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Vi spiego gli errori dell’intelligence francese. Parla Andrea Margelletti

L’intelligence francese ha commesso degli errori, ma per contrastare efficacemente la minaccia jihadista servono più risorse a disposizione di chi deve proteggerci.

È l’analisi di Andrea Margellettipresidente del Centro studi internazionali, che in una conversazione con Formiche.net spiega cosa non ha funzionato nella prevenzione dell’attacco terroristico alla redazione di Charlie Hebdo e come evitare che situazioni analoghe si verifichino in futuro.

Margelletti, in cosa ha sbagliato l’intelligence francese?

Una premessa: è molto facile commentare quello che fanno gli altri e tutto è perfettibile. Sicuramente l’aspetto che ha destato molta curiosità è che gli attentatori siano stati in fuga per giorni prima di essere localizzati. Ma i francesi potrebbero dire che in Italia abbiamo avuto per anni terroristi che vivevano tranquillamente nel centro delle nostre città.

Il risultato di questi errori potrebbe essere uno stravolgimento dei vertici dell’intelligence transalpina. In Francia lo chiedono in molti. Crede che Hollande farà una rivoluzione?

Inutile negare che ci siano stati alcuni gravi errori di cui è poco garbato parlare. Tra questi c’è sicuramente il fatto che il monitoraggio di alcune persone e situazioni non ha funzionato come doveva. Tuttavia è prematuro pensare a un cambio ai vertici. Ci sono molte considerazioni, anche politiche, da fare prima di operare una scelta simile. Di sicuro la strage porterà l’Eliseo a compiere una riflessione seria sul funzionamento della sicurezza interna in Francia.

Cosa crede vada migliorato sul piano tecnico-metodologico? 

Sicuramente vanno definite migliori attività di monitoraggio. È necessario aumentare le forze e implementare nuove metodologie nell’acquisizione delle informazioni. Ma è inutile nascondersi dietro a un dito: questi aspetti, così come l’ausilio di mezzi tecnici all’avanguardia, vanno necessariamente rivisti in base alle risorse economiche a disposizione. Lo Stato deve decidere quali sono le proprie priorità.

Come dovrebbe reagire l’Occidente dal punto di vista politico?

Mi pare che risposta politica sia stata data. Le comunità islamiche sono parte della nostra vita, bisogna lavorare insieme a loro per contrastare questo radicalismo. D’altronde questo è il messaggio dato dalla stessa Le Pen, che ha parlato di unione nazionale.

A proposito di clima politico, pensa che questo attentato farà guadagnare consensi alle destre dell’Ump e al Front National? E quanto incide la crescita del populismo con un approccio meno ragionato al problema dell’integrazione islamica in Francia?

Il fenomeno del populismo è europeo più che francese. Nasce dal disagio economico, non dallo scontro religioso. L’ascesa di movimenti con queste caratteristiche è un problema di questi tempi. Se poi l’episodio in sé penalizzerà Hollande, questo lo scopriremo nei prossimi mesi.

Qual è l’effetto più importante di attentati come quello parigino?

Questo tipo di attacco fa gioco al terrorismo, che si alimenta con la notorietà. Il semplice video del poliziotto ucciso sul marciapiede ha significato per i jihadisti una pubblicità enorme. La mediaticità è fondamentale per ottenere risonanza. Perché mentre noi ci indigniamo di fronte a queste cose, altri ne sono attratti o ne gioiscono.

Che rischi corre l’Italia? E come sta lavorando la nostra intelligence?

Noi sicuramente stiamo lavorando bene, e lo dice il fatto che in Italia, per ora, non vi sia stato nessun attentato di quelle proporzioni. Tuttavia è necessario non abbassare la guardia e dare a chi deve proteggerci le risorse economiche e gli strumenti legislativi adeguati a svolgere questo lavoro al meglio.

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