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Gli americani tornano in Iraq

Dovevano essere forse e solo i droni: ora è certo che i droni soli non saranno. Ad accompagnarli 300 uomini sceltissimi delle forrze speciali che nelle prossime ore arriveranno in Iraq, boots on the ground, uscendo dal mantra e dalla retorica del “don’t do stupid shit“.

Il loro compito sarà quello di assistere da terra, sul campo – va sottolineato – le forze irachene. Ma si andrà oltre. Obama ha individuato due priorità. La prima, proteggere le ambasciate, con negli occhi e nello stomaco il dramma nazionale seguito all’uccisione dell’ambasciatore Stevens a Bengasi, due anni fa, durante un attacco terroristico. Per questo, oltre alle nuove forze, la Casa Bianca aveva già inviato 275 tra soldati e Marines, più la base anfibia “Mesa Verde” – piazzata nel Golfo (insieme alla portaerei “George H.W. Bush”) la scorsa settimana quasi a pieno carico, con a bordo 500 Marines.

La seconda della priorità è acquisire informazioni dettagliate, sofisticate, precise, sull’Isis. Servono i droni, che stanno già monitorando il territorio dall’alto: per il momento osservano senza far fuoco. Ma servono di più gli uomini a terra. I 300 avranno il compito di rafforzare l’apparato di intelligence, infiltrarsi, seguire, studiare: raccogliere informazioni per poi eseguire eventuali interventi puntuali.

Sono “consiglieri militari” ha detto Obama all’uscita dal National Security meeting (insieme a lui Kerry, i consiglieri di Difesa e Sicurezza, il capo della Cia Brennan, quello del Pentagono Hagel e il capo di stato maggiore Dempsey). Sono uomini preparati ad intervenire: non solo consulenti per l’esercito iracheno.

L’intento di fondo di Washington è adesso quello di scavalcare Maliki: la transizione politica arriverà, intanto per far fronte all’emergenza, Obama ha messo i suoi uomini direttamente sul posto. Saranno creati due punti logistici: uno a Baghdad, dove c’è l’ambasciata-fortezza da difendere; l’altro al nord, zona nevralgica dell’Isis.

Non saranno soli. Sembrano sempre più fondate le voci della presenza a Baghdad del capo della Qods Force iraniana, Qassim Suleimani in persona. Secondo un alto funzionario iracheno citato dal Guardian, Suleimani si starebbe occupando di armare le milizie sciite attraverso Asaib ahl al-Haq (AAH), organizzazione irachena utilizzata dall’Iran come strumento di politica nella regione (qui per approfondire).

Ora sarà da vedere se le due entità, americana e iraniana, collaboreranno oppure faranno finta di ignorarsi.

Quel che resta  è un fatto: Obama ha riportato in Iraq l’esercito americano, tre anni dopo l’abbandono programmato del 2011 – la “pagina è cambiata”, ma sopra c’è sempre scritta la stessa storia.

@danemblog

 

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