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Eppur si muove. I primi passi della Difesa comune europea secondo il gen. Caruso

Di Ivan Caruso

Napoleone diceva che per vincere le guerre occorrevano tre cose: argent, argent, argent. Quindi ben vengano queste iniziative europee tese a ottimizzare le risorse per la Difesa comune, incoraggiando alleanze tra industrie. Edis e Edip segnano certamente un passo significativo, ma, ancora una volta, non si ha avuto la forza di affrontare il problema in modo olistico. La riflessione del generale Ivan Caruso, consigliere militare della Società italiana per l’organizzazione internazionale (Sioi)

Il Commissario europeo Ursula Von der Leyer l’aveva già annunciato e la prima strategia industriale europea per la difesa (European defence industrial strategy, Edis) è stata presentata, proposta dalla Commissione europea e dall’Alto rappresentante. L’attacco russo all’Ucraina ha evidenziato la totale inadeguatezza della Difesa comune europea e soprattutto il fatto che, a fronte di considerevoli investimenti fatti dai paesi europei, la mancanza di coordinamento e l’atavica rivalità tra i principali paesi dell’ Unione – specie nel settore dell’industria della difesa – hanno portato alla situazione attuale: l’industria europea nel suo complesso non è in grado di sostenere un conflitto ad alta intensità al pari degli eserciti europei a cui manca una struttura di comando e controllo capace di gestire una potenziale aggressione al territorio europeo. Bisogna investire di più nella difesa, ma bisogna farlo meglio e insieme. La strategia presentata punta ad acquistare in modo congiunto almeno il 40% delle attrezzature entro il 2030; garantire che, entro il 2030, almeno il 35% dell’intero valore del mercato della difesa sia in Ue; arrivare entro il 2030 ad avere il 50% ed entro il 2035 il 60% degli appalti all’interno dell’Ue.

In risposta alla guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina, la strategia prevede anche un insieme di azioni per accrescere la prontezza industriale europea nella difesa, inclusa la proposta legislativa per un Programma industriale europeo per la difesa (Edip) e misure per garantire la disponibilità e la fornitura tempestiva di prodotti per la difesa.

I principali obiettivi dell’Edis è quello di sviluppare una visione a lungo termine per la prontezza industriale nella difesa dell’Ue e di presentare un European defence investment orogramme (Edip) – un Programma europeo degli investimenti della difesa, per promuovere la cooperazione e l’investimento negli ambiti della difesa.

La strategia si basa su un ampio processo consultivo con gli Stati membri, l’industria della difesa, il settore finanziario e il mondo accademico, e mira a rafforzare la prontezza e la capacità di risposta dell’industria europea della difesa attraverso investimenti collaborativi, miglioramento della reattività industriale, promozione di una cultura della prontezza alla difesa e cooperazione con partner internazionali strategici. Attraverso il supporto agli investimenti nel settore della difesa per adattarsi meglio al nuovo contesto di sicurezza, l’incremento dell’efficienza nella domanda collettiva di difesa dei membri dell’Ue, si spera di imprimere un passo significativo verso l’integrazione e il rafforzamento dell’industria della difesa europea, riconoscendo l’importanza della cooperazione tra gli stati membri e la necessità di adattarsi a un contesto di sicurezza in evoluzione. Attraverso il sostegno finanziario e regolamentare, come evidenziato dall’Edip, l’Ue mira a migliorare la propria autonomia strategica e la capacità di rispondere efficacemente alle sfide di sicurezza, beneficiando gli stati membri e i partner strategici.
Sarà sufficiente? Si poteva fare di più? È un primo passo e ci sono degli spunti interessanti, quanto coraggiosi che vanno verso un approccio non convenzionale, ma forse più efficace, in un momento in cui le minacce all’ Europa diventano sempre più cocenti e l’ombrello americano sembra rimpicciolirsi sempre di più con l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali americane.

A mio avviso due sono i punti più qualificanti introdotti dall’ Edis.

Il primo riguarda l’introduzione di una nuova cornice giuridica nota come la Struttura per il programma di armamento europeo (Seap), progettata per superare le sfide legate alla cooperazione tra gli stati membri dell’Ue nella realizzazione di programmi d’armamento comuni. Questa nuova struttura mira a fornire procedure standardizzate per l’avvio e la gestione di tali programmi, al fine di facilitare e incentivare la cooperazione in materia di difesa.

Un aspetto significativo di questa struttura è la possibilità per gli stati membri di beneficiare di un tasso di finanziamento maggiorato nell’ambito del Programma europeo di sviluppo industriale nel settore della difesa (Edip), nonché di procedure di acquisto semplificate e armonizzate. Quando gli stati membri acquisiscono equipaggiamenti in modo congiunto tramite il Seap, operando come un’organizzazione internazionale, possono godere di esenzione dall’Iva. Inoltre, il Seap prevede un bonus per i prodotti sviluppati e acquisiti in questo contesto, a patto che gli stati membri coinvolti concordino su un approccio comune sulle esportazioni della difesa.

Inoltre, il documento chiarisce che gli stati membri, agendo attraverso il Seap, possono emettere titoli di debito per assicurare il finanziamento a lungo termine dei programmi d’armamento. Questo meccanismo consente una maggiore flessibilità nel finanziamento di programmi d’armamento di ampio respiro e di lunga durata, garantendo allo stesso tempo che l’Unione Europea non sia responsabile per l’emissione del debito da parte degli stati membri. Questa capacità di emettere titoli di debito potrebbe migliorare le condizioni di finanziamento da parte degli stati membri per i programmi d’armamento che ricevono supporto dall’Ue tramite il Seap.
Una rivoluzione copernicana, ma che vede i paesi europei confrontarsi, come sempre, tra i frugali e fiscalmente più conservatori e quelli più esposti alla minaccia da est come Polonia e Paesi baltici. Forse, per la prima volta, si mettono al centro gli Stati membri piuttosto che le grandi industrie della difesa. Gli Stati membri vengono incoraggiati a trovare accordi e alleanze strategiche tra di loro per sviluppare programmi di difesa comuni che potranno beneficiare di meccanismi dedicati e particolari forme di finanziamento.

Il secondo aspetto degno di nota è la possibilità di trasferire all’Ucraina le riserve russe congelate in Europa e Usa subito dopo l’invasione da parte di Mosca. Si tratta di circa trecento miliardi di dollari che farebbero la differenza e che contribuirebbero a finanziare la difesa di Kiev control’ aggressione russa. Sarà interessante osservare i differenti approcci al problema tra un Macron scettico sulla possibilità legali e altri – come il presidente ungherese Orban – totalmente contrari per principio. La soluzione di compromesso sembrerebbe essere di reinvestire i profitti, decisamente minori, ma sicuramente più certi.

La strategia industriale europea per la difesa segna certamente un passo significativo verso l’integrazione e il rafforzamento dell’industria della difesa europea, riconoscendo l’importanza della cooperazione tra gli stati membri e la necessità di adattarsi a un contesto di sicurezza in evoluzione. Attraverso il sostegno finanziario e regolamentare, come evidenziato dall’Edip, l’Ue mira a migliorare la propria autonomia strategica e la capacità di rispondere efficacemente alle sfide di sicurezza, beneficiando gli stati membri e i partner strategici.

Ma era la cosa giusta da fare? O meglio, era la prima cosa giusta da fare? Come sempre l’approccio europeo, anche nel campo della difesa e sicurezza europea, è prima finanziario ed economico. Napoleone Bonaparte diceva che per vincere le guerre occorrevano tre cose: Argent, argent, argent. E quindi ben vengano queste iniziative che tendono a ottimizzare le risorse per la Difesa comune, incoraggiando alleanze tra industrie europee della difesa e potenziando gli strumenti che facilitano questi approcci comuni. Ma cosa servirà una maggiore cooperazione, innovazione e resilienza industriale se poi non avremo delle Forze armate europee capaci di operare in modo integrato e con capacità multi dominio sotto un’unica struttura militare di comando controllo?

Ritengo quindi che – ancora una volta – non si abbia avuto la forza o il coraggio di affrontare il problema in modo olistico analizzando tutti gli aspetti della difesa comune europea. È chiaro che a novembre, chiunque vinca le elezioni negli Stati Uniti, ridimensionerà il proprio appoggio alla vecchia Europa e ci troveremo da soli ad affrontare gravi minacce alla nostra sicurezza. Non c’è più tanto tempo per disegnare e attuare un nuovo progetto di difesa comune europea che dovrà essere tanto più ardito quanto breve sarà il tempo per realizzarlo.

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