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Ecco come la Chiesa si muove tra dialogo e persecuzioni dei cristiani

Ieri il Papa, incontrando i vescovi del Benin giunti a Roma in visita ad limina apostolorum, è tornato a invocare il dialogo tra cattolici e musulmani: “Il Benin è un esempio di armonia tra le religioni presenti sul suo territorio e in particolare con l’islam”, ha detto Francesco nella ricostruzione di Avvenire: ma, ha aggiunto il Pontefice, “bisogna restare vigili, tenuto conto del clima mondiale attuale, al fine di conservare questa fragile eredità”.

LA LECTIO MAGISTRALIS DEL SEGRETARIO DI STATO

Il canovaccio è quello usato venerdì scorso dal cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, nella Lectio magistralis tenuta alla Facoltà teologica del Triveneto (testo da Vatican Insider), a Padova. In quella sede, Parolin aveva affermato che il dialogo, “strumento della misericordia”, “diventa la via maestra per favorire la comprensione tra le diversità e costruire la pace in mezzo a visioni e modi di vivere ed agire contrapposti. Sul dialogo dobbiamo insistere, trattandosi di un punto che è stato sviluppato in continuità da Papa Francesco sin dal suo insediamento al Soglio di Pietro come qualcosa che appartiene al mondo reale, alla quotidianità delle persone e non è legato ad un’idea o ad una teoria del dialogo”.

LA CHIESA TRA HARD E SOFT POWER

Il segretario di Stato, però, aveva ribadito che quel che chiede il Papa è un dialogo “strutturato che esige pazienza e umiltà che accompagnano uno studio approfondito, poiché l’approssimazione e l’improvvisazione possono essere controproducenti o, addirittura, causa di disagio e imbarazzo”. Quanto alle sfide in atto nel vicino e medio oriente, tra persecuzioni e crescita del fondamentalismo, il porporato sottolineava che “al di là ella denuncia di questi ostacoli, diventa sempre più necessario ricostruire. E’ per questo che il dialogo interreligioso è fondamentale e si presenta come il primo contributo diretto della Chiesa alla causa della pace. Se i governi realizzano quella che è chiamata la ragion di Stato esercitando un hard power attraverso la potenza economico-finanziaria o le armi, la Santa Sede ha da portare a compimento una ragion di Chiesa mediante un soft power fatto di convinzioni e di comportamenti esemplari. Essa deve lavorare, anche mediante l’azione diplomatica, per creare più giustizia, la prima condizione della pace”.

L’ANGOSCIATO APPELLO DEL CARDINALE MARONITA RAI

Il giorno dopo, prendendo la parola dinanzi all’assemblea dell’Unesco, a Parigi, il cardinale Béchara Rai, patriarca di Antiochia dei Maroniti, delineava in mezz’ora di intervento un possibile “programma” d’azione per far fronte e risolvere il dramma delle minoranze in vicino e medio oriente. Un intervento sviluppato in tre punti, dalla storia della presenza bimillenaria dei cristiani in medio oriente, gli spazi per la promozione della cultura della pace, i mezzi per salvaguardare la presenza cristiana. “Sono venuto qui a dar voce a quanti sono stati privati della voce; sono venuto qui a testimoniare la sofferenza di milioni di rifugiati, sfollati, bambini, anziani, donne e uomini che hanno perduto la patria, i beni e cui è stato distrutto l’avvenire”, ha detto al termine dell’intervento, commosso, il patriarca.

“COMUNITA’ INTERNAZIONALE CHE TARDA A FERMARE L’OPERA DI ASSASSINI”

“Sono venuto qui” – ha aggiunto – “a testimoniare davanti a voi l’immenso e indicibile dolore di quanti sono perseguitati per la fede, di quanti si sono visti insultare l’identità in nome di Dio, ragione invocata da assassini implacabili; sono venuto qui a dare voce, gridando, alla causa di quanti attendono la fine della notte e sperano che la loro salvezza giunga da una comunità internazionale che tarda, purtroppo, a fermare l’opera di assassini senza fede e senza frontiere”.

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