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Ecco cosa anima la vigilia dei negoziati di Ginevra 2

Dopo numerosi rinvii, si aprirà mercoledì 22 a Montreux il negoziato sulla Siria. Illusorie sono le speranze che possa far terminare violenze e stragi. La situazione militare è di stallo. L’esercito governativo del presidente Basher al-Assad ha negli ultimi tre mesi ottenuto qualche successo. Nonostante i cospicui rifornimenti di armi dalla Russia e di denaro dall’Iran e il sostegno dell’Hezbollah libanese e di forze speciali iraniane e sciite irachene, non è chiaramente in grado di riprendere il controllo dell’intero territorio.

IL FRONTE INSURREZIONALE
Le prospettive di vittoria dell’insurrezione non sono migliori. È divisa in varie fazioni. Non solo esse non coordinano le loro azioni, ma si combattono tra loro. I jihadisti dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIS) e, in misura inferiore, quelli dello Jabhat al-Nusra (Fronte della Vittoria) hanno subito pesanti perdite da parte dell’Esercito della Siria Libera, del Fronte Siriano Islamico (formazione islamica ma esclusivamente siriana, costituitasi nel dicembre 2012 con la fusione di una ventina di bande d’insorti) e di milizie locali e tribali). Gli insorti sunniti hanno frequento scontri con le milizie curde del Nord e Nordest del paese, che sembra stiano collaborando con il governo, che ha loro promesso l’autonomia del Kurdistan siriano. Le varie milizie non obbediscono a una direzione politica.

IL RUOLO DI TEHERAN
Il Consiglio Nazionale Siriano è frammentato. Ha subito un duro colpo per il mancato intervento militare occidentale. L’Occidente – Stati Uniti in testa – ha poi rifiutato di fornirgli le armi necessarie per avere la meglio sulle forze governative. Vere e proprie docce fredde gli sono derivate dall’iniziativa russo-americana per la distruzione delle armi chimiche siriane e dall’accordo ad interim del novembre scorso sul nucleare iraniano. La prima ha trasformato Assad da criminale di guerra, con cui non si poteva trattare, in interlocutore, se non in partner. Il secondo ha fatto temere agli insorti un cambiamento di campo degli USA: dal sostegno dei sunniti, in particolare dell’Arabia Saudita, al tentativo di un’intesa con l’Iran. Teheran potrebbe divenire interlocutore principale di Washington per la ricerca di una qualche stabilità in Medio Oriente, anche in Siria. Tale prospettiva è terrorizzante per gli insorti siriani. L’Europa conta poco. Può, tutt’al più, giocare il ruolo che aveva il coro nelle tragedie greche. L’unica ad agitarsi è la Francia. Con la sua solita disinvoltura, si è allineata con Riad sostenere il del governo libanese. È stata ricompensata da Riad con 3 miliardi di dollari, destinati comprare armi in Francia per rafforzare l’esercito libanese contro l’Hezbollah. L’Italia si consola ospitando la conferenza internazionale sugli aiuti umanitari.

L’INTESA RUSSO-AMERICANA
L’intesa russo-americana – ammesso, ma non concesso, che duri – rappresenta l’unico fattore che potrebbe garantire che Ginevra 2 non si chiuda con un completo fallimento. Ciò sarà possibile solo se il negoziato non si arenerà sui problemi di fondo: quelli considerati centrali nel maggio 2012 al termine del negoziato Ginevra 1, cioè la costituzione di un governo transitorio, in cui siano rappresentate equamente tutte le componenti del popolo siriano. Esso dovrebbe garantire la cessazione dei combattimenti e organizzare nuove elezioni (sic!). L’attuazione di tale ambizioso programma richiederebbe innanzitutto la disponibilità del regime di Assad al suicidio; poi, l’unità politica dell’opposizione; infine, e soprattutto, un accordo sul disarmo delle varie milizie. Per impedire che continui il caos, come avvenuto in Iraq, l’esercito siriano non dovrebbe essere sciolto, ma restare a garantire l’ordine pubblico, obbedendo agli ordini del governo transitorio.
Beninteso, nessuno è tanto ingenuo da pensare che, nell’attuale situazione di stallo militare, tali obiettivi possano essere raggiunti.

ALLA RICERCA DI DIALOGO
Comunque, perché Ginevra 2 possa produrre qualche risultato positivo – il fatto spesso sbandierato, che un risultato di rilievo è di aver portato governo e insorti a parlarsi, mi sembra una presa in giro! – è necessario il mantenimento dell’intesa fra Washington e Mosca. Entrambe sembrano avere interessi comuni. Teoricamente sono per la fine del conflitto. In realtà hanno interessi che esso continui e che le forze governative distruggano il maggior numero possibile di Jihadisti, collegati ad al-Qaeda, e militanti nell’ISIS e nell’al-Nusra. Fra di essi gli stranieri sono circa 8.000, fra cui circa 2.000 occidentali. Secondo l’Istituto Internazionale di Controterrorismo, da 45 a 50 sarebbero quelli provenienti dall’Italia. Se il conflitto terminasse, jihadisti ben addestrati sarebbero disponibili “sul mercato”. Immaginate le conseguenze! Potrebbero destabilizzare l’Iraq, il Libano e la Giordania, ma anche volgersi all’Europa. È un rischio che doverosamente non è stato sottovalutato. Lo dimostrano i contatti presi da diversi servizi d’intelligence occidentali con quelli di Assad.

INTESA DIFFICILE
Ma l’intesa fra gli USA e la Russia potrebbe saltare in modo da salvare la faccia a entrambi. Gli USA si sono infatti impegnati con le forze dell’opposizione a escludere Assad anche dal governo transitorio. Prima non volevano addirittura parlargli. Il fatto che abbiano cambiato idea e abbiano accettato di negoziare con suoi rappresentanti a Montreux rappresenta una grossa svolta. Gli insorti la considerano un tradimento. Di certo diminuirà ancora l’affidabilità degli USA in Medio Oriente. La Russia ha invece una posizione opposta: Assad è il legittimo presidente della Siria; militarmente è tutt’altro che finito; non si può comunque farne a meno.
Ma, se la fine del conflitto e delle violenze non è un obiettivo realistico di Montreux, quali potrebbero esserne gli obiettivi? Come si potrebbe affermare alla fine dell’incontro che Ginevra 2 non sia stato solo un’occasione di turismo politico e diplomatico? Quel “volpone” del ministro degli esteri russo Sergei Lavrov, d’intesa con il suo altrettanto brillante collega siriano, Wadim Moallen, ha messo le mani avanti, indicandoli chiaramente: scambio di prigionieri, misure di fiducia fra le due parti negoziate con USA e Russia e apertura di corridoi per l’assistenza umanitaria. A essi si potrebbe ottimisticamente aggiungere il cessate il fuoco ad Aleppo.

LE DIFFICOLTÀ AMERICANE
Tali proposte consentiranno alla pragmatica diplomazia russa di mantenere l’iniziativa del negoziato. Se fossi un diplomatico USA me ne preoccuperei. Possibile che il Dipartimento di Stato si faccia sempre prendere in contropiede? Faceva quasi tenerezza vedere come il Segretario di Stato americano John Kerry si arrabattasse per convincere il Consiglio Nazionale Siriano a partecipare ai colloqui di Montreux, accettando anche la presenza dell’Iran, giustamente invitato a Montreux dal Segretario Generale dell’ONU, Ban Ki-moon. Sarebbe una stranezza negoziare – come pare accadrà – senza la partecipazione di uno dei principali protagonisti della guerra per procura fra Sunniti e Sciiti – che si svolge in Siria parallelamente alla guerra civile. Il reale conflitto è fra l’Iran e l’Arabia Saudita. L’interesse geopolitico di Teheran per la Siria è ben superiore alla solidarietà religiosa (gli alawiti sono una setta eretica dello sciismo). L’Iran può esser utile per evitare il fallimento di Ginevra 2. Infatti, a differenza delle questioni di fede, gli interessi geopolitici sono negoziabili.

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