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Morto il bipolarismo, rinasce il cattolicesimo politico

Le turbolenze di queste settimane parlano di un clima politico preoccupante, che mette in forse un futuro di crescita e di benessere dell’Italia. Gli scontri all’interno del PDL; le tensioni che sta vivendo il PD tra i vari candidati alla segreteria del partito, in previsione del prossimo congresso; le dissidenze manifeste dei parlamentari grillini nei confronti del proprio capo e, dulcis in fundo, l’aspra polemica e i poco eleganti contrasti tra l’ala cattolica e l’altra agnostico-liberal-progressista all’interno di Scelta Civica non lasciano presagire positive evoluzioni. Diciamo subito che la colpa non è di Berlusconi. Una scorciatoia troppo comoda per tutti sarebbe il ritenere l’uomo di Arcore reo di ogni misfatto, il capro espiatorio cui addossare ogni colpa passata, presente e futura. Le forze politiche dovrebbero meditare e riflettere sugli errori commessi, soprattutto chi ha utilizzato il paravento Berlusconi, dietro il quale molti si sono nascosti e ancora si nascondono, per occultare impotenza, inconsistenza, inconcludenza del loro agire politico. La stantia cantilena nuovista, che invoca bipolarismo, maggioritario, alternanza, riformismo, centrodestra, centrosinistra e altre parole “magiche” di nuovo conio è tutt’ora praticata da politici del nulla, senza orizzonte. Nessuno ha il coraggio e la forza di misurarsi concretamente con la realtà culturale e politica del Paese. Berlusconi, Di Pietro, Rutelli, Renzi facendo affidamento sulla “pancia” degli italiani hanno raccattato voti, dando ampia rappresentanza al populismo. Hanno dimostrato di non avere capacità per riflettere sulle storiche dottrine politiche funzionali allo sviluppo della nostra democrazia,così come è accaduto negli altri paesi europei. Chi può negare che popolarismo, liberalismo, socialismo sono state le grandi idee che hanno guidato il cammino democratico dell’Italia? E perché questa dimensione ideale nata dalle storiche culture, se in passato è riuscita a sostenere la costruzione della democrazia nel nostro Paese, oggi non serve più, secondo il giudizio sbrigativo e superficiale dei nuovisti? E dire che sono le stesse idee politiche che continuano a vivere in vari paesi dell’Europa, tanto che a Strasburgo, al PE c’è un gruppo del PPE(popolar) uno del PSE(socialisti) e uno liberale. In molti paesi europei i partiti tradizionali sono rimasti in vita, sono state sostituite le classi dirigenti e riviste le forme organizzative, ma la struttura portante è ancora oggi sostegno indispensabile. In Italia, invece, sono stati cancellati del tutto, al punto che le culture vivono, ma i partiti sono morti. Il paradosso scaturito dal nuovo, dalla stagione rivoluzionaria, giudiziaria e referendaria, dei primi anni novanta è che ci sono partiti senza cultura e culture senza partiti. I cattolici hanno subito la medesima sorte, sono stati travolti dal clima nuovista : dopo un secolo di feconda attività nell’azione pre-politica e politica hanno smarrito la stella polare che li avrebbe dovuto portare verso la nuova frontiera. Si sono tentate varie strade per recuperare antichi e originali insegnamenti come riferimento per il futuro, ma senza risultati apprezzabili. L’esempio più illuminante è stato certamente l’esperimento di Todi che doveva incarnare la svolta centrista e invece si è arenato miseramente. Il “sogno di Todi” anziché essere la novità della politica italiana ha creato solo delusione e maggiore frammentazione della presenza cattolica nei vari schieramenti. Si sperava che una nuova stagione dei cattolici in politica potesse riprendere, non solo dal punto di vista ideale, ma anche organizzativo. La crisi della politica, favorita da un sistema elettorale ambiguo, al limite delle regole costituzionali, che alimenta lobbies, cricche, oligarchie, causa prima dell’allontanamento di tantissimi cittadini dalla vita pubblica ha devastato ideali, utopie, sogni. E i cattolici hanno visto infrangere le concrete speranze della ripresa del loro impegno contro le meschinità di alcuni e l’egoismo di altri.Oggi, in una fase difficile della vita del Paese, si auspica che sensibilità antiche e nuove, guardando al messaggio cristiano di giustizia e pace sociale, possano contribuire alla costruzione di un soggetto politico moderno, per aiutare la crescita di una “buona società” incentrata sul bene comune. I cattolici in politica non possono chiamarsi fuori nè essere condannati a vita alla diaspora, anche se tanti lo sperano, perché se è certamente vero che l’unità politica dei cattolici non è un dogma, non lo è neppure la loro divisione. La sinistra comunista di origine marxista, dopo la caduta del Muro, è legittimata come forza di governo, senza aver mai compiuto un esame di coscienza sul proprio passato e sul suo essere attuale. Lo stesso vale per coloro le cui scaturigini vanno ricercate nelle dottrine totalitarie reazionarie del XX secolo, che hanno prodotto solo tragedie e morte. I cattolici, che nella loro storia non hanno gulag o lager, purtroppo oggi si ritrovano ad essere minoranza irrilevante, se non addirittura ingombrante e fastidiosa, nonostante l’opera svolta da tanti uomini di buona volontà, vecchi e nuovi, per far crescere libertà e democrazia. E’ ora che i cattolici ne prendano coscienza e agiscano di conseguenza, per garantire una rappresentanza coerente ai tanti cittadini che la invocano da tempo, e un buon governo all’Italia. Sono stati capaci in passato, lo potranno ancora essere domani.

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