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Come affrontare la crisi umanitaria mondiale. L’intervento del commissario Lenarčič

Di Janez Lenarčič

Il 18 e 19 marzo oltre mille rappresentanti di tutta la comunità umanitaria, provenienti da Paesi dell’Ue e non, si riuniranno a Bruxelles per partecipare a discussioni strategiche su come aiutare in modo più efficace chi ne ha bisogno e per dimostrare il loro impegno a colmare il deficit di finanziamento. L’intervento di Janez Lenarčič, commissario per la Gestione delle crisi e la presidenza belga del Consiglio dell’Ue

Il mondo è scenario di sempre più conflitti e a pagarne il prezzo sono le persone più vulnerabili. Lo scorso anno abbiamo assistito al maggior numero di conflitti dalla fine della Seconda guerra mondiale. Questa tendenza preoccupante si è acuita negli ultimi anni e ha confermato che i conflitti sono il principale motore di bisogni umanitari a livello mondiale. Come se non bastasse, i conflitti sono sempre più lunghi e complessi. Le terribili conseguenze di questo fenomeno non sono mai state così evidenti come a Gaza, dove solo dal 2019 sono già stati uccisi più bambini che in ogni altra zona di conflitto. In Ucraina, invece, più di 10.000 civili sono stati uccisi dall’inizio dell’invasione russa su vasta scala. Queste sono solo due delle numerose tragedie umane che avvengono oggi, per lo più lontano dall’attenzione del pubblico.

Oltre a questi brutali sviluppi, l’aggravarsi della crisi climatica continua a esacerbare la situazione umanitaria globale e con essa l’instabilità e la sofferenza delle comunità vulnerabili. Oggi circa 300 milioni di persone necessitano di assistenza umanitaria. Se fossero la popolazione di un Paese, questo sarebbe il quarto a livello mondiale. Con l’aumentare di queste cifre le persone già vulnerabili sono sempre più dimenticate. Ad esempio, i finanziamenti per i rifugiati rohingya in Bangladesh o per le ragazze private dei diritti umani in Afghanistan sono ridotti o perfino accantonati, con l’attenzione dei politici e dei media che si sposta verso emergenze più recenti. Dal Venezuela allo Yemen, il numero di persone che soffrono la fame è aumentato in soli tre anni di oltre 120 milioni, pari a oltre un quarto della popolazione dell’Unione europea. Milioni di bambini non sono scolarizzati, sono privati di diritti fondamentali come il diritto al cibo e persino reclutati da gruppi armati.

Tuttavia, proprio nel momento in cui gli aiuti umanitari servono di più, la risposta globale tarda ad arrivare. Oggi il divario tra i bisogni umanitari e i finanziamenti disponibili è più ampio che mai, con le richieste di sostegno che continuano a dipendere in larga misura da una base di donatori internazionali pericolosamente ristretta. Lo scorso anno oltre il 90% di tutti i contributi globali proveniva da soli venti donatori e i tre donatori principali, tra cui la Commissione europea, hanno fornito quasi il 60% dei finanziamenti umanitari a livello mondiale. Oltre alla Commissione europea, altri quattro dei primi dieci donatori globali sono Stati membri dell’Ue: Germania, Svezia, Paesi Bassi e Francia. Insieme, la Commissione e questi quattro Paesi contribuiscono a quasi il 90% dei finanziamenti umanitari totali dell’Europa. Inoltre, nel 2023 l’Ue ha compiuto un importante passo verso l’aumento del contributo collettivo, stabilendo un obiettivo volontario equivalente allo 0,07 % del reddito nazionale lordo (Rnl) che gli Stati membri devono destinare agli aiuti umanitari. La Spagna ha perfino sancito questo impegno nella legislazione nazionale.

Per quei pochi attori che fanno la maggior parte del lavoro, una base di donatori così ostinatamente ridotta non è né sostenibile né equa. Appare oltretutto irragionevole l’assenza di Russia e Cina, due dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, l’organismo internazionale con il dovere principale di preservare la pace e la sicurezza internazionali. In un mondo in cui i conflitti sono in aumento, questa realtà dovrebbe essere estremamente preoccupante per tutti noi. Tutti gli altri Paesi che aspirano a diventare attori globali, in particolare quelli del G20, devono fare di più e contribuire alla risposta umanitaria globale in linea con il loro peso economico, dal momento che l’aiuto umanitario è una responsabilità globale che deve essere condivisa equamente.

Tuttavia, la carenza di finanziamenti non è l’unica sfida che ci troviamo ad affrontare. In tutto il mondo gli autori di violenze diventano sempre più sfrontati nella violazione del diritto umanitario internazionale. Lo scorso anno è stato registrato il numero più alto di vittime civili di conflitti armati dal 2010. A soffrire di più sono le donne e i bambini, in parte a causa del recente aumento della violenza sessuale e di genere nelle zone di conflitto. Inoltre, l’accesso umanitario in queste zone è sempre più spesso negato e gli operatori umanitari sono esposti a rischi mai corsi prima d’ora.

L’Ue è tra i più strenui sostenitori di un maggiore rispetto del diritto internazionale umanitario nelle zone di conflitto. Nonostante questi sforzi, servono azioni coordinate e coerenti da parte di tutta la comunità internazionale per fare la differenza: perché anche le guerre hanno norme e chi le viola deve essere chiamato a rispondere delle proprie azioni.

Tuttavia, gli aiuti umanitari da soli non fermeranno questa crescente ondata di sofferenze. Per affrontare e risolvere le crisi in modo sostenibile, il sostegno umanitario deve essere accompagnato da sforzi per lo sviluppo e la pace, l’unico modo per aiutare le comunità vulnerabili a liberarsi dal ciclo di fragilità e dipendenza dagli aiuti. Con l’aggravarsi dell’emergenza climatica, il sostegno dovrebbe includere anche maggiori investimenti volti a rafforzare la resilienza a livello locale.

Insomma, al momento il mondo non è in ottime condizioni. Negli ultimi anni il nostro lavoro umanitario è diventato sempre più necessario e difficile. Ma le soluzioni esistono e ci si aspetta che l’Europa faccia ancora di più. Neppure tutte le sfide affrontate negli ultimi anni hanno scalfito la solidarietà dell’Ue nei confronti di chi ne ha bisogno. Un recente sondaggio ha rivelato che per oltre nove europei su dieci è importante che l’Ue finanzi attività di aiuto umanitario, mentre la maggioranza degli europei ritiene che gli aiuti umanitari siano più efficienti se coordinati ed erogati dall’Ue.

Una prima occasione per rispondere a questa esigenza è il Forum umanitario europeo che si terrà quest’anno, organizzato congiuntamente dalla Commissione europea e dalla Presidenza belga del Consiglio dell’Ue. Il 18 e 19 marzo oltre mille rappresentanti di tutta la comunità umanitaria, provenienti da Paesi dell’Ue e non, si riuniranno a Bruxelles per partecipare a discussioni strategiche su come aiutare in modo più efficace chi ne ha bisogno e per dimostrare il loro impegno a colmare il deficit di finanziamento.

Lo scenario umanitario globale continua ad aggravarsi e non possiamo distogliere lo sguardo. Sappiamo cosa bisogna fare. È giunto il momento di agire.

 

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