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Che cosa sta succedendo in Libia

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«La notizia diffusa stamane da fonti libiche circa la presenza ieri di tre navi italiane nelle acque territoriali libiche è falsa.Tutte le navi militari italiane presenti nel Mediterraneo operano in acque internazionali rispettando i limiti stabiliti dai trattati». Si legge questo nella nota del ministero della Difesa italiana in risposta alla denuncia lanciata sui social network dal governo libico di Tobruk, quello che raccoglie il maggiore riconoscimento internazionale.

Secondo l’esecutivo guidato dal premier Abdullah al Thani tre navi italiane sono state avvistate al largo della costa di Bengasi (nell’area di Daryana, circa 55 km a est della città) nella notte tra sabato e domenica. Secondo i media locali il capo di Stato maggiore libico, Saqr Geroushi, avrebbe anche dichiarato che nella notte l’aviazione libica ha fatto decollare dei caccia per monitorare l’attività delle navi italiane.

Il governo di Tobruk ha condannato con fermezza quella che ha definito una violazione delle proprie acque territoriali e ha dichiarato di «utilizzerà ogni mezzo» per garantire «la propria sovranità territoriale». L’esecutivo che controlla le aree orientali della Libia, già mesi fa si era espresso contrariamente alla possibilità che una missione internazionale europea, a guida italiana, potesse dirigersi contro gli scafisti entrando nelle acque libiche. E le tre imbarcazioni italiane potrebbero far parte della forza navale disposta dai Paesi UE per contrastare il traffico di esseri umani verso le coste italiane.

La notizia va presa con le dovute cautele, perché non sarebbe la prima volta che da Tobruk giungono notizie fallaci, spinte dalla volontà di fare propaganda e attirare l’attenzione internazionale. Lunedì è prevista la votazione della proposta del delegato Onu, Bernardino Leon, sulla creazione di un governo nazionale: le dichiarazioni devono essere anche lette in quest’ottica, sostengono alcune fonti governative italiane.

Sull’accordo proposto da Leon non c’è intesa: tutte e due le parti in causa, Tobruk e Tripoli, e pure la città-stato di Misurata nei giorni scorsi hanno fatto sapere di rifiutare non tanto il tema dell’intesa, il governo di unità, ma i termini. L’accusa agli onusiani è di averli cambiati in corsa senza consultare le parti, circostanza che ha generato l’atteggiamento restio, “non vogliamo soluzioni imposte dall’alto”, dicono i libici. L’attacco più duro contro Leon è arrivato da Abdurraham Sewehli, centrale esponente di Misurata, che appena uscite le linee dell’accordo rifiutò pubblicamente l’offerta di diventare presidente del nuovo Consiglio di Stato assieme a due vice già nominati dal delegato Onu: «Sono stato messo a capo di un organismo senza potere. Non erano questi i patti», dichiarò Sewehli alla tv locale Al-Nabaa.

Il cimitero cattolico italiano di Tripoli ‘Hammangi’ è stato di nuovo devastato, ha fatto sapere l’associazione italiana rimpatriati dalla Libia (Airl). “Sono immagini che si commentano da sole per la loro inciviltà e che completano il quadro tragico della situazione in Libia”, afferma la presidente dell’Airl Giovanna Ortu.

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