Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Tagliarsi una mano per la fede

Anwar Ali ha quindici anni e viene da una famiglia povera del Punjab, in Pakistan. La sua storia è al centro delle cronache mondiali.

Una settimana fa, circa, Anwar è in preghiera alla moschea del villaggio, abitudine giornaliera. È sera. L’imam Shabir Ahmad tiene il sermone, e mentre parla, cercando empatia dal pulpito, chiede ai credenti davanti a lui: “Chi è che non vuole bene a Maometto alzi la mano”. Anwar sente male, leva il braccio, è l’unico. Ha capito esattamente l’opposto, lui voleva di slancio dimostrare la sua fede, e invece no.

Si accorge dell’incomprensione e tira già il braccio, ma è troppo tardi. L’imam dal pulpito lo apostrofa come “blasfemo”, ha offeso il profeta. Le persone intorno seguono le parole del chierico. Lui prova a spiegare, ma l’ottusità di chi ha intorno è più forte delle sue parole.

Torna a casa e decide di far capire a tutti quanto è davvero forte la sua fede: prende una falce e si taglia la mano. La mette su un piatto e torna in moschea per riconsegnarla all’imam. Un sacrificio per purificare il peccato commesso.

Shabir Ahmad comprende che certe volte le parole possono davvero ferire più delle armi, quel “blasfemo” è costato una mano ad un quindicenne. Scappa spaventato, ma la polizia è venuta a conoscenza della vicenda, lo ricerca e lo arresta. A quel punto, diversi leader religiosi entrano in protesta, dicono che in fondo il chierico ha fatto solo il suo dovere e le conseguenze non sono state spinte dalla sua volontà ma dalla fede del ragazzo: convincono così la polizia a rilasciare Ahmad.

Ora che la storia è finita sotto gli occhi dei giornali occidentali, il governo pakistano ha ordinato che l’imam sia arrestato di nuovo, in linea con un piano nazionale che cerca di perseguire le posizioni violente e radicali partendo dall’interno delle moschee.

Il padre di Anwar, Muhammad Ghafoor, ha parlato al telefono con un giornalista del New York Times dicendo: «Siamo fortunati ad avere un figlio che ama così tanto il profeta Maometto. Per questo saremo ricompensati da Allah nell’aldilà». Il ragazzo stesso, Anwar Ali, ha detto al New York Times: «Quello che ho fatto è stato per amore del profeta Maometto».

Il gesto di Anwar era stato festeggiato dalla famiglia e dagli altri abitanti del suo villaggio. Non è stato portato in ospedale, ma medicato sul posto: anche le cure mediche sono viste come qualcosa di troppo lontano dalla religione. Il 13 gennaio un attentatore suicida si è fatto esplodere vicino a un centro per la lotta contro la poliomielite a Quetta, nella provincia del Baluchistan. I talebani e altri gruppi militanti islamici, attaccano spesso questi centri medici, perché sostengono facciano parte di una campagna per coprire le spie occidentali o accusano gli operatori di distribuire farmaci che rendono sterili i bambini: forte, anche in questo caso, la narrativa religiosa intorno a certe azioni.

 

 

×

Iscriviti alla newsletter