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Le caste all’ombra dei grattacieli

La crisi economica mondiale porterà, secondo le ultime stime degli istituti internazionali, a un calo di circa il 2% della crescita dell’economia indiana. Dovrebbe trattarsi tuttavia di un semplice rallentamento, che non andrebbe a compromettere il processo costante di espansione economica che dura da oltre un decennio, permettendo ormai a molti settori dell’economia di operare con tecnologie non importate dall’estero. Il tasso di crescita del Pil è stato in questo periodo di circa il 7-8% annuo, con punte particolarmente elevate nei settori dell’industria e dei servizi tecnologicamente avanzati. L’economia indiana oggi è presente in tutti i settori: da quello automobilistico e della costruzione di mezzi di trasporto, a quello dell’industria pesante di base. E sono avviate a un notevole sviluppo anche l’industria aeronautica e nucleare.
 
La crescita economica necessita di adeguate infrastrutture, soprattutto nel campo dei trasporti. Nelle grandi città sono state realizzate o sono in via di realizzazione imponenti reti di “metropolitana”, (a Nuova Delhi sono già in funzione sei linee) tuttavia dal punto di vista dei trasporti, soprattutto extra-urbani, la situazione resta poco soddisfacente. Ed è proprio questo, uno dei principali “nodi” da sciogliere per evitare che il processo di sviluppo perda in futuro di slancio o si arresti del tutto. È in corso di realizzazione un imponente progetto definito “quadrilatero d’oro” per realizzare una grande rete autostradale destinata a collegare Delhi, Mumbai, Kolkata e Madras. Il settore che necessita degli interventi più urgenti e dove le carenze appaiono maggiori è quello ferroviario. Nei decenni successivi all’indipendenza, le ferrovie pubbliche – un gigante che dà lavoro a quasi 1 milione e 400mila persone – sono state molto importanti per affrontare i problemi occupazionali del Paese, ma non sono state adeguatamente modernizzate. Mancano, ad esempio, del tutto le linee ad “alta velocità”, che sono solo alla fase di progetto.
 
Ma il nodo fondamentale che deve essere sciolto per garantire l’uscita definitiva dal sottosviluppo, è quello relativo alla crescita della popolazione. Numerose analisi hanno collegato lo sviluppo dell’India all’abbondanza di manodopera giovanile disponibile, determinata dall’alto tasso di natalità. Analisi di questo genere partono dal presupposto di considerare come positivo uno sviluppo economico basato sulla manodopera a basso costo e non, invece, sul progresso scientifico e tecnologico. Probabilmente si tratta di analisi interessate, effettuate da studiosi che intendono garantire agli imprenditori occidentali abbondanti riserve di operai e impiegati sotto-pagati nei Paesi in via di sviluppo. Si consideri, inoltre, che un alto tasso di crescita della popolazione in un Paese che ha già un miliardo e 200 milioni di abitanti ed un tasso di densità di abitanti per chilometro quadrato molto elevato può portare a conseguenze molto serie, in futuro, anche per quel che riguarda l’utilizzazione di beni primari, come l’acqua potabile. Negli ultimi anni le politiche di controllo delle nascite, il cosiddetto “family planning”, hanno ottenuto notevoli successi e si calcola che nel 2011 il tasso di crescita della popolazione si attesterà intorno all’1,37% (contro l’1,8 medio del decennio trascorso), ma si tratta di un tasso ancora elevato che va ridotto notevolmente.
 
È stata probabilmente la sopravvivenza di alcuni istituti tradizionali, come la famiglia e la struttura “castale della società”, a garantire all’India, nonostante il reddito pro-capite della popolazione sia ancora basso (circa 3600 dollari annui calcolando il reddito pro-capite a parità di potere d’acquisto, contro i circa 25mila dell’Italia), la sua stabilità e democrazia. Le caste sono state formalmente messe al bando dalla Costituzione approvata subito dopo l’Indipendenza. La legge ordinaria non le riconosce, ma esse sono sopravvissute nella realtà. La divisione in caste nell’India contemporanea è diversa rispetto a quella tradizionale. Non conta più l’appartenenza alle caste più elevate o a quelle più umili, ma l’appartenenza ad una delle tante sotto-caste in cui si ripartiscono e il loro radicamento nel territorio, con la conseguente possibilità di incidere sui partiti politici e sulla vita economica. La struttura castale dell’India contemporanea non è più quindi legata ad una rigida gerarchia, ma a sottogruppi che hanno un’influenza più o meno rilevante nella vita economica e politica (anche i dahlit, gli ex “fuori casta” hanno oggi i loro gruppi organizzati e sono tutelati dalle leggi). Sono i vertici delle caste a garantire il successo nella vita lavorativa o politica dei loro appartenenti che appaiono più dotati. Le caste finanziano i loro appartenenti che appaiono capaci di avviare un’attività commerciale o imprenditoriale. Il soggetto beneficiato si sdebiterà assumendo nel suo negozio operai, impiegati ed anche dirigenti all’interno della casta di provenienza, in numero generalmente superiore alle necessità dell’azienda.
 
Il beneficiario degli aiuti del gruppo di appartenenza dovrà anche fungere da cassiere della casta versando ad essa una parte degli utili o finanziando opere di pubblico interesse. Non si deve ritenere, però, che questo sistema funzioni solo nei piccoli centri o nelle aree arretrate, ma ciò avviene anche nei grandi gruppi industriali come, ad esempio, Tata oppure Mahindra. L’India contemporanea, in conclusione, appare basata su una struttura economico-sociale molto complessa, in parte capitalistica, in parte corporativa e in parte socialista per la forte presenza dello Stato nell’economia o nell’erogazione di servizi quali quelli sanitari. Questo tipo di struttura sociale, se da un lato presenta notevoli aspetti anti-egalitari, dall’altro sta garantendo un notevole progresso economico sociale ad un Paese sovrappopolato e con poche risorse, in un quadro di stabilità democratica.
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