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Quando i droni cadono dal cielo

L’ultima stagione della serie Tv “24” è tutta più o meno incentrata attorno ad uno scenario terribile, per quanto realistico – come classico della serie. Una terrorista islamica, il cui marito era stato ucciso da un drone statunitense anni prima, guida un’organizzazione che tramite super esperti tecnologici e informatici, riesce a creare un sistema hardware e software in grado di prendere il controllo dei droni d’attacco della Difesa americana.

Nel secondo episodio della nuova stagione, un missile Hellfire sganciato da uno di questi colpisce un convoglio di soldati alleati in Afghanistan, uccidendone quattro: tra i morti due sono ufficiali britannici, e quello che sembra un incidente, o un’insubordinazione del pilota, ma che in realtà è un attentato, crea una crisi diplomatica tra i partner storici USA-UK, proprio mentre il presidente americano è in visita ufficiale a Londra per chiudere accordi fondamentali.

Ok, è un film. Ma c’è un passaggio, più avanti, in cui il presidente chiede al proprio Chief of staff se davvero il sistema messo in piede dal suo paese, tanto efficiente e efficace, potente e funzionale, può essere oggetto di una così tanto tremenda manipolazione. Il braccio destro risponde «Sì, purtroppo». E in effetti.

Certo, ancora fortunatamente non si è arrivati nemmeno a vicini a roba del genere, anche se c’è da scommetterci che, già prima della messa in onda delle nuove dodici puntate in cui il reietto agente specialissimo Jack Bauer cercherà nuovamente di salvare il mondo, qualche terrorista un po’ visionario ci abbia già pensato.

I droni, come si sa, sono un sistema d’arma controverso, finito per l’aspetto “disumano” molto spesso sotto la penna di editorialisti, analisti ed esperti, che hanno prodotto discussioni molto approfondite sulle politiche antiterrorismo scelte dal presidente Obama. Durante i suoi due mandati, gli attacchi si sono moltiplicati in molte aree del mondo, come Yemen, Afghanistan, Pakistan, Somalia, e adesso la Casa Bianca sta pensando ad utilizzare droni anche in Iraq, come appoggio all’esercito regolare contro l’Isis. Obama crede fermamente nei droni, come soluzione “pulita” a questioni militari.

Contemporaneamente agli attacchi e alle discussioni accademiche sulla legittimità degli assassinii premeditati da parte del governo statunitense dei terroristi che finiscono nei mirini dei droni, sono aumentati gli errori: è quasi fisiologico, per quanto problematico, che gli strike si possano portar dietro delle conseguenze a contorno, come esplosioni in aree circostanti agli obiettivi. È di gran lunga meno tollerabile che questi incidenti producano danni civili; sono assolutamente intollerabili le morti di persone innocenti a causa di errori, anche grossolani, nei bombardamenti.

Allo stesso tempo, c’è un aspetto che spesso non viene preso in considerazione e che invece risulta altrettanto fisiologico – detto con le pinze. Si tratta dei più comuni incidenti in volo: i droni sono veicoli aerei soggetti a tutti gli effetti atmosferici di qualsiasi altro aereo e, così come qualsiasi altro aereo, possono subire guasti di diversa importanza, fino al punto di farli precipitare.

Il Washington Post ha pubblicato una lunga inchiesta a riguarda, basata su oltre 50 mila pagine di documenti ottenuti dal giornale sotto il Freedom Information Act.

Dal 2001 ad oggi, risulta che più di 400 grandi droni si sono schiantati al suolo, per cause da ascrivere al maltempo, ai guasti meccanici o elettronici, a errori umani. Incidenti che hanno coinvolto velivoli di una decina di metri di lunghezza e quindici di apertura alare, come i Predator, i primi della lista per numero di crash (e anche quelli operativi da più tempo), o gli Hunter leggermente più piccoli; oppure ancora i più grandi Grey Eagle e Reaper.

Il problema prende ancora più rilevanza, anche perché a partire dal prossimo anno, entrerà in vigore negli Stati Uniti una legge federale approvata dal Congresso nel 2012, che permetterà alle forze armate di utilizzare i droni militari anche sopra al territorio del proprio paese e non soltanto sui teatri di guerra.

Droni militari hanno sbattuto in case, fattorie, piste, strade, corsi d’acqua; in un caso, hanno colpito un aereo da trasporto dell’Air Force, un C-130 Hercules, a mezz’aria. Nessuno è morto in questo genere di incidenti, ma i documenti mostrano che molte catastrofi sono state scongiurate per pochi metri, o pochi secondi, o per pura pura fortuna.

Dei 194 più gravi incidenti, la gran parte sono avvenuti in Afghanistan e Iraq (durante l’occupazione 2003-2011), quasi tutti con velivoli di proprietà dell’Aviazione; diversi altri invece sono accaduti durante le fasi di addestramento in territorio militare americano.

Tra gli incidenti, molti sono collegati alla perdita del segnale di comando. I droni volano grazie a collegamenti wireless via satellite, attraverso cui i piloti inviano le indicazioni dalle salette specializzate nelle basi operative. I dati sui movimenti e le attività interne del velivolo, sono invece restituite a terra tramite link separati. Le forme di interferenza, come ovvio, sono di svariati generi e risultano all’ordine del giorno, ma non sono preoccupanti se di breve durata: i droni infatti sono programmati per effettuare volo circolare se il segnale si interrompe per pochi minuti, e dovrebbero essere predisposti per il rientro alla base di decollo in automatico in caso di trasmissione persa.

Dovrebbero, però. Perché in più di un quarto dei documenti analizzati dal WaPo, i velivoli hanno perso il collegamento prima del crash.

Durante una missione in Afghanistan nel 2009, un Predator stava volando per una ricognizione da oltre cinque ore, quando il pilota perse completamente il controllo e i collegamenti svanirono mentre l’aereo era in aria. Gli investigatori militari non hanno mai ritrovato il relitto, nonostante il tempo sia stato in buone condizioni e non c’erano segnalazioni di particolari anomalie. Lo stesso successe il 21 luglio del 2008, quando in una base di controllo a terra, partì completamente l’alimentazione elettrica mentre tre Predator erano in volo. Al riaccendersi degli schermi, di due furono ripresi i comandi e ricondotti sulla pista di atterraggio: il terzo era completamente scomparso.

E adesso ci si mettono, pure gli spettri evocati da “24”.

@danemblog

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