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Tutte le novità sull’ultima calata della Cina in Italia

Cina

La Cina allunga ancora le mani sull’Italia. Certo, non è un mistero l’appeal che l’Italia esercita sul Dragone, ma in questi giorni a Roma e dintorni c’è un gran movimento. Un movimento che profuma di affari. Da una parte ci sono 47 imprenditori cinesi tra i più quotati e ricchi all’ombra della Grande Muraglia, il cosiddetto club dei 47, che partecipano a vari meeting. Dall’altra c’è l’Industrial and commercial Bank of China che ha inaugurato oggi in un lussuoso hotel del centro di Roma (il St. Regis) la sua prima filiale nella Capitale e seconda in Italia, dopo quella aperta a Milano nel 2011. Ma che succede veramente tra Italia e Cina? Procediamo con calma.

BANCHE CINESI ALL’OMBRA DEL CUPOLONE

Questa mattina, come detto, il presidente della Industrial and commercial Bank of China (Icbc) Jiang Jianqing ha inaugurato presso l’hotel St.Regis la filiale romana della Icbc, in via due Macelli. Nel 2013 toccò alla Bank of China aprire i battenti a Roma, dalle parti di piazza Barberini. Icbc è una delle maggiori banche al mondo, se non altro la prima in termine di asset gestiti: 3000 miliardi di dollari, su per giù una volta e mezzo il Pil italiano. E 200 milioni di utenti che ogni giorno usufruiscono del servizio Internet banking. Un gigante di cui le imprese italiane hanno un gran bisogno per portare i loro prodotti nell’ex Impero Celeste. E viceversa. “Questa apertura avviene in un momento storico, in cui c’è un’altissima domanda di made in Italy in Cina”, ha detto Jianqing. E come dargli torto, visto lo spopolare di marchi tricolori popolari nella Repubblica (a cominciare da Ferrari).

IL GOVERNO SI FA BELLO AGLI OCCHI DELLA CINA

Al convegno, cui è apparso anche Cesare Romiti, ex uomo forte della Fiat e animatore della fondazione Italia-Cina, ha partecipato poi in veste di rappresentante del governo, il consigliere del Mef, Stefano Scalera. Il quale ha ricordato alla platea dagli occhi a mandorla la bontà dell’ultima manovra del governo Renzi e il susseguirsi delle riforma: “Dalle banche popolari, al jobs act”. Per poi ribadire che “le finanze italiane sono ora sotto controllo e molto più robuste rispetto a prima”.

INDUSTRIALI CINESI A SPASSO PER ROMA (MA NON SOLO)

Poi c’è l’altra storia, quella degli industriali del club 47 che vanno a scuola di made in Italy. Perchè la preda, per poter essere catturata va prima studiata. E così, tra oggi e domani, dopo aver visitato la Germania e averne studiato il modello, è approdato questa mattina in Italia il prestigioso manipolo di industriali cinesi più influenti di Pechino, per una tre giorni tutta italiana: da Jack Ma, fondatore di Alibaba, a Wang Jianlin di Wanda Dalian, l’uomo più ricco di tutta la Cina. A Roma, questo pomeriggio, gli imprenditori del Dragone hanno incontrato il ministro degli Esteri r e poi i vertici di Confindustria. Poi sarà la volta di Firenze per studiare alcune delle aziende familiari di più antica tradizione nel nostro Paese e infine arriverà a Milano, tra i padiglioni dell’Expo. Secondo alcune indiscrezioni, il blitz cinese in Italia potrebbe precedere nuove incursioni nella finanza tricolore. Che per la verità già ammontano a un cospicuo numero.

TUTTI I BLITZ CINESI NELLA FINANZA ITALIANA

Italia e Cina hanno ufficialmente allacciato le relazioni 45 anni fa. Ma è solo con l’avvento della globalizzazione che Pechino ha cominciato ad affacciarsi in Italia con un certo interesse, rastrellando nel tempo partecipazioni strategiche nei più importanti gruppi italiani, banche in primis. Si va dalle quote detenute in Unicredit e Monte dei Paschi (tutte intorno al 2%) a una lunga serie di partecipazioni presso importanti società italiane, molte delle quali quotate: Eni, Enel, Fca, Telecom Italia, Prysmian, Generali, mentre numerosi sono stati gli investimenti su marchi del made in Italy come Krizia, Ferragamo, fino ai costruttori di yacht Ferretti. Non ultimo però, come riportato da Formiche.net settimane fa, c’è il possibile interesse della People bank of China verso l’ormai privatizzata Poste Italiane, con una quota tra il 2 e il 5%. Senza dimenticare Adr, dove i cinesi del Fondo Ginko Tree sarebbero pronti a entrare con il 15% del capitale. A tutta Cina?

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