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Sulle cripto il governo ascolti chi conosce il settore. Scrive Zanichelli

Di Davide Zanichelli
Bitcoin crypto finanza

Meloni ha dimostrato proattività, ora serve ascoltare gli operatori per evitare perdita di imprenditori, capitali e cervelli. L’intervento di Davide Zanichelli ex deputato del Movimento 5 Stelle e coordinatore dell’integruppo Criptovalute e Blockchain nella XVIII Legislatura

Il fenomeno delle criptovalute non può essere ignorato. Nella scorsa legislatura, il parlamento aveva più volte sollevato il tema con delle proposte concrete depositate in entrambe le Camere, perché se, come stimato da Chainalysis, circa un italiano su cinque possiede criptovalute, non si può lasciare all’incertezza di interpelli delle agenzie o alle sentenze di tribunali quello che altrove in Europa viene deciso, votato e chiarito.

Il tema però è tanto innovativo quanto tecnico, perché rispetto alla finanza tradizionale le differenze sono notevoli, difatti è dichiarato esplicitamente che il Bitcoin è nato (grazie alla Blockchain) per essere incensurabile e dunque privo di soggetti centrali ma solo di nodi “alla pari” e non necessariamente collaborativi tra loro dato che ci sono anche meccanismi competitivi come quello del mining. La proliferazione poi di diverse criptovalute ha generato anche il fenomeno della DeFi, e cioè la nascita di piattaforme di scambio (e altro come lo staking o il farming) anch’esse distribuite tra un insieme indefinito di nodi.

Se la recente vicenda FTX ha insegnato qualcosa, si dovrebbe capire che anche gli intermediari (anche quelli vigilati com’era la società di SBF e Alameda Research), non sono la soluzione a tutti i mali, anzi, e che dunque non necessariamente tutto dev’essere intermediato o intermediabile, perché i fallimenti di questi anni sono stati di società tradizionali e non del network della blockchain.

Il parlamento dunque aveva lavorato per affrontare queste complessità anche con incontri specifici con soggetti italiani e stranieri, ma dall’articolato della legge di bilancio sembra che non si tenga conto di alcuni aspetti basilari ma che sia più che altro una proposta che ha l’obiettivo di generare gettito fiscale e di togliere l’imbarazzo dell’Agenzia delle Entrate dalla precedente interpretazione che aveva dato nel lontano 2016 assimilando le cripto a valute estere.

In questi mesi invece, da più parti in Europa è arrivata l’interpretazione ad attività (asset) e dunque, non potendo l’Agenzia smentire sé stessa a normativa invariata, l’unico modo per uscire da questa situazione è una norma di legge in cui il termine “cripto-attività” si conta ben 40 volte come a fugare ogni dubbio e che non si parli più di valute.

Senza dubbio alcuni aspetti del testo portano positiva chiarezza: per esempio, l’irrilevanza del cripto-to-cripto o il fatto che gli intermediari possano fare da sostituto d’imposta semplificando alcuni ruoli e aprendo così anche alle grosse banche che vogliono dare un servizio più completo in un contesto più chiaro.

Ma una cosa come l’imposta di bollo sui wallet risulta poco sensata, sia perché va capito se si paga lo 0,2 per mille del prezzo di costo o del prezzo di mercato. Se fosse al prezzo di costo risulterebbe complicato per le cripto ottenute dal mining negli scorsi anni, mentre se fosse del prezzo di mercato, a questo punto, chi lo fa il prezzo dato che non ci sono mercati regolamentati? Inoltre risulta difficile definire un mercato che conta migliaia di criptovalute (tanto sono quelle che sono nate e chissà quante nasceranno).

Al di là di queste considerazioni, negli articoli della manovra sono diversi i punti su cui intervenire, anche solo per fare come altri stati, come la Germania, per esempio, che non impone alcuna tassa sulle plusvalenze se si dimostra la detenzione per più di un anno (dunque non a fini speculativi). Ma il tema delle cripto inoltre potrebbe estendersi anche all’aspetto della dematerializzazione delle quote delle società, che potrebbe risultare molto positivo per promuovere la ricapitalizzazione delle Pmi e sopratutto ridurre le spese per le burocrazie notarili.

In definitiva, il governo Meloni, anche se frettoloso, ha dimostrato proattività (forse per racimolare un po’ di gettito che per autentica sensibilità al tema) ma ora dovrà dimostrare umiltà e ascoltare gli operatori seri del nostro Paese, se vuole evitare il rischio della perdita di imprenditori, capitali e cervelli.

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