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Ecco le prossime mosse di Papa Francesco su Ior e Bertone. Parla Marroni

Il nuovo corso voluto da Papa Francesco non risparmia lo Ior, la banca vaticana nell’occhio del ciclone per una serie di casi controversi, analizzati da Carlo Marroni, vaticanista del Sole 24 Ore e autore di un romanzo per Rizzoli, “Le mani sul Vaticano”, in una conversazione con Formiche.net.

Quali sono i reali progetti di Papa Francesco sullo Ior?
Non credo ce ne siano, o meglio ha un’idea generale. La commissione d’inchiesta che ha nominato ha proprio la funzione di capire cosa succede e proporre a lui delle soluzioni. È chiaro che l’ultima parola spetterà a Bergoglio e la dirà in base alla sua idea di rinnovamento della banca. C’è però un aspetto interessante.

Quale?
Se vogliamo ridurre la vicenda alle categorie della politica secolare, anche Papa Francesco ha realizzato un suo programma dei 100 giorni. Poi ha scomposto i problemi attraverso le sue omelie. E ora li affronta uno per uno. Ha dato un’agenda diversa alla Chiesa e ha deciso di governare. Non che per lui i classici problemi di un Pontefice non lo siano, ma si è dato altre priorità. Ha deciso di parlare con forza degli “ultimi” e di agire di conseguenza. Ecco perché riformare lo Ior ha per lui un significato che va oltre la semplice gestione.

Lo Ior diventerà una banca con una funzione sociale?
Se la banca si chiama per le Opere di religione e poi diventa una banca d’affari, non va bene. Le risorse vanno raccolte, ma poi vanno anche redistribuite. Non si può pensare solo a fare utili.

Per fare solidarietà non serve anche denaro da investire?
Non si tratta di rinunciare a guadagni. Bisogna investire soldi in attività prudenti per poter preservare le risorse, ma in una forma che non vada a creare condizioni per la nascita di malaffare. Se si sa che lo Ior è un “paradiso fiscale” – battuta fin troppo semplice – poi succede tutto ciò che succede.

Che fare allora?
Ritengo sia opportuno che ci sia uno scorporo tra le attività finanziarie pure da quello delle opere di religione. Gli investimenti andrebbero esternalizzati e lo Ior dovrebbe gestire in autonomia il resto del denaro. Questo eviterebbe che siano tentazioni, dettate soprattutto da un patrimonio gigantesco e dalla porosità dei confini con il Vaticano.

Le ultime vicende, a partire dalle dimissioni di Cipriani e Tulli, sono una sconfitta per Bertone?
Sì. Anche se io da parte di Bertone non ci vedo dolo, ma solo l’incapacità di vedere cosa accadesse. Detto ciò ormai si va verso un suo allontanamento. Intanto perché ha 79 anni (anche se pare che con Ratzinger si fosse accordato per rimanere fino agli 80, un’età mai raggiunta da un Segretario di Stato vaticano) e poi perché è nell’ordine delle cose, dopo il clamore di questa vicenda. La sua sarà una fuoriuscita dolce, che comunque non avverrà prima che la commissione d’inchiesta si riunisca il prossimo 1 o 2 ottobre. Non è escluso che sia proprio lui a dimettersi nel frattempo, per lanciare un messaggio forte. Ma siamo nel campo delle ipotesi.

Chi potrebbe sostituirlo?
Ci sono alcuni nomi stimati da Papa Francesco che girano con insistenza: Bertello, Parolin, Ventura, Stella. Il nuovo Segretario di Stato sarà un tassello della riforma della Curia che ha in mente il nuovo Pontefice e che gli consentirà di non lavorare da solo come fatto finora.

A questo punto è in bilico anche il presidente dello Ior, Ernst Von Freyberg?
Ricordiamoci che fu nominato da Bertone in totale autonomia. Al momento direi che è sub iudice, nel senso che lo hanno salvato, perché è stato appena nominato e perché fa comodo avere un presidente di garanzia. Ma, nel profluvio di interviste rilasciate in queste ore, è stato sempre accostato a Cipriani e Tulli. Per ora va tutto bene, ma prima o poi si si arriverà ad un azzeramento generale dei vertici dello Ior, per rispondere a quell’esigenza di rinnovamento di cui abbiamo parlato.

Un rinnovamento che ha toccato anzitempo il vecchio presidente dell’Istituto, Ettore Gotti Tedeschi. Come ne esce da questa vicenda?
Sicuramente riabilitato. Non solo perché si va verso un’archiviazione della sua posizione, ma anche perché il 24 febbraio 2012 venne brutalmente licenziato per aver chiesto a Bertone il licenziamento di Cipriani. Diciamo che aveva un modo di lavorare che dava fastidio, ma che col tempo ha dimostrato che le scelte che avrebbe voluto compiere, e che gli sono state impedite, andavano in una giusta direzione.

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