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Tutte le nefaste fissazioni di Bruxelles sugli squilibri

Di Guglielmo Castagneto

La Commissione Ue, presieduta da Jean-Claude Juncker, nonostante lo scenario geopolitico alle porte dell’Europa non sia affatto tranquillizzante, continua nelle elucubrazioni e nei sofismi statistico-econometrici sulla mitica «convergenza» tra le economie degli Stati membri. Ieri è stata infatti presentata la Relazione sul Meccanismo di Allerta, un’analisi degli squilibri macroeconomici che comportano «rischi reali e potenziali» per le singole economie e per il resto dell’area.

Ebbene, non meno di 15 Stati dei 28 che compongono l’Unione, in prima fila naturalmente l’Italia, evidenziano «squilibri macroeconomici eccessivi».

Insomma una serie di segnali di allarme che Bruxelles lancia agli Stati membri, naturalmente corredati dalle loro brave raccomandazioni, destinate a restare lettera morta. Ma attenzione, gli strali di Juncker, Moscovici e compagnia non sono diretti solo ai soliti Paesi periferici. Certo, Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna sono tutti nella lista di proscrizione, insieme a Romania, Croazia e Slovenia, ma stavolta sono in buona compagnia. Perché l’analisi degli squilibri eccessivi, che richiedono azioni politiche decise, coinvolge anche Paesi considerati primi della classe, e precisamente Germania, Olanda, Francia, Regno Unito, Belgio, Svezia e Finlandia.

Ciò del fatto che «nei confronti dell’Italia la Commissione non è né più indulgente né più severa che nei confronti degli altri membri dell’Eurozona», come ha puntualizzato Pierre Moscovici, commissario Ue agli Affari Economici. Certo, l’analisi è molto approfondita. Per il nostro Paese gli indicatori sotto la soglia indicativa riguardano la perdita di quote di mercato per le esportazioni, comunque in recupero, il debito pubblico, ulteriormente aumentato, e la disoccupazione soprattutto quella giovanile e quella a lungo termine. «Un po’ di terreno è stato recuperato per quanto riguarda la perdita di quote di mercato nelle esportazioni, grazie a un aumento contenuto degli indicatori di competitività dei costi», si legge nel Rapporto. Tuttavia, precisa la Commissione Ue, il declino della produttività del lavoro e il contesto di bassa inflazione hanno frenato ulteriori recuperi di competitività. Poi mentre nel settore privato il rapporto debito/pil è rimasto stabile, il debito pubblico è aumentato ulteriormente rispetto al pil nel 2014 a causa della crescita negativa, della bassa inflazione e dei persistenti deficit di bilancio. L’Italia deve, quindi, continuare con le riforme. Ne deve fare di più e di portata maggiore. Ma deve anche ridurre il debito pubblico. Solo che a questo proposito la Commissione Ue non vede le condizioni per una riduzione certa per cui il Paese continuerà a essere sorvegliato speciale. Sennonché, a febbraio, cioè fra meno di tre mesi, i tecnocrati di Bruxelles presenteranno analisi approfondite per tutti i 15 Paesi sorvegliati speciali, nell’ambito delle quali saranno valutati i progressi compiuti nel superamento di questi squilibri. Viene da chiedersi quali progressi possa fare in tre mesi un Paese come l’Italia sul debito pubblico, la produttività, la disoccupazione giovanile, e l’eccesso di crediti in sofferenza sui bilanci delle banche, cioè i punti su cui si è concentrata l’attenzione Ue.

Rispetto alla tradizione questa volta nel tritacarne finisce anche la Germania A Berlino la Juncker e soci imputano l’eccessiva dipendenza dalle esportazioni, che espone il paese di Angela Merkel alle fluttuazioni della congiuntura globale, il conseguente eccessivo avanzo commerciale, che frena la crescita nel resto della Ue e dell’Eurozona, e il ruolo troppo limitato dei consumi interni nella dinamica del pil (cosa che peraltro comincia a non essere più tanto vera, visti gli ultimi dati del pil tedesco, in cui i consumi sono stati la componente più dinamica con un +0,6% annuo). Cosa dovrebbero fare Oltrereno secondo Bruxelles? Semplice, aumentare i consumi a scapito dell’export. Parole che in Germania suona quasi come una bestemmia. E nel frattempo il governo è tenuto a rispettare il sacro principio del pareggio di bilancio. Come risolvere questi squilibri, sebbene in parte, nell’arco di tre mesi è un autentico mistero. A dimostrazione che il rapporto non è altro che un ribadire problemi stranoti, sui quali peraltro (si veda il fronte delle banche italiane) si sta lavorando, e ai quali si intendono dare improbabili soluzioni, senza che la Ue disponga degli strumenti perché siano adottate.

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