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I consigli di Zingales su Finmeccanica

Mentre proseguono le inchieste sullo scandalo che ha causato l’arresto per corruzione internazionale dell’ad di Finmeccanica, Giuseppe Orsi, il danno di immagine subito dalla società è gravissimo, fino al punto di mettere a rischio l’azienda che è l’unica grande industria tecnologica a raggio globale rimasta in Italia, pilastro di un indotto vastissimo. In un intervento sul Sole 24 Ore, l’economista liberista Luigi Zingales sottolinea la differenza tra l’approccio con cui il governo svedese ha affrontato il caso della società Telia Sonera, anch’essa coinvolta in uno scandalo di presunte tangenti, e gli errori commessi dai vertici Finmeccanica e dal governo Monti nel gestire l’emergenza.

Il raffronto con il caso Telia Sonera

“Pochi Paesi sono trasparenti e non corrotti come la Svezia – spiega Zingales -. Eppure Telia Sonera, una società di telecomunicazioni controllata dal governo svedese, sei mesi fa è stata coinvolta in uno scandalo di presunte tangenti, come è capitato negli ultimi giorni alla nostra Finmeccanica. Anche le organizzazioni meglio strutturate devono affrontare degli imprevisti potenzialmente devastanti. La differenza nella qualità della corporate governance si vede in come viene gestita l’emergenza”.

L’indagine interna che non c’è stata

“Appena la notizia delle presunte tangenti in Uzbekistan è emersa – prosegue Zingales sul Sole – il consiglio di amministrazione di Telia Sonera ha nominato un team indipendente che ha fatto un’indagine esterna riportando direttamente al consiglio. In quattro mesi la commissione ha stilato un report chiaro, disponibile a tutti. In questo report si dice che non hanno trovato evidenza diretta di tangenti o riciclaggio, ma che molti elementi critici suggeriscono che i sospetti delle autorità svedesi possano essere fondati”.

Appena letto il report, “l’amministratore delegato di Telia Sonera si è dimesso, senza neppure aspettare il consiglio. A sua volta, l’intero consiglio è stato dimissionato dal governo svedese”, osserva.

Guarguaglini e Orsi

“Confrontiamolo con la vicenda Finmeccanica. Quando Pier Francesco Guarguaglini, accusato di fondi neri, si dimette, il governo non rimpiazza l’intero consiglio, come ha fatto quello svedese, ma nomina Giuseppe Orsi, un interno, come amministratore delegato. Poco dopo lo stesso Orsi viene accusato di aver pagato tangenti all’India. Invece di nominare una commissione indipendente, il consiglio lascia che l’indagine interna sia gestita da Orsi stesso e dal capo del legale, suo riporto funzionale. Non sorprendentemente, qualche mese dopo la magistratura ordina l’arresto dello stesso Orsi per il rischio di inquinamento delle prove. Come si può pensare che Orsi non possa influire sulle decisioni del suo sottoposto? È questa la trasparenza? Se il consiglio di amministrazione lascia a un indagato la facoltà di inquinare le prove, la colpa è del consiglio stesso. Non solo. All’indomani dell’arresto il consiglio esprime ‘solidarietà al proprio presidente e amministratore delegato'”, evidenzia.

Gli errori del governo

All’errore dei consiglieri, “però si somma l’errore del governo. Perché lasciare a questo consiglio solidale con l’accusato la gestione della difesa della società? Difenderà gli interessi della società o quelli dell’individuo? L’intero consiglio andava immediatamente rimpiazzato. E non doveva essere scelta un’altra persona di quel consiglio solidale a gestire Finmeccanica”, chiosa ZIngales.

I principi della buona governance

In altri termini, “la buona corporate governance richiede alle organizzazioni di separare i propri destini da quelli degli individui che le governano, quando questi individui rischiano di compromettere il successo delle organizzazioni che dirigono. Purtroppo in Italia, invece, chi governa preferisce difendere gli interessi dei potenti a scapito di quelli dell’impresa stessa, dei suoi lavoratori e dei suoi azionisti. È triste vedere però che anche un governo tecnico, che questi principi doveva incarnare, ha fallito di dare il buon esempio”, conclude Zingales.

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