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Da Spagna e Portogallo, le prime prospettive transatlantiche della storia. L’analisi dell’amb. Serpi

Di Paolo Serpi

Cristoforo Colombo scopre per conto della Spagna, a circa un millennio dalla fine di Roma, il “nuovo mondo”. Si passa così dal Mediterraneo, mare chiuso che lega tre componenti continentali di Roma, alla prima prospettiva di “nuovi mondi”, che sempre e comunque al vecchio modello imperiale romano si rifanno. La seconda parte di una riflessione firmata da Paolo Serpi, ambasciatore, inviato speciale e ora professore alla Lumsa di “Storia e analisi delle crisi internazionali”

DALLA SPAGNA LA PRIMA PROSPETTIVA TRANSATLANTICA

Se la prima provincia dell’Impero Romano è la Spagna, che, unica, ha dato a Roma due grandi Imperatori (Adriano e Traiano), da lì, dopo il lungo sonno medievale e il grande risveglio rinascimentale, parte la riscossa verso il vasto Oceano, che separa l’Europa da un nuovo mondo sconosciuto.

È Cristoforo Colombo, un italiano, o meglio genovese, ispanizzato, a scoprire per conto della Spagna, a circa un millennio dalla fine di Roma il “nuovo mondo”, di cui la componente maggiore diventerà, oltre trecento anni dopo, con gli Stati Uniti d’America, quel nuovo impero  in buona parte  responsabile dei temporanei equilibri dell’umanità.

Siamo passati dal Mediterraneo, mare chiuso che lega tre componenti continentali di Roma, alla prima prospettiva di “nuovi mondi”, che sempre e comunque al vecchio modello imperiale romano si rifanno.

Va notato per inciso che la Spagna con la scoperta dell’America diventa al tempo stesso nazione europea, identificandosi come entità etnica “Iberica” con la cacciata degli Arabi da Granada e “nuovo Impero”, proiettando il modello di “romanità” per la prima volta oltre l’Oceano Atlantico. L’essenza arabo-spagnola e la sua componente afro-asiatica sono parte integrante di questa proiezione imperiale.

L’apogeo dell’Impero Spagnolo durerà meno di duecento anni, fra il XV ed il XVI secolo. Si  concluderà di fatto definitivamente con la  guerra ispano-americana del 1898, che consegna in prospettiva il modello di imperialismo transcontinentale romano/latino a quello anglo/americano.

Tornando alla Spagna e alla sua proiezione transatlantica nelle Americhe, va fatta una precisazione di tipo etnico e sociologico.

La latinizzazione e “romanizzazione” dell’America centrale e meridionale avviene in due maniere fondamentalmente distinte .

Sul versante del Pacifico i colonizzatori spagnoli vengono a contatto da nord a sud con le grandi civiltà indigene dei Maya, degli Aztechi e degli Inca. L’effetto di questo incontro è devastante per  questi popoli, culturalmente sviluppati, che vengono annientati sul piano della compatibilità fisica e sociologica già dai primi contatti con gli Spagnoli.

Sul versante Atlantico, la relativa dispersione delle popolazioni indigene esistenti porta ad un altrettanto rapido,  ma non meno problematico controllo del territorio da parte degli spagnoli, accompagnato da un maggiore radicamento della componente etnica europea.

La colonizzazione spagnola delle Americhe comporta una limitata partecipazione diretta della componente etnica ispano-europea, che controllerà di fatto gli insediamenti urbani costieri senza un reale radicamento sul territorio, né tantomeno una effettiva integrazione con le popolazioni locali.

Il retaggio che lascia l’imperialismo spagnolo nelle Americhe è fondamentalmente quello linguistico e religioso, senza comunque ottenere un radicamento sociale ed economico veramente profondo e stabilizzatore nelle terre conquistate.

DAL PORTOGALLO ANCORA SPINTA TRANSATLANTICA E PRIMA ORBITA AFRO-ASIATICA

Quando pensiamo al Portogallo nella sua attuale dimensione geografica di piccolo Stato Europeo, schiacciato fra Spagna e Atlantico, riesce difficile risalire al tempo del suo Impero Transcontinentale, che è storicamente gemellato a quello spagnolo, ma con caratteristiche sostanzialmente diverse.

Sul piano storico è il più longevo e va dalla conquista di Ceuta nel 1415, alla cessione di Macao alla Cina nel 1999, spaziando e radicandosi dall’Africa all’estremo oriente, con una macroscopica propaggine rappresentata dal Brasile sulla rotta delle Americhe, fino alla scoperta con Magellano di quel mitico stretto che collega i due grandi Oceani e offre una nuova dimensione alla geografia del mondo.

Il radicamento territoriale in Africa, su gran parte della costa Atlantica, accompagna di fatto la storia dell’imperialismo lusitano e l’alimenta sia nei suoi rapporti con il Brasile e la realtà  Sud Americana, sia sulle avventurose rotte commerciali  e le basi strategiche, in una serie geograficamente coerente di porti e insediamenti territoriali, strategici in Asia e in Estremo Oriente.

Per i portoghesi, più che per gli spagnoli “la Terre est ronde” ed è veramente unica la loro capacità di controllare le rotte marittime mondiali per un così lungo periodo di tempo,  con così poche risorse  in termini territoriali e umani dalla madrepatria. Il segreto sono i loro insediamenti commerciali e militari strategici,   insieme al controllo di  una vasta estensione territoriale  in Sud America, come il  Brasile, che moltiplica alla potenza la stessa madrepatria in termini statuali.

La temporanea unificazione della Corona Portoghese con quella Spagnola dal 1580 al 1583 suggella in qualche modo il gemellaggio Iberico nell’espansionismo transcontinentale, ma di fatto il Portogallo approfitta di questa apparente e comunque breve unificazione politico-militare con la Spagna per distinguere in maniera più netta la sua sfera d’influenza.

Dalla fine del 1500 e per tutto il secolo successivo i portoghesi consolidano il loro asse geografico e commerciale preferenziale a livello di rotte strategiche lungo le coste dell’Africa e sulle rotte  dell’estremo oriente da Macao a Nagasaki, dove estromettono progressivamente la concorrenza spagnola e sempre più frequentemente  incontrano quella  ostica e talvolta aggressiva di Olandesi e Britannici .

Come già accennato, in Sud America il controllo portoghese si estende progressivamente dalle coste all’interno del Brasile, sempre più per i Portoghesi una seconda Madre-Patria, che, nel corso del 1700 e fino a buona parte del 1800, quasi sostituisce l’identità statuale europea del loro Paese .

La conclusione dell’imperialismo portoghese è in certa forma anti-storica e in controtendenza con gli altri grandi attori coloniali europei. Quasi assimilato nell’800 nell’orbita brasiliana, si oppone apertamente al processo di decolonizzazione del 900, mantenendo con pervicacia le due grandi colonie africane di Angola e Mozambico fino agli anni settanta, quando la resistenza armata delle popolazioni locali porta alla liberazione dei due Paesi e alla definitiva eclissi del Portogallo come potenza coloniale.

(Seconda parte di una riflessione più ampia che pubblichiamo a puntate su Formiche.net, qui la prima parte )

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