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Vi spiego perché la Russia intensifica l’impegno anti Isis in Siria. Parla l’ambasciatore Stanevskiy

La volontà russa di accrescere l’impegno in Siria, le parole provocatorie di Vladimir Putin nei confronti della coalizione anti Isis, le presunte contraddizioni dell’Occidente e le ragioni del sostegno incondizionato di Mosca al dittatore Bashar al-Assad.

Ecco alcuni dei temi analizzati in una conversazione con Formiche.net da Felix Stanevskiy, già ambasciatore russo in Italia, oggi commentatore per diversi organi d’informazione tra cui Il Foglio.

Perché Putin ha deciso di intensificare l’impegno russo in Siria?

Lo esige il massiccio esodo dalla Siria, le distruzioni di Palmira ad opera degli estremisti e la poca efficacia delle azioni militari della coalizione guidata dagli Usa. Nonostante l’orrore degli ultimi eventi, l’Occidente rimane pigro e fiacco nei confronti dell’estremismo, non rendendosi conto che si tratta di una sfida alla civiltà che accomuna la Russia, l’Europa, gli Stati uniti, una grossa parte del genere umano. Palmira ne è un simbolo altrettanto importante, come Pompei o gli Uffizi di Firenze, il Louvre di Parigi, il Cremlino di Mosca, la Grande Muraglia cinese, il Metropolitan di New York. Non vorrei risultare patetico, ma è un dato di fatto: si tratta della nostra cultura, dell’eredità dei nostri antenati, del destino dei nostri figli, di noi stessi. Insomma la lotta contro l’Isis è una più che legittima autodifesa e va condotta prima che l’estremismo assuma dimensioni ancora più ampie e minacciose.

In cosa consisterà questo impegno?

La Russia propone di unire tutte le forze che intervengono contro l’Isis e combatterlo senza tergiversare. Se ci fosse la volontà politica degli Usa, i diplomatici e gli stati maggiori non faticherebbero più di tanto a concordare e coordinare operazioni congiunte per sconfiggere l’Isis e assestare un duro colpo all’estremismo che imperversa nel mondo. Questa volontà manca, e la Russia cerca di aiutare la forza più importante sul terreno che combatte l’Isis, vale a dire l’esercito siriano. L’aiuto si realizza per ora sul piano tecnico-militare, rifornendo Damasco di armi moderne e inviando consiglieri russi. Per ora è tutto. Le numerose notizie sulla presenza delle truppe russe in Siria non corrispondono alla realtà. Le foto sui media occidentali rappresentano militari russi sul punto di appoggio tecnico della flotta russa a Tartus, che almeno per ora non è neanche una base militare e si trova lì da decenni. Gli Usa hanno chiesto ai loro alleati di non permettere il sorvolo dei loro territori agli aerei russi che riforniscono di armi l’esercito siriano.

Perché Mosca non si unisce semplicemente alla coalizione anti Isis già lanciata dagli Usa? Cosa divide Stati Uniti e Russia su questo tema?

La coalizione anti Isis con a capo gli Usa è fragile e piena di contraddizioni interne. A tutta l’attività militare manca una pre-condizione: la logica. Ecco un caso. I reparti nemici che attaccavano i curdi sono stati bombardati dall’aviazione alleata ma quelli che si preparavano a distruggere Palmira sono stati risparmiati.

Perché?

Evidentemente perché Palmira faceva parte dell’area controllata dall’esercito siriano. La città è stata occupata dall’Isis. Vale a dire la sua espansione non sempre contraddice gli interessi della coalizione. Sin dall’inizio l’operazione militare non è accompagnata da una chiara strategia politica volta a farla finita con il cosiddetto Stato islamico. Non può essere altrimenti se all’interno della coalizione si sente un forte peso di chi vuole servirsi dello Stato islamico per abbattere Assad.

Cosa intende?

La geografia permetterebbe agli alleati americani confinanti o nelle vicinanze della Siria, come Turchia, Emirati arabi uniti, Arabia saudita e Qatar, di svolgere un ruolo di primo piano nella lotta contro l’Isis. Ecco la testimonianza in proposito del vice presidente Joe Biden: “Loro hanno versato a dirotto centinaia di milioni di dollari e decine di migliaia di tonnellate di armi a chiunque fosse capace di combattere contro Assad. Soltanto che chi è stato rifornito erano… al Nusra, al Qaeda e gli elementi estremisti della Jihad provenienti da altre parti del mondo”. Biden ha riconosciuto inoltre ciò che non era segreto per nessuno: la Turchia, membro della Nato, aveva permesso a cittadini stranieri di attraversare la frontiera siriana per associarsi all’Isis.

Intende dire che parte della coalizione che bombarda “Il Califfato” a pari tempo lo finanzia?

Esatto. Con una mano la coalizione spara contro gli estremisti mentre con un’altra fa passare nuovi jihadisti per compensare le perdite delle loro truppe. Domandiamoci: sarebbe pensabile un tale comportamento duplice nei confronti della più potente e più pericolosa forza estremista della storia se gli Usa assumessero una chiara e netta posizione contro l’Isis?

Eppure Washington spende miliardi di dollari nel contrasto ai drappi neri.

Gli Usa non considerano neanche lo Stato islamico una minaccia di primo piano. Tutto un gruppo di altissimi generali americani ritengono che sia la Russia e non l’Isis a rappresentare il maggior pericolo per gli Stati Uniti. Secondo il generale Paul J.Selva l’ordine delle minacce è il seguente: Russia, Cina, Iran, Corea del Nord, raggruppamenti di estremisti islamici. Dello stesso parere sono i generali Joseph Dunford e Mark Milley. Vale a dire che per loro ora non è il momento di una seria lotta contro l’Isis. Lo stesso presidente Barack Obama ha fatto chiaramente capire che la minaccia russa viene prima di quella dello Stato islamico. Detto tutto questo qualcuno invita la Russia a prendere parte alla colazione lanciata dagli Usa. Non mi sembra molto logico.

Gli europei, però, sono sono in maggioranza dalla parte degli Usa.

Mi preoccupano non soltanto tentennamenti, indugi e ambiguità degli Usa in Siria, ma anche le permanenti discussioni europee su Assad che deve andare. Gli eventi indicano con limpida chiarezza l’ingenuità (come minimo) dell’idea di una democratizzazione forzata del mondo che è la base ideologica dei critici di Assad. Il giudizio degli americani, europei o russi su di lui vale molto meno di quello degli siriani. Che ne discutano loro, i diretti interessati! E possibile che non sia percepita la lezione dell’uccisione di Muammar Gheddafi con la successiva distruzione del più benestante Stato africano? Chi è in grado di prevedere il destino della Siria dopo Assad? L’Occidente “migliorando” il mondo l’ha affondato nel caos più terribile e ovunque continua le sue ingerenze devastanti. E che cosa ha democratizzato? Dove sono i miglioramenti?

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