulsi distruttivi in energia sana: siamo reduci da due anni di Pandemia che ci hanno indurito, sostituendo troppo spesso alla logica della speranza quella della disperazione e della rabbia. Il virus ha fatto morti e fiaccato le nostre economie. Ma più ancora, per quanto abbiamo provato a prenderci cura di noi e degli altri, ci ha impoverito, cambiandoci. Ci ha allontanato gli uni dagli altri. Ne siamo usciti stremati e traumatizzati. Esasperati e divisi.

E quando le persone sono preda di queste turbolenze la guerra proposta dai dittatori può presentarsi come la “soluzione” alle ferite. È allora che i dittatori per affermare il proprio dominio puntano all’escalation, sprezzanti dei pericoli cui espongono il proprio stesso popolo e tutta l’umanità.

×

Iscriviti alla newsletter