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Che cosa si dimentica nella diatriba sulle stime riviste del Pil

Tutti ad accapigliarsi su decimali in più o in meno della crescita stimata. Pochi, pochissimi, si stupiscono se il Tesoro – ovvero il governo – ribalta i vertici di una banca privata e quotata in Borsa, ossia il Monte dei Paschi di Siena (qui e qui i più recenti articoli di Formiche.net sugli ultimi subbugli in Mps).

La corsa a chi spacca meglio e di più il capello dei decimali, per rimbrottare l’esecutivo sulle previsioni del Pil (ma quali governi hanno azzeccato le stime nell’ultimo decennio?), è già cominciata, anzi ricominciata. Dopo il taglio di giugno, gli economisti dell’associazione degli industriali presieduta da Vincenzo Boccia hanno limato ancora al ribasso le sue stime sul Pil: a fine anno la progressione si fermerà al +0,7% (era +0,8%) allineandosi alla crescita acquisita stimata dall’Istat, ma l’anno prossimo – secondo il centro studi di Confindustria diretto da Luca Paolazzi – farà ancora peggio a +0,5% (era +0,6%).

La sarabanda politico-partita è tornata in auge. Chi invece invita alla riflessione e alla ponderatezza, evitando sguaiatezze di parte, sono i curatori del Rapporto sulla finanza pubblicata italiana 2016, edito da Mulino, presentato a Roma martedì 13 settembre. In un capitolo si sottolinea come la revisione delle stime su Pil e conti pubblici non sia una caratteristica solo del nostro Paese in un raffronto europeo Negli ultimi anni anche Spagna e Francia (che al momento sono ancora soggette a procedura per deficit eccessivi) “non sono mai riuscite a rispettare gli obiettivi”, si legge.

La Germania, invece, mostra “saldi nominali e strutturali migliori rispetto a quanto si prevedeva nel Programma di stabilità appena successivo lo scoppio della crisi”. Ma il virtuosismo della Germania, scrivono gli economisti del Rapporto del Mulino “mette in luce un’altra incoerenza nell’impostazione delle politiche fiscali europee”. Quale? “Le politiche fiscali europee, in assenza di un bilancio comune europeo, si traducono in minori stimoli alla domanda aggregata da parte dei Paesi che, pur disponendo di spazi finanziari, ne avvertono meno l’esigenza”.

La morale è che, discettando di stime decimali, ci si focalizzi sulla pagliuzza e non si faccia caso alla trave che ostacola davvero la crescita.

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