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Invece di salvare il mondo, salviamo la democrazia liberale

Dobbiamo avere il coraggio e la pazienza di riflettere su una serie di errori che hanno indebolito la liberaldmocrazia. Sono tra le ragioni del conflitto tra Russia e Ucraina. Risolverli richiede tempo ma ci aiuterà a espandere le nostre libertà e a migliorare il nostro benessere, anche in un contesto di repentini cambiamenti. Il commento di Pietro Paganini (Competere)

Il conflitto tra Russia e Ucraina dovrebbe farci riflettere su una serie di errori che abbiamo commesso come OccidenteUE e Italia, cioè promotori della Libertà e della Liberaldemocrazia. Sono questi gli errori che ci hanno condotto a questa drammatica situazione in cui richiamiamo lo scontro contro il dittatore ma non prendiamo le armi, vogliamo la pace ma non cerchiamo il compromesso necessario. 
 
Il riconoscimento dei nostri errori ci potrebbe aiutare a rafforzare la Democrazia Liberale che invece, abbiamo indebolito, e a meglio diffonderla al resto del globo, cosa che non siamo riusciti a fare fino ad ora. 
 
Per troppo tempo abbiamo creduto che la Libertà è ormai garantita. La abbiamo affidata al mercato credendo che con la globalizzazione economica e finanziaria il resto del mondo sposasse i principi Liberali. Così non è successo. 
  • Abbiamo confuso il mercato con il primato dei monopoli e degli oligopoli alimentando di fatto, chi nel mercato non trovava quelle opportunità che invece andavamo promettendo.
  • Da qui sono nati (o meglio hanno irrobustito le preesistenti culture illiberali) quei movimenti anti globalizzazione e mercato che stanno minando i fondamenti stessi della Democrazia Liberale.
  • Le più recenti critiche dei dittatori di mezzo mondo al Liberalismo democratico hanno trovato ammiratori e ampio sostegno tra politici e media occidentali (gli stessi che ora li censurano).
In Ucraina, noi europei, abbiamo rinunciato al confronto, lasciando campo libero a chi, dall’altra parte dell’oceano, ha sempre creduto che la Democrazia fosse esportabile. Abbiamo persino cercato di imporre la Liberaldemocrazia tradendo i suoi stessi principi, come il governo della legge. Siamo stati i primi a spingere gli ucraini a non rispettare gli accordi negoziati (Minsk 2015).
Abbiamo scioccamente creduto che la democrazia Liberale fosse esportabile, o meglio da imporre. Essa deve invece poter maturare attraverso il confronto critico.I principi della Democrazia a cui ci affidiamo in Occidente si sono evoluti attraverso un percorso lungo e tortuoso. Pensare che altrove attecchiscano subito in terreni ostili è da ingenui. 
  • Così Russia ma anche Ucraina sono molto lontane da quell’idea di Democrazia che abbiamo costruito lentamente. Lo dimostrano le difficoltà, già dimenticate, che denunciavamo fino a ieri con Polonia e Ungheria.
Non possiamo quindi pensare di risolvere tutto allargando la UE e ripetendo l’errore già fatto. Né possiamo illuderci in un colpo di stato a Mosca da cui sbocci una stagione di Liberaldemocrazia (in un secolo la Russia ha sperimentato due imponenti rivoluzioni senza esiti democratici).
 
In Italia censuriamo e accusiamo di complicità con i dittatori chi osa sollevare dubbi sul nostro stesso operato di occidentali – come sto facendo io. Il dubbio e la critica sono principi fondamentali del Liberalismo, rinunciarvi significa tradire quanto andiamo propagandando. 
 
Non abbiamo capito che le condizioni intorno a noi sono cambiate profondamente. La nostra domande di benessere cresce esponenzialmente tanto che dipendiamo dai beni che importiamo da altri paesi che nel frattempo hanno maturato indipendenza e capacità negoziale. 
  • Noi dipendiamo da loro, loro dipendono sempre meno da noi – forse solo per i mercati finanziari e poche altre tecnologie.
Così mentre facciamo la guerra economica alla Russia scopriamo che ci troviamo soli perché la geopolitica è cambiata profondamente e con la globalizzazione il groviglio di interessi è diventato molto complicato. 
 
Invece di preoccuparci di progettare filiere resilienti per soddisfare i nostri bisogni, ci siamo ingenuamente dedicati a salvare il pianeta. Eppure è  un’urgenza di cui farci carico, il cui successo però, non deriva da politiche emotive e ideologiche che aspirano alla favola del mondo migliore, ma dalla capacità di procurarci risorse energetiche e alimentari senza gravare sul pianeta. 
  • Così mentre a Bruxelles si occupavano di salvare il mondo, il mondo si avviava verso la stagflazione e il rischio di restare senza nutrienti e energia.
Evitiamo l’errore di affermare che la decrescita è la soluzione ai mali del mondo. 
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