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Dal Brasile all’Africa, seguire la National development bank per capire dove va la Cina

Di Filippo Ravoni

Al vertice della Ndb, banca di sviluppo dei Brics manovrata dalla Cina, è stata eletta Dilma Rousseff. Che da presidente del Brasile fece il suo primo viaggio a Pechino. E la Ndb ha appena accolto l’Egitto come nuovo membro. La politica economico-finanziaria di Pechino condizionerà il futuro quadro geopolitico globale. L’analisi di Filippo Ravoni, ricercatore della Fondazione Eni Enrico Mattei

Insieme alla guerra russo-ucraina se ne sta combattendo un’altra i cui effetti il mondo occidentale li vedrà a breve. La guerra ha creato una sorta di accelerazione di quelli che sono, o potrebbero essere, i cambiamenti degli equilibri geopolitici (ed economici) che siamo abituati a conoscere.

La Russia ormai isolata con l’Occidente non poteva che voltare lo sguardo verso la Cina. Una circostanza che rafforza ulteriormente (qualora ce ne fosse stato bisogno) la capacità di penetrazione della Cina sui mercati emergenti. Africa in primo luogo.

L’Africa è il continente del futuro da un punto di vista demografico, energetico, economico. Un po’ come un obiettivo del Risiko, chi prende l’Africa prende tutto. Un esempio. Per produrre idrogeno verde (così come vorrebbe l’Europa con l’e-fuel) attraverso il processo di elettrolisi sarà necessario avere fisiologicamente disponibilità di spazio e sole che il continente europeo non può che trovare in Africa.

Quindi il rischio che si corre con la guerra non è solo quello della perdita della libertà di oggi, ma della perdita della libertà di domani se non si leggono bene alcuni segnali di pericolo oggi.

Una chiave per comprendere le strategie di Pechino è seguire le ultime vicende che hanno riguardato la New Development Bank (Ndb). Formalmente è il braccio operativo Brics voluto in primis dalla Cina nel 2014 per supportare i piani di sviluppo infrastrutturale dei paesi membri. In realtà è una banca di sviluppo dipendente da Pechino per espandere la sua influenza.

Le due ultime iniziative della New Development Bank sono indicative.

La prima. Appena Lula è tornato al potere in Brasile, Dilma Rousseff è stata nominata presidente della Ndb. Va ricordato che il primo viaggio istituzionale di Dilma (nominata presidente dopo Lula) fu proprio a Pechino. D’altra parte, la sfera di influenza di Pechino all’interno del sistema economico carioca è elevatissima: non c’è porto commerciale del paese sudamericano che non sia partecipato direttamente o indirettamente da una società cinese.

Anche il precedente presidente di Ndb era sempre un brasiliano. Marcos Troyjo, però, ha subito numerose pressioni per dimettersi proprio dallo stesso neo-governo brasiliano di Lula. Era considerato troppo vicino a Bolsonaro e alla sfera di influenza economico-finanziaria che porta direttamente agli Stati Uniti.

La seconda iniziativa di Pechino attraverso la Ndb è altrettanto indicativa. L’Egitto è entrato far parte della New Development Bank.

I fattori principali che hanno spinto la Ndb ad accogliere l’Egitto come nuovo membro non sono così evidenti come quelli brasiliani. Ma si fondano sul fatto che il paese governato dal Gen. Abdel Fattah al-Sisi deve avviare nel prossimo ventennio un significativo piano di investimenti infrastrutturali, che la Banca Mondiale stima dal valore di 230 miliardi di dollari.

L’Egitto in quanto tale è un paese strategico per mettere piede in Africa: dal canale di Suez alle riserve energetiche passando per la grande influenza che ha come portavoce della politica araba verso il palcoscenico africano. Non a caso la sede dell’Arab League è al Cairo e non a caso Arab Bank for Economic Development in Africa (Badea) ha la branch operativa dei progetti di investimento proprio al Cairo, oltre alla sede principale che si trova in Sudan a Karthum.

Insomma, anche per la Cina vale il principio di “follow the money”. Se si inseguono le iniziative della Ndb si comprende come la politica economica finanziaria di Pechino finisca per condizionare il futuro quadro geopolitico globale.

E appare singolare che forse per vicinanza geografica, forse per sensibilità politica, forse per il know how specifico dell’Eni nel continente africano, a livello europeo soltanto l’Italia sia intervenuta con il “Piano Mattei” lanciato da questo governo che provare a contrastare le strategie cinesi.

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